Le biglie con all’interno l’immaginetta dei ciclisti sono parte dell’infanzia estiva di noi “baby boom”, oggi sessantenni, la pista si realizzava prendendo per le caviglie l’amico con il fondoschiena più ampio per poi tirarlo per i piedi fino a formare una pista tortuosa e colma di difficoltà. Le palline dei miei tempi avevano, al loro interno, l’immaginetta di campioni del calibro di Merckx, Gimondi, Motta, Basso, Bitossi, Dancelli e ogni bambino portava con sé quello che più lo rappresentava, io, ad esempio, scelsi da subito Franco Bitossi perché nonostante dovesse combattere contro la tachicardia che lo costringeva a fermarsi per riprendere fiato e a volte a ritirarsi, non gli impedì di ottenere 144 vittorie in carriera vincendo contro gli avversati e il suo “cuore matto”.

Nel 1970 Bitossi vinse il Campionato Italiano, il Giro di Lombardia, fu maglia ciclamino al Giro d’Italia e vinse la Volta Ciclista a Catalunya. Quell’anno, il 13 gennaio, nasceva il più grande scalatore che il mondo delle due ruote a pedale abbia mai visto, Marco Pantani per tutti il “Pirata”, affiancato da un altro grande ciclista belga, Lucien Van Impe, uno che si era fatto le gambe da ragazzino consegnando, in bicicletta, i giornali per conto del bar-ricevitoria del padre. La carriera del “Pirata” è stata costellata da successi che potremmo definire epici, che riportarono il ciclismo ad essere uno degli sport più seguiti d’Europa.

Quando nella tappa della Marmolada, durante il Giro d’Italia, martedì, 2 giugno 1998, Marco Pantani e Giuseppe Guerini, gelarono definitivamente l’entusiasmo dell’uomo che veniva dagli Urali, Pavel Tonkov, il mondo del pedale si rese conto che la storia del ciclismo moderno era cambiata per sempre. In quei 45 km di fuga, sulla montagna più dura, con un collegamento durante un’edizione del Telegiornale a renderla più epica, il bergamasco riuscì a tagliare per primo il traguardo a Selva Gardena, aggiudicandosi la 17esima tappa, la sua prima e unica vittoria in carriera al Giro d’Italia.

Dietro di lui, piazza d’onore per il Pirata, che aveva tirato per tutto il percorso della Marmolada, e che andò poi a vestire la sua prima maglia rosa fino alla conquista del Giro. Gli eroi, sia per i bambini che per noi uomini, non muoiono mai, diventano invisibili e riposano per sempre nelle profondità del nostro cuore e Marco Pantani, quel 14 febbraio di vent’anni fa, inforcò la bici e si avviò pedalando con estrema energia lungo le tortuose strade che si srotolano sulle montagne che formano il Giro dell’Eternità, lasciando al mondo intero un’eredità difficile, per non dire impossibile, da accettare perché di campioni ne nasceranno tanti, che vinceranno gare prestigiose contribuendo a versare fiumi di inchiostro “digitale”, ma per avere un altro Pirata, un romagnolo doc risponderebbe: “ui vo i marun de su ba’” (Ci vogliono i coglioni di suo padre).

“E ora mi alzo sui pedali come quando ero bambino

Dopo un po’ prendevo il volo dal cancello del giardino

E mio nonno mi aspettava senza dire una parola

Perché io e la bicicletta siamo una cosa sola.”

(…E mi alzo sui pedali, di Bigazzi – Saverio Grandi – Gaetano Curreri – Falagiani)

A cura di Marco Benazzi – Foto Valerio Casadei

Editorialista Benazzi Marco

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