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Dal telefono senza fili (1895) alla tecnologia avanzata del secondo millennio. Proviamo ad analizzare un segmento del nostro tempo: la video sorveglianza. Una cosa è la sicurezza, altra la percezione. La richiesta dei cittadini è molto chiara: vogliono sentirsi sempre più sicuri. La soluzione non ha evidenti riscontri scientifici, ma basta a dare una percezione di controllo del territorio e dei propri beni. Pazienza se il prezzo da pagare, non solo in termini onerosi, è la rinuncia alla privacy, perché il “Grande Fratello” è sempre tra di noi. L’ossessione della video sorveglianza è un misto tra la politica e un giro d’affari per chi lavora nei sistemi di sicurezza, che però non trova comparazione nei dati statistici.

Infatti, nessuno ci assicura che i sistemi siano così protetti da non potere essere elusi dalla criminalità. Non affermo che la video sorveglianza non serva a nulla, ma come dimostrano svariati episodi, le telecamere hanno un effetto deterrente solo se collegate a dispositivi di reazione immediata. La video sorveglianza ha un senso compiuto negli esercizi pubblici; ovvero in tutti quei luoghi che hanno un circuito collegato direttamente con le forze dell’ordine. È vero che nelle cronache quotidiane chi delinque è identificato anche attraverso i filmati delle telecamere, ma sono casi specifici e/o sporadici. È altrettanto vero che la percentuale è irrilevante nelle statistiche annuali. Di contro le telecamere contribuiscono a creare un effetto emotivo fondamentale. Per fare un esempio, i cittadini, generalmente, appaiono rassicurati quando sono informati dalle Istituzioni che nel comprensorio cesenate, città sempre più ultra connessa, sono stati messi circa 500 “occhi elettronici” – non solo nella zona più centrale della città – ma anche nelle aree industriali periferiche spesso esposte alle scorribande dei malviventi.

In questo modo, però, si sfrutta l’impatto impressionabile delle persone, anche se gli studi in pratica dimostrano tutt’altro. Sarebbe opportuno, a mio modesto avviso, investire molto di più sulla sicurezza stradale, sull’illuminazione pubblica e nella cura dell’arredo urbano (attraversamenti pedonali inesistenti e/o invisibili; collegamenti tra piste ciclabili; degrado e/o incuria nei parchi pubblici, ecc…).

Solo così si renderebbero determinati quartieri più sicuri e vivibili. In pratica stiamo svendendo la nostra privacy in cambio del nulla o quasi. Tra l’altro, le telecamere installate nei luoghi privati dovrebbero mantenere le registrazioni al massimo per quarantotto ore, mentre in ambiente urbano il limite stabilito dal Garante è di sette giorni. Sono sistemi a trasmissione remota nessuno, però, ci assicura che i circuiti siano sicuri e non vi sia il rischio di essere hackerati dai criminali che sono sempre un passo davanti a noi.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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