crisi un giorno sì e un giorno forse. Dipende. ‘Il M5s c’è se agisce secondo le priorità, altrimenti no”, rivendica Giuseppe Conte e torna, dunque, a minacciare la tenuta del governo. Se l’esecutivo deciderà di rispondere subito e concretamente alle urgenze del Paese sollevate dal Movimento, “noi ci siamo, altrimenti no”, ha rilanciato ieri il presidente pentastellato durante un’intervista a Digithon, un evento sul digitale che si è svolto a Bisceglie (in platea a sostenere l’ “alleato serio e affidabile” il dem Francesco Boccia).

A sostegno della posizione l’ex premier cita il taglio del cuneo fiscale, il salario minimo, e ovviamente i pilastri della battaglia, Reddito di cittadinanza e Superbonus:  “Nel documento – ha rivendicato Conte – non troverete bandierine, né un libro dei sogni, trovate le urgenze del Paese. E se a queste urgenze, in una situazione serissima, drammatica, non si dà una risposta, capite che non ci sono le condizioni per continuare a condividere una responsabilità rispetto a processi decisionali in cui noi siamo stati marginali”.

Una marginalità anch’essa tema di scontro e confronto. Le cronache di questi giorni raccontano, ad esempio, che il ministro dell’Agricoltura Stefano Patuanelli si sia lamentato di star fuori ormai dal cerchio delle decisioni. “Così non ha più senso”, avrebbe detto. Una frustrazione che starebbe alimentando le rivendicazioni politiche, peggiorando di fatto i rapporti nella maggioranza. “Una componente psicologica oltre che politica nella crisi innescata da M5s” scrive Francesco Verderami sul Corriere, ricordando come il premier Draghi l’abbia capito e abbia, così, puntato a una mediazione “non fermandosi ai provvedimenti ma mirando anche a (ri)costruire un sistema di relazioni”. Non a caso, perciò, durante l’ultimo Consiglio dei ministri il premier si sarebbe rivolto a Patuanelli con un: “Tocca a te, Stefano” chiamandolo insolitamente per nome. Un passaggio inusuale, notato dai presenti che rimanda al metodo “gesuitico” del presidente del Consiglio Draghi, come racconta proprio Verderami (citando una fonte di governo): Draghi “non cerca mai compromessi cerca di comporre soluzioni. Che è cosa differente”.

Di fatto, però, resta il pressing del M5s che continua benché a fasi alterne a scuotere la maggioranza,  e c’è chi non esclude che questo stato di pre-crisi diventi una condizione pressoché permanente e finisca per accompagnare il governo fino alla scadenza prevista della legislatura, più o meno. Sui tempi dello strappo Conte ironizza: “Partite per le vacanze – dice ai giornalisti – vi aggiorneremo”. Intanto incalza il Pd a confrontarsi nel merito del documento di nove punti consegnato al premier, facendo intendere che anche su quello si misura un’alleanza.

Ma la risposta che arriva dal segretario del Partito Democratico è un monito molto chiaro: “Il governo Draghi è per noi l’ultimo della legislatura” chiude Enrico Letta. Mentre il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, riunisce l’assemblea di “Insieme per il Futuro” e lancia un durissimo appello alla responsabilità della maggioranza, e in particolare del Movimento: “Aprire una crisi di governo significa prestare il fianco alla propaganda di Putin, che a sua volta otterrebbe l’obiettivo di sgretolare il nostro governo”. Molto diversa la posizione di Italia Viva che, per voce di Ettore Rosato, evidenzia: anche in caso di addio del M5s, il premier “ha la forza di andare avanti, non solo numerica ma anche politica, data dalle cose che sta facendo”.

Intanto, il prossimo scoglio è il voto al Senato sul decreto Aiuti. I Cinque stelle dicono di aspettare le risposte da Palazzo Chigi e già la prossima settimana anche in base a questo – ragionano in ambienti del Movimento – si deciderà come votare al Senato sul provvedimento accorpato con la fiducia.

Le elezioni anticipate sono una prospettiva che le forze politiche hanno ben presente. Il Colle resta vigile al riguardo. Ma si lavora per cercare, fino all’ultimo, che la prospettiva si concretizzi. C’è chi si interroga sulla possibilità di un Draghi bis perché – si osserva in ambienti parlamentari – il presidente del Consiglio avrebbe tutti i numeri per governare anche senza i 5 stelle. E non passa inosservata al riguardo la posizione del leghista Massimiliano Fedriga, presidente della regione Friuli Venezia Giulia e della Conferenza delle Regioni: “Con il presidente del Consiglio Draghi l’Italia è un punto di riferimento europeo, e anche per chi guarda all’Europa. Credo che il governo Draghi stia svolgendo un ruolo fondamentale di affidabilità, certezza, e anche capacità di visione prospettica”, ha detto in un’intervista a Repubblica il quale assicura che il Carroccio continuerà ad appoggiare l’esecutivo di larghe intese: “La Lega – spiega – è sempre stata molto compatta su questo governo All’interno di una maggioranza così eterogenea è ovvio che bisogna trovare obiettivi strategici condivisi. E ce ne sono”.

All’orizzonte resta la questione della riforma della legge elettorale, che il Pd assicura non si farà con un blitz ma dopo un’ampia discussione, in una nota viene ribadita la volontà di “superare l’attuale legge elettorale pessima”, attraverso “una ampia intesa in Parlamento”, con la precisazione che ad oggi non c’è una specifica proposta del Pd; precisazione tesa a rassicurare l’M5s, timoroso di una intesa a tre Pd-Lega-Fdi che li ponga davanti al fatto compiuto.

Una parte del Movimento spinge per un proporzionale puro che consenta la corsa in solitaria, prospettiva gradita anche a una parte del Pd ma su cui c’è il fermo no del centrodestra. E proprio dalla Lega arriva una nuova indisponibilità al confronto nel merito. Salvini ha gelato gli animi: “Le regole del gioco non si cambiano a fine partita. Inutile perdere tempo”.  Come la crisi di governo, anche la riforma elettorale: sì, no, forse.

A cura di Elena Giulianelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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