Domenica e lunedì sono giornate intense dedicate alla memoria delle Vittime di tutte le stragi. Una triste pagina di storia del secolo scorso vissuta da ragazzi di allora, della quale anche chi scrive è stato testimone. Trentenne sottufficiale di Pubblica Sicurezza mi trovavo al comando del primo contingente arrivato a Bologna di rinforzo dal “Centro Addestramento Polizia Stradale” di Cesena.

Si tratta della strage avvenuta quarantuno anni fa nel capoluogo bolognese, quando, alle 10,25 del 2 agosto 1980 una bomba fece esplodere la stazione ferroviaria in piazzale Medaglie d’Oro. Un ordigno di enorme potenza deflagrò nella sala d’aspetto di seconda classe della Stazione Centrale, travolgendo tutti quelli che si trovavano nell’atrio, sul marciapiede del primo binario, nel bar-ristorante accanto e nel piazzale dei taxi. Le 10.25 sono un orario che difficilmente si dimentica e che l’orologio posto all’estero della stazione ricorda ancora oggi.

Le vittime della strage, alla fine, saranno 85 (forse 86) e i feriti oltre 200. Bologna fu colpita a morte dall’attentato terroristico più grave del dopoguerra, rivendicato quello stesso giorno con una telefonata anonima dal gruppo di estrema destra dei NAR. Cominciò allora una delle indagini più lunghe, difficili e non ancora “archiviate”, della storia giudiziaria italiana che porterà alla condanna definitiva per strage di alcuni terroristi neri. Delle ottantacinque persone dilaniate dalla bomba circa la metà non aveva trent’anni.

Giovani o giovanissime, molte delle vittime che transitavano per caso da quei binari, vite spezzate da soggetti della stessa età, ed efferati assassini. Attentatori che avevano imbracciato le armi per scelta politica e ribelle, stando alla sentenza che ha individuato e condannato i tre colpevoli: Valerio Fioravanti, 22 anni; Francesca Mambro, 21 anni; Luigi Ciavardini, nemmeno 18 anni, fu processato a parte, dal tribunale dei minorenni. Terroristi – ragazzini che sotto la sigla neofascista dei Nuclei Armati Rivoluzionari hanno commesso e rivendicato omicidi di poliziotti, carabinieri, magistrati, avversari politici e “camerati” accusati di tradimento.

Nonostante tutto ciò, per la strage di Bologna si proclamano innocenti, nonostante le condanne ormai definitive. Dalla strage è passato talmente tanto tempo che oggi i primi condannati hanno interamente scontato la pena e sono tornati liberi cittadini. In Italia si può, anche con più di un ergastolo sulle spalle. Per gli altri sospettati, invece, i giudizi sono alle battute iniziali, o devono ancora cominciare. Un paradosso, reso più stridente dal fatto che i presunti mandanti, organizzatori o complici della strage, individuati al termine di un’indagine che è terminata all’inizio del 2020, sono tutti morti.

Domani, come ogni anno, prenderò parte alla cerimonia commemorativa in onore delle vittime con la solita tristezza nel cuore e con la consapevolezza che non si può e non si deve dimenticare. Continuare a sperare che finalmente possa emergere la verità “vera”, fugando tutti i dubbi che da oltre quarant’anni si rincorrono, anche se questo non restituirà, purtroppo, le tante vite spezzate o irrimediabilmente segnate da questo evento doloroso.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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