Due alunni avevano litigato in classe, usando epiteti di natura sessuale. Così la maestra che si trovava in aula con loro ha deciso di improvvisare una lezione di educazione sessuale che però le è costata il licenziamento. È accaduto in una scuola primaria di Cesena, in Romagna, e adesso la sezione Lavoro della Cassazione ha confermato la sentenza di secondo grado, impugnata senza successo dalla donna, dando ragione al ministero dell’Istruzione che aveva liquidato la docente. La vicenda è raccontata dal Messaggero.

“Grave disagio nei bambini”

La donna, che insegnava nell’Istituto Dante Alighieri di Cesena, si era prima opposta alla decisione del ministero sostenendo di non essere stata informata in modo adeguato sugli atti alla base della contestazione disciplinare e mettendo in dubbio la validità delle prove, che includevano anche dichiarazioni degli alunni coinvolti. Ma i giudici sia in primo che secondo grado – del Tribunale di Forlì e della Corte d’Appello di Bologna – le avevano dato torto, sostenendo che avesse affrontato un tema così delicato senza confrontarsi con i colleghi e provocando “grave turbamento e disagio” nei bambini. Alcuni alunni, infatti, avrebbero manifestato disagio e un gruppo di genitori era andata a protestare dalla preside della scuola.

“Mancata la pianificazione”

Secondo le sentenze di merito, si legge nel provvedimento citato dal Messaggero, la docente si era “addentrata in una tematica delicata, quella degli argomenti legati alla sessualità ed alla procreazione, all’esito di un contesto inappropriato (la discussione tra i bambini, dove sono state usate parole forti, di stampo sessuale), senza “pianificazione o coordinamento con le altre maestre” , in una classe in cui aveva iniziato ad insegnare da poco, con l’effetto ultimo di provocare turbamento negli alunni, immediatamente manifestato all’uscita da scuola con i genitori”. E il nome della maestra è anche stato cancellato dalle graduatorie.

Soddisfazione di Pro Vita

La sentenza dei giudici è stata accolta con approvazione dall’associazione Pro Vita. “Con un’importante sentenza la Cassazione ha stabilito che sessualità e affettività sono argomenti delicati che la scuola non può affrontare a piacimento senza un’adeguata preparazione e condivisione, fuori dal giusto contesto e senza tenere conto della sensibilità dei minori, che possono rimanere turbati da un’esposizione improvvisata”, ha commentato il presidente Toni Brandi sulla sentenza 8740/2024 della Corte di Cassazione, che Pro Vita aspica “possa essere un primo e importante passo per rimettere al centro la libertà educativa dei genitori, non solo su temi come l’educazione affettiva e sessuale ma soprattutto per eliminare dalle scuole italiane progetti e attività fondate sull’ideologia Gender e sull’Agenda LGBTQIA+” .

A cura di Elena Mambelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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