A buon intenditor poche parole. La saggezza dei nostri nonni e gli affari del pallone viaggiano a due diverse velocità, ma non sono due rette parallele. Così non hanno un infinito, ma un “finito”. Parliamo dell’anno di grazia 2032, con l’Europeo che ha da venire. Come sappiamo nel 2010 l’Italia ha perso la corsa all’organizzazione del torneo 2016, arrivando terza – su tre partecipanti – dietro alla Francia e, udite udite, alla Turchia. 

A questo punto un’altra sconfitta sarebbe difficile da digerire. Persino più di una seconda candidatura di cui, solo a guardare la confusione che regna sovrana nel nostro calcio, e che i vertici della Federazione a fatica sciolgono, non se ne sentiva proprio il bisogno. 

Tant’è che va così, l’importante è pensare in grande. Allora abbiamo deciso di fare un patto di sangue proprio con la Turchia, che ha stadi dieci volte più moderni dei nostri, ed evitare il rischio di spaccarci nuovamente. 

Così a Istanbul, dove le libertà vengono spesso e volentieri calpestate, si danno una bella colorata di democrazia perché, vuoi mettere, candidarsi con l’Italia quanto può aiutare e, come nella canzone del molleggiato, trasformare un pugno in una carezza. Ecco allora la svolta clamorosa: Italia e Turchia si sono candidate insieme con cinque stadi per ogni nazione, invece dei dieci previsti, impegnati nelle partite. Non è la prima volta che la competizione si svolge in due diverse nazioni. Se non ricordo male, alcune settimana fa, la Federcalcio ha presentato un interessante documento sulla sostenibilità del calcio. In sessanta punti, gli obiettivi da raggiungere entro il 2030: tra questi, assicurare a tutti uguaglianza, diritti e opportunità con particolare attenzione alla condizione delle donne. 

Orbene, per curiosità se andiamo a leggere che cosa dice il rapporto di Amnesty International della Turchia sugli stessi temi, in altre parole ci limitiamo a registrare le violazioni delle libertà personali, noteremo le contraddizioni. Scandaloso! Dopo il Mondiale in Qatar e la Supercoppa in Arabia non ci dovrebbe stupire più nulla. Purtroppo, dietro questo soccorso pubblico (tu dai uno stadio a me, io una tessera democratica a te) non c’è proprio nulla di cui essere orgogliosi. 

Se per organizzare un Europeo abbiamo bisogno della Turchia, notoriamente non ai confini con l’Italia e in tutti i sensi, un mondo a parte, siamo proprio alla frutta, o all’ultimo stadio.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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