COMUNE PALAZZO VECCHIO PALAZZO DELLA SIGNORIA PIAZZA DELLA SIGNORIA STATUA DAVIDE MICHELANGELO
PIAZZA DELLA SIGNORIA

Fiorenza dentro da la cerchia antica, ond’ella toglie ancora e terza e nona, si stava in pace, sobria e pudica. Paradiso
Chissà quante volte all’interno del battistero, alzando gli occhi alla volta di ricoperti lucenti mosaici, Dante ha ammirato e meditato di fronte a quella visione dell’oltremondo. Nei mosaici c’è Cristo Giudice che viene nella gloria a guidicare i vivi e i morti, ci sono le gerarchie angeliche , c’è l’inferno con i suoi diavoli e i suoi tormenti, c’è il paradiso dove i giusti, rappresentati come bambini, vengono accolti nel seno di Abramo.

Si può con ciò affermare che i mosaici del volta del battistero fiorentino sono l’anticipazione, la premessa universale di quello che sarà l’oltremondo della Divina Commedia.

La Firenze di Dante era una città-stato in tumultuosa espansione demografica ed economica, ma anche in qualche modo politica.. La popolazione raddoppiava a ogni generazione, l’industria soprattutto tessile diffondeva i suoi prodotti in Italia e all’estero, la moneta faceva i prezzi sui mercati internazionali, da Londra alla Catalogna, dal Cairo a Costantinopoli. Il piano regolatore di Arnolfo di Cambio segnato dalla cerchia delle mura era concepito per una città di centomila abitanti e prevedeva spazi così vasti che occorrerà attendere il XIX secolo di Firenze capitale per vederli colmati.

In questa città all’avanguardia in Europa poco meno popolata di Paris e di Napoli, Dante faceva parte dell’èlite politica.
Il parlamento della Firenze di allora era l’antichissima chiesa di San Pier Scheraggio, collocata in una zona al tempo periferica, in prossimità dell’attuale piazza della Signoria. Quando Giorgio Vasari edificò il palazzo degli uffizi, San Pier Scheraggio, venne inglobata al piano terreno della nuova costruzione. Il visitatore che attraversa l’ingresso degli Uffizi, a un certo punto incontra l’involucro romanico di San Pier Scheraggio, e sa che li sette secoli fa, Dante prendeva la parola confrontandosi con i maggiori della città, con i partiti e con le fazioni. Anche se va sempre ricordato che il potere politico a Firenze era nelle mani delle Arti, delle Corporazioni professionali.

Erano i mestieri e il denaro che nasce dal lavoro e dal rischio di impresa a dominare la vita sociale e politica. In questo senso la Firenze antica era una città singolare con pochi confronti in Italia e in Europa e la singolarità è evidente anche nell’assetto urbanistico. Chi percorre il cuore di Firenze antica, come faceva il poeta ai suoi giorni, si accorge che a un estremo della maglia cittadina è ubicata piazza del Duomo con il battistero, la cattedrale di Santa Maria del Fiore, già Santa Reparata ai tempi di Dante, e il palazzo vescovile. E’ il luogo del potere religioso.

All’altro estremo del tessuto urbano c’è Palazzo Vecchio nella piazza della Signoria, il luogo del potere amministrativo. Ma a metà del percorso, vicino a via dei Calzaiuoli c’è Orsanmichele, una chiesa che non sembra neanche tale, ma piuttosto una munita fortezza, un blocco quadrangolare di biona pietra arenaria che ospita su quattro lati nicchie con le statue dei santi protettori delle arti. In questo edificio che era insieme – diremmo oggi – Camera del Lavoro, Camera di Commercio e Tribunale Amministrativo, il mondo dell’impresa e del profitto celebrava i suoi fasti, le sue vertenze e il suo primato. Questa era dunque la città di Dante, la città che oggetto della sua appassionata testimonianza politica.

Chiudiamo il cerchio di Dante Fiorentino varcando l’ingresso del Museo Nazionale del Bargello, oggi conosciuto in tutto il mondo come la più grande raccolta pubblica della scultura rinascimentale (da Desiderio, Settignano, a Mino da Fiesole, da Brunelleschi a Ghiberti, da Verrocchio a Donatello, da Cellini a Michelangelo). Il Bargello ai tempi di Dante, era luogo del giudizio e delle pene. Ovvero qui c’era il tribunale criminale, qui venivano comminate le condanne capitali. Qui i condannati a morte si preparavano all’incontro col boia, nel prato delle forche, fuori porta alla Croce. E sono proprio gli affreschi di Giotto che raccontano storie di penitenza e di redenzione. Qui continua a vivere il cerchio magico della Firenze di oggi.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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