Recentemente è stata celebrata la “XXIX Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie”. Una data che unisce l’Italia nel ricordo di magistrati, appartenenti alle forze dell’ordine, giornalisti, politici e comuni cittadini che hanno sacrificato la loro vita per combattere e non piegarsi alla criminalità organizzata.

Promossa da alcune associazioni quest’anno, è stata scelta Roma come città simbolo del ricordo. “Roma città libera” è uno slogan che evoca il capolavoro del neorealismo “Roma città aperta”: un’opera d’arte che parla di resistenza e della lotta per la libertà.

A ottant’anni dalla liberazione dell’occupazione nazi-fascista, Roma torna ad aprirsi e liberarsi. L’evento, che ha visto la partecipazione dei familiari delle vittime innocenti delle mafie, ha come scopo quello di smuovere le coscienze e diffondersi dal centro verso le periferie della Capitale, per affermare che la “Città eterna” può e dev’essere liberata da mafie e corruzione.

Al Circo Massimo, punto di arrivo del lungo corteo, sono stati ricordati i nomi delle milleottantuno vittime di mafia. Centotrentaquattro sono donne, come ad esempio Emanuela Loi (Cagliari, 9 ottobre 1967 – Palermo, 19 luglio 1992), prima donna della Polizia di Stato a essere caduta in servizio. Come lei, sono molte le forze dell’ordine che hanno combattuto la criminalità organizzata di stampo mafioso a discapito della vita.

Le loro storie e il loro coraggio sono raccontati alle nuove generazioni affinché possano rappresentare un esempio da seguire in nome della libertà, della giustizia e della democrazia. La “Giornata della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie” è divenuta nel 2017 giornata nazionale con la legge n.20 dell’8 marzo. L’idea però ha radici molto più profonde, che si generano dal dolore di due donne: Saveria, mamma di Roberto Antiochia, poliziotto morto al fianco del commissario Antonino “Ninni” Cassarà nel 1985 e Carmela, mamma di Antonio Montinaro, assistente di polizia, ucciso insieme al giudice Giovanni Falcone e alla moglie Francesca Morvillo nella strage di Capaci del 1992.

Gli ideali, che questi giovani servitori dello Stato hanno difeso senza indugi, sono ancora vivi e sono raccontati agli studenti e ai ragazzi di tutta Italia dalle mamme e mogli dei caduti, da sempre impegnate nel mantenere vivo il ricordo di tutte le vittime delle stragi di mafia.


Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Redazione

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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