UCRAINA OCCIDENTALE, ADDESTRAMENTO DEI CIVILI ALL’ USO DELLE ARMI DA FUOCO. GUERRA CONTRO LA RUSSIA RESISTENZA UCRAINI SOLDATO ESERCITO UCRAINO

Cinque ragazzi tra il 1963 e il 1967 formarono la banda criminale chiamata Cavallero. Banda che prese il nome dal loro indiscusso capo. Cinico, indubbiamente intelligente, sicuramente un esaltato che si definiva simpatizzante comunista. Tra Milano e la provincia di Torino misero a segno una serie di rapine, anche violente, con diversi morti e feriti lasciati sull’asfalto.

Non era la fame, il problema di quegli anni, ma – secondo quanto reso nelle dichiarazioni di Pietro Cavallero – il desiderio di giustizia sociale, reso ancor più sentito dall’immigrazione. Molto conosciuto nel quartiere torinese Barriera, era definito un poco di buono. Buttato fuori dal partito, nessuno ne parlava volentieri. Tanta era la vergogna perché qualcuno sapeva o perlomeno sospettava.

La banda Cavallero operò per almeno cinque anni facendo ventitré rapine con tanti, troppi morti. Il minorenne Donato Lopez, detto Tuccio, alla sua prima rapina fu arrestato. Danilo Crepaldi morì in un incidente aereo nel 1966. Sante Notarnicola per tutta la vita cercò di darsi un alibi da rivoluzionario, diventando in qualche modo un’icona del terrorismo rosso. Considerato un povero disgraziato, raccontava di quando rubò un camion di scarpe solo sinistre. Dimostrazione che la stupidità umana non ha colore politico. Le Brigate Rosse, durante il sequestro Moro, quando chiesero allo Stato la liberazione di alcuni prigionieri politici in cambio della sua liberazione, misero Sante Notarnicola in testa all’elenco dei detenuti politici da liberare.

All’epoca la polizia non capiva da dove arrivassero le armi usate nelle rapine. A ripensarci oggi la storia può sembrare banale, ma sicuramente non lo era sessant’anni fa. Pietro Cavallero raccoglieva soldi tra i compagni del quartiere per comprare le armi da consegnare ai patrioti algerini contro l’occupazione francese. Effettivamente consegnava le armi, tenendosene, però, una minima parte per sé. Adriano Rovoletto era l’autista fidato della banda. Nient’altro da aggiungere, sennonché si tende a raccontare solo ciò che è bello.

La storia della Banda Cavallero non ha nulla di bello ma solo la vergogna di Torino per avere dato i natali e/o cresciuto questi elementi. Anche questa è storia e ricordarlo fa parte delle nostre vite; della nostra memoria e del nostro voler sapere per capire fino in fondo. Il più delle volte il male e il bene sono divisi da una linea impercettibile. Saperlo non è cosa da poco per dei genitori che hanno ancora qualcosa da raccontare ai propri figli. Anche le cose brutte, anche il male, per essere sempre dalla parte del giusto.

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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