5 Febbraio 2024
 

Sant’Agata, nacque a Catania nel 229/230 d.c. e morì martire a Catania il 5 febbraio del 251 d.c.

Presente nei martirologi più antichi, è venerata come “Santa , Vergine e Martire” nella Ciesa Cattolica, nella Chiesa Ortodossa e nella Chiesa Anglicana, che ne onorano la memoria il 5 febbraio. È patrona della città di Catania, della Repubblica di San Marino e dell’Isola di Malta. Il luogo di culto principale è la Cattedrale di Sant’Agata, in Catania, dove riposano le sue reliquie.

Agata è stata una delle martiri più venerate dell’antichità cristiana e fu messa a morte durante la persecuzione dei cristiani voluta dall’imperatore Decio (249-251) a Catania, per non avere mai tradito la professione della sua fede cristiana.

La sua biografia scritta menziona interrogatori, torture, una resistenza perseverante e la vittoria di una fede incrollabile, che nell’insieme sono uno dei primi esempi in assoluto della “letteratura agiografica” nel corso della storia della Chiesa. Questa prima testimonianza scritta (strutturata) di vita e opere, morte e miracoli, si riflette nelle opere successive, la più antica delle quali, a noi pervenuta, è un “passio” risalente all’anno 1000, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Parigi, in Francia, probabilmente realizzato ad Autun: nelle sue miniature illustrate a margine, Magdalena Carrasco ha indagato le tradizioni iconografiche di età carolingia o della prima antichità.

Il suo martirio testimonia come a Catania sicuramente già nel III secolo esistesse una comunità cristiana. Altra conferma proviene dal rinvenimento a Catania nel 1730 di un’iscrizione datata tra la fine del III secolo e gli inizi del IV che segnalava la sepoltura di Iulia Florentina, una bambina di Ibla, sepolta, per volere dei genitori, «dove sono le sepolture dei martiri cristiani». Tale iscrizione è una testimonianza importantissima circa l’immediata diffusione del culto di sant’Agata, dopo la sua morte, non solo in città, ma anche fuori dal territorio etneo. Va ricordata a tal proposito anche l’iscrizione rinvenuta a Ustica (Palermo), databile alla fine del III secolo dove si accenna a una certa Lucifera morta il giorno di Agata. Circa la diffusione immediata anche in Oriente interessante è la testimonianza di “Metodio di Olimpo” (c. 250-311), in Licia, che nella sua opera “Symposium” fa riferimento ad Agata presentando la sua vita come modello di vita cristiana.

I documenti narrativi del martirio di Agata in realtà tacciono sui natali della Santa ma in tre punti sostanziali sembrano siano raccolti gli indizi sulla sua natività proprio in Catania

Il primo punto è quello relativo all’inizio del processo, secondo il testo fornito dalla redazione latina. Tale redazione esordisce rilevando nel vers. 1 che Agata fu martirizzata a Catania; nel vers. 24 la stessa redazione latina riferisce che Quinziano interpella Agata invitandola a dire di che condizione fosse, e nel vers. 25 riferisce che Agata rispose a Quinziano dicendo: «Io non solo sono libera di nascita, ma provengo anche da nobile famiglia, come lo attesta tutta la mia parentela»; con queste parole Agata dichiara che tutta la sua parentela era presente e residente a Catania, oltre a esservi residente lei stessa e a essere nativa proprio di lì.

Il secondo punto è quello relativo all’apparizione dell’Angelo che, nel momento in cui il cadavere di sant’Agata viene seppellito, depone dentro il suo sepolcro una lapide di marmo in cui era scolpito che Agata era «anima santa, onore di Dio e liberazione della sua Patria»: a tale proposito i versetti 102-104 rilevano che, per dimostrare la verità di quanto espresso in quella lapide e cioè che Agata era la liberazione della sua Patria, Dio, a un anno appena dalla sua morte, fa arrestare la lava dell’Etna, che stava invadendo Catania. Il terzo punto è quello relativo al fatto che il testo della redazione greca, riportato nel manoscritto del Senato di Massina, espressamente recita che «Catania è la patria della magnanima S. Agata»: tale testo è di assoluto valore storico perché risale all’epoca in cui a Catania ancora non era stato eretto alcun tempio ad Agata.

Infine, va ricordato che al tesoro di Sant’Agata apparterrebbe anche un diploma di Papa Urbano IIche decreta i natali catanesi della santa.

In merito ai natali palermitani, tradizione piuttosto tarda, vi è chi ritiene essa si fondi sull’errata traslitterazione di Galermus in Palermus, di fonti latine nel primo caso e greche nel secondo, tradizione che attinge al fatto che effettivamente la giovane avrebbe soggiornato a Palermo prima di tornare alla sua città per essere giudicata. Va però ricordato quanto entrambi i toponimi siano successivi al martirio di Sant’Agata, nello specifico risalgono alla dominazione saracena.

Anche sulla data di nascita non esiste particolare certezza, essendo questa taciuta dalle fonti. Se infatti la tradizione popolare indica l’età della fanciulla nella fascia adolescenziale e nello specifico le attribuisce 15 anni – portando così l’anno dei natali al 235 per semplice sottrazione, ipotizzando il 251 quale anno del 16º anno non ancora compiuto – recenti ipotesi retrodatano la nascita della Santa al 229/230 circa, facendo riferimento al flammeum, il velo del sacerdozio del primo cristianesimo, e al ruolo di diaconessa” che le viene attribuito dalle prime rappresentazioni iconografiche (nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, per esempio, è raffigurata in tunica lunga, dalmatica e stola a tracolla), attribuendo dunque un’età di circa 21 anni, poiché la tradizione riporta che Agata aveva fatto richiesta di consacrarsi a Dio al Vescovo di Catania, che accolse il suo desiderio e le impose il velo rosso portato dalle vergini consacrate.

Effettivamente, cosa documentata dalla tradizione orale catanese, dai documenti scritti narranti il suo martirio e dalle raffigurazioni iconografiche ravennate, con particolare riferimento alla tunica bianca e al pallio rosso, Agata viene rappresentata come una vera e propria diaconessa della Chiesa dei primi secoli. Si potrebbe allora immaginare che, sebbene si fosse consacrata a Dio a 15 anni grazie al consenso speciale del Vescovo, non fosse più una ragazzina al momento del martirio, ma piuttosto una giovane donna con ruolo attivo nella sua comunità cristiana: una diaconessa aveva il compito, fra gli altri, di istruire i nuovi catecumeni alla fede cristiana (catechesi) e preparare i più giovani al battesimo, alla prima comunione e ala cresima.

Inoltre, da un punto di vista giuridico, Agata aveva il titolo di “proprietaria di poderi”, cioè di beni immobili. Per avere questo titolo le “leggi vigenti dell’Impero Romano” pretendevano il raggiungimento del ventunesimo anno di età. Rimanendo sempre in tema giuridico, durante il processo cui Agata fu sottoposta, fu messa in atto la “Lex Laetoria” una legge che proteggeva i giovani d’età compresa tra i 20 e i 25 anni, soprattutto giovani donne, dando a chiunque la possibilità di contrapporre una “actio popularis” contro gli abusi di potere commessi dall’inquisitore: il processo di Agata si chiuse con una insurrezione popolare contro Quinziano, che dovette fuggire per sottrarsi al linciaggio della folla catanese.

Dunque, il più plausibile anno di nascita è tra il 229 e il 230, così che tra l’8 settembre 230 (tradizionalmente, il giorno di nascita) e il 5 febbraio 251 (giorno della morte) avesse già compiuto il 21º anno di età.

Breve storia relativa al martirio:

Nel periodo fra la fine del 250 e l’inizio del251 il Proconsole Quinziano, giunto alla sede di Catania anche con l’intento di far rispettare l’editto dell’imperatore Decio, che chiedeva a tutti i cristiani di abiurare pubblicamente la loro fede, mise in atto una feroce persecuzione. La tradizione riferisce che Agata fuggì con la famiglia a Palermo, alla Guilla, ma Quinziano li scovò e li fece tornare a Catania. Il punto che la giovane catanese attraversò per uscire da Palermo e tornare alla sua patria, oggi è detto “Porta Sant’Agata”. Quando la vide, Quinziano se ne invaghì e, saputo della consacrazione, le ordinò senza successo di ripudiare la sua fede e adorare gli dèi pagani. Si può ipotizzare anche un quadro più complesso: ovvero, dietro la condanna di Agata, la più esposta nella sua benestante famiglia, poteva esserci l’intento della confisca dei loro beni. Di certo, era un contesto storico estremamente drammatico per i cristiani: Papa Fabiano era stato ucciso da più di un anno, la sede era vacante, e il successore Cornelio sarebbe stato eletto ben 14 mesi dopo il suo martirio.

Al rifiuto deciso di Agata, il proconsole l’affidò per un mese alla custodia rieducativa della cortigiana Afrodisia e delle sue figlie, persone molto corrotte. Si tiene inoltre che Afrodisia, quale “sacerdotessa di Venere o Cerere fosse dedita alla prostituzione sacra!  Il fine di tale affidamento era la corruzione di Agata, attraverso una continua pressione psicologica, fatta di allettamenti e minacce, per sottometterla alle voglie di Quinziano, arrivando a tentare di trascinare la giovane catanese nei ritrovi dionisiaci. Ma Agata uscì più forte di prima, tanto da scoraggiare le sue tentatrici, le quali rinunciarono all’impegno assunto, riconsegnando Agata a Quinziano.

Rivelatosi inutile il tentativo di corromperne i principi, Quinziano diede avvio a un processo e convocò Agata al palazzo pretorio. La tradizione ha tramandato i dialoghi tra il proconsole e la Santa, da cui si evince come ella fosse edotta in “dialettica e retorica”

«Le sofferenze che mi infliggerai saranno di breve durata, e non attendo altro che sperimentarle perché così come il grano non può essere conservato in granaio se prima il suo guscio non viene aspramente stritolato e ridotto in frantumi, allo stesso modo la mia anima non potrà entrare in paradiso se prima non farai minutamente dilaniare il mio corpo dai tuoi carnefici» rispose Agata alle minacce di tortura del proconsole. Durante il processo Agata continuò augurando al proconsole di essere annoverato fra i suoi dèi: “Ti auguro che tu sia tale e quale fu il tuo dio Giove e tua moglie quale fu la tua dea Venere”. Quinziano ne uscì umiliato.

Breve fu il passaggio dal processo al carcere e alle violenze con l’intento di piegare la giovinetta. Inizialmente fustigata, legata sull’eculeo e allungata con funi fino a slogarle le caviglie e i polsi e sottoposta al violento strappo delle mammelle con tenaglie.

“Le passio” di S. Agata riportano le parole che la martire disse al proconsole: “Empio, crudele e disumano tiranno. Non ti vergogni di strappare ad una donna quello che tu stesso succhiasti dalla madre tua?”.

 A Catania, nella Chiesa di Sant’Agata la Vetere si conserva il luogo indicato come sala del pretorio romano dove vennero eseguite le torture e i processi. La tradizione indica che nella notte venne visitata da San Pietro, che la rassicurò portandole conforto e ne risanò miracolosamente le ferite. Venne infine sottoposta al supplizio dei carboni ardenti. A Catania, nella Chiesa di San Biagio meglioconosciuta come la Chiesa di Sant’Agata “alla fornace” si conservano, nell’altare laterale della cappella di Sant’Agata, le pietre e la terra che secondo la tradizione tormentarono Agata il 5 febbraio 251 d.C. La notte seguente, il 5 febbraio 251, Agata spirò nella sua cella.

Una tradizione vuole che, negli anni della “persecuzione di Decio” che ebbe inizio nel 249, la compatrona di Malta abbia soggiornato per un periodo in una cripta dell’isola, divenuta il centro di un culto secolare.

Non valser spine e triboli,
non valsero catene;
né il minacciar d’un Preside
a trarla dal suo Bene,
a cui dall’età eterna
fu sacro il vergin fior”

(Mario Rapisardi – Ode, per il 5 febbraio 1859)

Se non esiste dubbio storico alcuno sulla morte per martirio, che è autenticato, anche dall’enorme diffusione del culto oltre il luogo natio e fin dall’antichità, tuttavia, non abbiamo sufficienti dettagli storici sulla sua morte.

Secondo la “Leggenda Aurea” 1288 del beato Iacopo da Varagine, Agata consacrò la sua verginità a Dio. Di ricca e nobile famiglia, rifiutò le proposte del prefetto romano Quinziano, che la inviò dalla tenutaria di un bordello. Trovandola una donna tenace e intrattabile, anche costei rifiutò l’incarico di Quinziano, che, dopo minacce e pressioni, la fece mettere in prigione, giustificando tale pena causa la sua fede cristiana.

Tra le torture subite vi fu il taglio dei suoi seni con le pinze. Dopo ulteriori scontri drammatici con Quinziano, rappresentati in una sequenza di dialoghi nel suo Passio che documentano la sua forza d’animo e la sua devozione costante, sant’Agata fu poi condannata ad essere bruciata sul rogo, ma un terremoto la salvò da quel destino; fu allora condotta in prigione, dove San Pietro, apostolo e martire, apparve a lei e guarì le sue ferite. Sant’Agata morì in prigione, secondo la Legenda Aurea «nell’anno di nostro Signore 253 al tempo di Decio, l’imperatore di Roma». Sull’anno della morte, a causa di errate traduzioni, viene infatti riportato il 253 da Iacopo da Varagine, mentre il vulcanologo Carlo Gemmellaro riporta il 252. Tuttavia sulla data della morte non esiste dubbio sia avvenuta nel 251, in quanto le fonti principali riportano tale data.

Il canto a San’Agata:

“Tu che splendi in Paradiso,
coronata di vittoria,
Oh Sant’Agata la gloria,
per noi prega, prega di lassù”

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto Redazione 

(dati raccolti da Wikipedia

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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