MARCO TRAVAGLIO GIORNALISTA ANTONIO PADELLARO GIORNALISTA
Antonio Padellaro è nato a Roma il 29 giugno 1946, è un giornalista, uno scrittore un editore e un saggista. Diventa “giornalista professionista” nel 1968, lavorando per l’ANSA. Nel 1971 passa al “Corriere della Sera”, di cui è Redattore e Responsabile della redazione romana. Nel 1977 scrive la sceneggiatura del film documentario “Forza Italia”. Nel 1990 lascia il quotidiano sentendosi poco gradito all’allora dirigenza del partito socialista e nel frattempo consegue la laurea in “giurisprudenza”. Nello stesso anno lo assume L’Espresso, dove ricopre il ruolo di vice-direttore. Durante questo periodo scrive diversi libri: Non aprite agli assassini (1955), Senza cuore (2000) e altri dedicati alle vicende politiche dei più importanti personaggi politici della “Prima Repubblica” quali Bettino Craxi, Aldo Moro e Francesco Cossiga. Nel 2001 passa all’Unità, che riprende le pubblicazioni sotto la direzione di Furio Colombo. Nel 2002, insieme a Colombo, dà alle stampe Il libro nero della democrazia, fortemente critico nei confronti di Silvio Berlusconi. Nel marzo del 2005 viene nominato direttore de l’Unità, su indicazione di Furio Colombo stesso, succedendogli. Il 20 maggio 2008 la società editrice de l’Unità viene acquistata da Renato Soru. Pochi giorni dopo, l’allora segretario del PD Walter Veltroni, in un’intervista al Corriere della Sera, dichiara che gli farebbe piacere vedere il quotidiano diretto da una donna. Il 22 agosto 2008 Antonio Padellaro è sostituito alla direzione de l’Unità da Concita De Gregorio. Il 1º aprile 2009 nasce il “blog” Io gioco pulito in cui annuncia anche l’uscita del libro omonimo, «un libro corale che è in qualche modo la continuazione di quel giornale animato dalla passione e dall’impegno civile di Furio Colombo e Marco Travaglio, di Antonio Tabucchi e Corrado Stajano, di Nando dalla Chiesa e Olivero Beha, di Maurizio Chierici e Sandra Amurri. Nello stesso periodo partecipa alla fondazione di un nuovo quotidiano, Il Fatto Quotidiano, che inizia le pubblicazioni il 23 settembre 2009 e di cui è il direttore fino al 5 febbraio 2015. Il 5 maggio 2010, assieme a Marco Travaglio, viene invitato a una riunione di studenti della “London School of Economics and Political Science”, per una conferenza dal titolo The Status of Freedom of Information in Italy (“Lo stato della libertà di informazione in Italia”), nella quale il tema centrale è stato, per l’appunto, la libertà di stampa in Italia. Il 4 febbraio 2015, a cinque anni dalla sua fondazione, lascia la direzione de il Fatto Quotidiano a Marco Travaglio, già condirettore; il CdA de il Fatto lo nomina presidente della Società Editoriale, e Padellaro rimane editorialista del quotidiano. L’anno seguente ha pubblicato la sua biografia, intitolata Il Fatto personale. Nel maggio 2018 lascia la presidenza de il Fatto Quotidiano a favore di Cinzia Monteverdi. Nel 2019 conduce assieme a Silvia Truzzi la trasmissione televisiva C’ero una volta… dove si indagano le ragioni di una sconfitta della sinistra in Italia, dando la parola a ex leader “rossi”. È ospite fisso dei programmi Otto e mezzo e Piazzapulita su La 7.

Oggi il giornalista Padellaro, ha deciso di affrontare un argomento particolarmente delicato e che riguarda la Premier Giorgia Meloni e il suo pensiero espresso il 25 aprile sul palco di Pescara su Enrico Berlinguer, che fu il capo dei comunisti italiani, antifascista e deciso avversario del Msi. Poche parole, condivise con il Presidente del Senato Ignazio La Russa che determinarono un applauso forte e convinto da parte della platea!

Padellaro, con molta eleganza, sottolinea:  “Ormai questo insistere a chiederle di dirsi antifascista è diventato manieristico, anzi, più Repubblica e il Pd insistono e peggio è. Sarebbe molto più utile incalzarla sui comportamenti e gli atti politici reali che sulle abiure. Il fatto è che i missini si maceravano dentro questo sconfittismo. La “cultura” di Colle Oppio è segnata da questo senso di minorità che derivava dall’essere stati sconfitti. È esattamente questo complesso che non gli consente di dirsi antifascisti. Tuttavia ci sono altri ex missini che non hanno problemi a definirsi antifascisti, lei no, e questo succede perché Giorgia Meloni in un certo senso è più autentica di altri e non riesce a superare quel passato di sconfitta, vive ancora in quel clima, non riesce a superarlo”.

Padellaro ricorda un passato recente, che ha scritto nel suo libro Il gesto di Almirante e Berlinguer  relativo agli incontri tra i due “storici Politici” e afferma: “Loro due si vedevano tutti i venerdì pomeriggio a Montecitorio quando ormai non c’era più nessun deputato. Fu alla fine degli anni Settanta, dopo l’omicidio di Aldo Moro, anni tremendi, entrambi avevano formazioni estremiste ai fianchi, Berlinguer alla sua sinistra e Almirante alla sua destra, forze organizzate che erano vicine alla lotta armata, e probabilmente volevano scambiarsi informazioni. Chi fosse stato tra i due a proporre tali incontri non lo sapremo mai, ma ha poca importanza, ma tendo a credere che fu Berlinguer a prendere l’iniziativa”. 

Si dice che forse l’unico a sapere qualcosa in più sia Massimo Magliaro anche se ha sempre sostenuto che nulla sa di tali incontri e del contenuto riservato delle loro conversazioni, non a caso ha detto: “Quelli erano “capi” che non parlavano nemmeno con le mogli di certe cose. E non era tempo di legittimazioni reciproche. Si faceva a botte nelle scuole, nelle università, nelle piazze. I comunisti in un certo senso pensavano di continuare la Resistenza: allora per conquistare la democrazia, negli anni Settanta per difenderla”.

Padellaro rievocando brevemente il periodo in cui il Movimento Sociale Italiano (MSI) si contrapponeva giornalmente ai “comunisti” in quanto c’era la sensazione che Togliatti e Amendola volessero instaurare una “dittatura” afferma: “No, sarebbe stato impossibile. Anche perché Berlinguer diceva delle cose terribili sui missini, in una tribuna politica gli disse “senza le SS siete sempre scappati”… Semmai l’operazione possono farla con Gramsci, magari “prendendo” qualcosa di un filosofo che è fuori dalla battaglia politica. È probabile che a Pescara abbiano applaudito Berlinguer (a parte l’omaggio al padre di Bianca che era lì) perché era stato in qualche modo “sdoganato” da Almirante che andò a Botteghe Oscure a rendere l’ultimo saluto al segretario del Pci definito “un uomo onesto”, e fu accolto da Pajetta. Immagino che Almirante ebbe un certo coraggio a andare a Botteghe Oscure. Certo, anche se in quel momento non c’era tantissima gente, poi arrivò Pajetta, il tutto durò cinque minuti. Non ricordiamo fischi né altro. Certo quello del capo del Msi fu un gesto prettamente umano. Politicamente non cambiò nulla. In quel tempo accadde che sempre Pajetta e Pino Romualdi pranzassero insieme al Parlamento europeo e Romualdi fece per pagare il conto. Al che Pajetta lo fermò: I conti con voi li abbiamo fatti il 25 aprile”.Conclude affermando: “Già, fascisti e comunisti sono rimasti come gli indiani e i cowboy anche oltre quella mattina del giugno 1984. Anche oggi, malgrado l’applauso di Pescara, quel muro non cade”.

A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Pier Luigi Cignoli

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