Oggi il giornalista Padellaro, ha deciso di affrontare un argomento particolarmente delicato e che riguarda la Premier Giorgia Meloni e il suo pensiero espresso il 25 aprile sul palco di Pescara su Enrico Berlinguer, che fu il capo dei comunisti italiani, antifascista e deciso avversario del Msi. Poche parole, condivise con il Presidente del Senato Ignazio La Russa che determinarono un applauso forte e convinto da parte della platea!
Padellaro, con molta eleganza, sottolinea: “Ormai questo insistere a chiederle di dirsi antifascista è diventato manieristico, anzi, più Repubblica e il Pd insistono e peggio è. Sarebbe molto più utile incalzarla sui comportamenti e gli atti politici reali che sulle abiure. Il fatto è che i missini si maceravano dentro questo sconfittismo. La “cultura” di Colle Oppio è segnata da questo senso di minorità che derivava dall’essere stati sconfitti. È esattamente questo complesso che non gli consente di dirsi antifascisti. Tuttavia ci sono altri ex missini che non hanno problemi a definirsi antifascisti, lei no, e questo succede perché Giorgia Meloni in un certo senso è più autentica di altri e non riesce a superare quel passato di sconfitta, vive ancora in quel clima, non riesce a superarlo”.
Padellaro ricorda un passato recente, che ha scritto nel suo libro “Il gesto di Almirante e Berlinguer” relativo agli incontri tra i due “storici Politici” e afferma: “Loro due si vedevano tutti i venerdì pomeriggio a Montecitorio quando ormai non c’era più nessun deputato. Fu alla fine degli anni Settanta, dopo l’omicidio di Aldo Moro, anni tremendi, entrambi avevano formazioni estremiste ai fianchi, Berlinguer alla sua sinistra e Almirante alla sua destra, forze organizzate che erano vicine alla lotta armata, e probabilmente volevano scambiarsi informazioni. Chi fosse stato tra i due a proporre tali incontri non lo sapremo mai, ma ha poca importanza, ma tendo a credere che fu Berlinguer a prendere l’iniziativa”.
Si dice che forse l’unico a sapere qualcosa in più sia Massimo Magliaro anche se ha sempre sostenuto che nulla sa di tali incontri e del contenuto riservato delle loro conversazioni, non a caso ha detto: “Quelli erano “capi” che non parlavano nemmeno con le mogli di certe cose. E non era tempo di legittimazioni reciproche. Si faceva a botte nelle scuole, nelle università, nelle piazze. I comunisti in un certo senso pensavano di continuare la Resistenza: allora per conquistare la democrazia, negli anni Settanta per difenderla”.
Padellaro rievocando brevemente il periodo in cui il Movimento Sociale Italiano (MSI) si contrapponeva giornalmente ai “comunisti” in quanto c’era la sensazione che Togliatti e Amendola volessero instaurare una “dittatura” afferma: “No, sarebbe stato impossibile. Anche perché Berlinguer diceva delle cose terribili sui missini, in una tribuna politica gli disse “senza le SS siete sempre scappati”… Semmai l’operazione possono farla con Gramsci, magari “prendendo” qualcosa di un filosofo che è fuori dalla battaglia politica. È probabile che a Pescara abbiano applaudito Berlinguer (a parte l’omaggio al padre di Bianca che era lì) perché era stato in qualche modo “sdoganato” da Almirante che andò a Botteghe Oscure a rendere l’ultimo saluto al segretario del Pci definito “un uomo onesto”, e fu accolto da Pajetta. Immagino che Almirante ebbe un certo coraggio a andare a Botteghe Oscure. Certo, anche se in quel momento non c’era tantissima gente, poi arrivò Pajetta, il tutto durò cinque minuti. Non ricordiamo fischi né altro. Certo quello del capo del Msi fu un gesto prettamente umano. Politicamente non cambiò nulla. In quel tempo accadde che sempre Pajetta e Pino Romualdi pranzassero insieme al Parlamento europeo e Romualdi fece per pagare il conto. Al che Pajetta lo fermò: I conti con voi li abbiamo fatti il 25 aprile”.Conclude affermando: “Già, fascisti e comunisti sono rimasti come gli indiani e i cowboy anche oltre quella mattina del giugno 1984. Anche oggi, malgrado l’applauso di Pescara, quel muro non cade”.
A cura di Pier Luigi Cignoli – Foto ImagoEconomica