Con l’arrivo sulla terra dei “social” il pianeta umano è diventato violento. Omicidi, suicidi, violenze, baby gang, pedofili, abusi sessuali, truffe, hanno preso il sopravvento sulla famiglia, sulle amicizie, sull’amore, sulla scuola, sulla cultura.

L’immagine dell’intimità non viene più contemplata come un dono autentico per sostenerci nel cammino della vita. Tutto ciò che viviamo viene pubblicato in un contenitore surreale, ma che serve per sfuggire dai problemi reali. Non ci si accorge però che la nostra identità viene calpestata e il vero dialogo annullato.

Ogni giorno i nostri occhi si chiudono e aumenta il senso indomito dell’isolamento e  si prova un grande senso di vuoto. Un senso di non ritorno alle origini, alle vecchie tribù dove dolcemente si alzava nel villaggio di tutti il canto della libertà.

Prima dei social si respirava un’aria pura e ci si divertiva con poco: si spedivano lettere d’amore, si attendeva una telefonata con ansia, si ballava in spiaggia intorno a un falò, si andava a scuola per imparare ma anche per crescere con le regole certe, ci si alzava presto per andare al lavoro con la voglia di fare progressi, alla domenica era sacro recarsi in chiesa per la messa e la benedizione, frequentare gli stadi con le radioline in tasca e festeggiare le feste con i familiari intorno a un tavolo imbandito.

Cosa è successo, cosa è scattato dal giorno in cui attraverso uno strumento innovativo come il cellulare che considero una bomba ad orologeria, ai comportamenti delle persone, dei giovani? Non esistono più le società, i diritti, i doveri, i valori?

Forsi si, ciò che vedo attualmente, un grande buco nero, un cestino vuoto e, sono molto preoccupato del futuro dei miei figli e nipoti.

Per ora l’unica certezza è quella che nessun umano al trapasso vivrà di social, ma solo di spirito, sempre se non avrà ucciso se stesso e parte della comunità.

Si vive per morire e non viceversa.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto ImagoEconomica 

Il Direttore Editoriale Carlo Costantini

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