Non parliamo di una semplice modifica, ma di una vera e propria rivoluzione che cambierà per sempre il “concept” dell’assegno di mantenimento nell’ambito del divorzio.

Facciamo un passo indietro: prima della sentenza della Cassazione, l’assegno era collegato nella sua entità al parametro del “tenore di vita matrimoniale”, ma da oggi questo concetto viene sepolto e rimpiazzato dal “parametro di spettanza” basato sulla valutazione dell’indipendenza o dell’autosufficienza economica dell’ex coniuge che richiede l’assegno.

Insomma, questo è un giorno buio per tutti coloro che ritenevano il matrimonio un affare o una “sistemazione definitiva”: sposarsi, ha ricordato la Corte, è un “atto di libertà e di responsabilità”.

Il presidente dell’associazione matrimonialisti italiani, l’avvocato Gian Ettore Gassani, ha spiegato le implicazioni di una simile sentenza: “Potrebbe scomparire d’ora in poi un principio cardine della legge sul divorzio. La storia dei soldi dati per la separazione è una storia lunga. Ma la decisione dei giudici della Suprema corte può fare scuola, bisogna ammetterlo. Anche se negli ultimi anni c’è stata una tendenza chiara. Perché negli anni ’80 la concessione dell’assegno avveniva per il 60 per cento delle coppie”. Il dato poi è molto diminuito con il tempo. “Tanto che nell’ultimo anno è del 19 per cento”. Gassani, ha aggiunto: “In questo senso la Cassazione spesso è un termometro della situazione sociale del Paese. Perché le donne, in tanti casi, lavorano e guadagnano più degli uomini. Inoltre questo verdetto è in linea con la realtà europea”.

“Le coppie con stipendi fissi hanno solo l’assegno per i figli – ha detto ancora l’avvocato Gassani – sono quelle ricche, fatte di vip, professionisti e commercianti a giovarsi di questa pronuncia. La Cassazione comunque eleva l’asticella culturale, il matrimonio non è un affare. Se si vive insieme è un conto, insomma, ma l’assegno viene concesso con oculatezza”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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