Ricordando Gianfranco Lucchi, “Franco”: il cuore bianconero di una comunità
Quando si parla di passione, dedizione e amore per i simboli indelebili del nostro territorio, si pensa spesso a personaggi che, con semplicità e sincerità, hanno lasciato un segno profondo nel cuore di chi li ha conosciuti. Di quelli che, con un sorriso tra le labbra e un gesto autentico, incarnano le radici di una comunità e la fedeltà a una fede sportiva e a un mestiere, quasi fosse un’arte sacra. Gianfranco Lucchi, per tutti “Franco”, è stato uno di questi.
L’edicola di Franco era molto più di un semplice punto vendita di giornali e riviste: era un lembo di quotidianità, un crocevia di storie e di noi. Ereditata con affetto dai genitori, la rivendita di giornali del centro città, in zona “Barriera” cuore pulsante di un centro storico dalle mille sfumature, era il suo regno, il suo santuario. Non era solo un mestiere, ma una vocazione, alimentata da una dedizione quasi maniacale al lavoro. Quando la serranda si chiudeva, in quegli ultimi istanti di giornata, Franco si tuffava nel suo mondo parallelo: giorni e giorni passati a creare cartelloni, giganteschi manifesti che inneggiavano il suo Cesena Calcio, come fossero inni visivi alla sua fede incrollabile. Con arte e semplicità, tra un cartellone e l’altro, metteva anche un po’ di poesia nella sua passione, dimostrando un talento artistico che andava ben oltre la semplice grafica: un talento autentico, che trasmetteva emozioni e che si rifletteva nei volti di chi passava, di chi si fermava un attimo per uno sguardo, una parola, un saluto.
Era un uomo dedito, discreto, ma con il cuore grande come il nostro stadio. Quell’amore per il Cesena, quella fede bianconera che a pelle gli faceva gridare più di mille parole, divenne un tratto distintivo di chi lo conosceva. Lo ricordo di fronte ai cartelloni splendidamente sfumati, con quella sua allegria semplice e contagiosa che ti faceva venir voglia di fermarti a parlare anche quando il tempo sembrava sfuggire tra le dita. E poi c’erano i clienti, tanti, che lo vedevano più che come un rivenditore di quotidiani, come un amico, un confidente, un personaggio imprescindibile nel loro quotidiano, nel loro sentirsi parte di una storia più grande. Franco non era solo l’edicolante; era un pezzo di comunità, una figura di riferimento, prolungamento di quella passione che si trasmette di padre in figlio, quasi fosse un mandato sacro.
E quando il suo cuore, all’età di 88 anni, ha cessato di battere, sembra di perdere un angolo di strada, un punto di riferimento di quei giorni dedicati con passione a un lavoro e a una fede che non si sporcano, che non svaniscono. La sua morte lascia un vuoto, ma anche un’eredità: quella di un uomo che, tra i mille impegni, ha trovato sempre il modo di esprimere sé stesso, di trasmettere emozioni con gesti semplici ma profondi. La sua presenza, ora solo un ricordo domenicale, si materializza in quei sorrisi che, passando davanti a quella che un tempo era la sua edicola, ci vengono spesso in mente quando meno ce l’aspettiamo.
Oggi, al suo posto, c’è una farmacia. La vita continua, le pietre si muovono sulle strade, ma lui con il suo modo di essere rimane lì, in quella memoria che si rinnova ogni volta che, per caso, passiamo da quelle parti. E quando il sole cala e la città sprofonda nel silenzio e nel ricordo, sono i suoi sorrisi, i suoi cartelloni e il suo cuore bianconero a ritornare vivi nelle menti di chi lo ha conosciuto. Un uomo che ha insegnato, senza proclami, che la passione non conosce età e che il vero amore, quello più semplice e più grande, si manifesta nei gesti quotidiani.
Ricordare Franco significa ricordare un cuore che batteva per una squadra e per la sua gente, un edicolante che portava avanti la sua passione con umiltà, con dedizione, con una vena artistica che forse, in altri contesti, lo avrebbe reso un artista. Ma lui era… semplicemente Franco, il cuore bianconero di quella strada, il simbolo di una generazione che ha imparato che l’amore per una squadra, come per un lavoro, si traduce ogni giorno in piccole grandi azioni di fedeltà e di passione.
E allora, anche se la vita cambia, e l’edicola non c’è più, il suo sorriso, la sua anima, il suo modo di vivere saranno sempre lì, pronti a riaffiorare e a ricordarci che, a volte, il vero eroe è chi, con poche parole e tanti gesti sinceri, lascia un’impronta indelebile. Grazie, Franco, per averci insegnato che la passione autentica si nutre di sacrificio e di cuore. E che, nel nostro cuore bianconero, il suo nome sarà sempre scritto a lettere grandi.
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto Repertorio