Circa 800 musulmani hanno partecipato alla preghiera della “Festa del Sacrificio”, organizzata dal Centro islamico bengalese nel piazzale interno della chiesa cattolica San Domenico a Prato.
Come ben evidenziato nell’articolo di Giovanni Fiorentino, pubblicato da “Il Giornale” emerge un fatto che sicuramente fa e farà discutere.
Prima di entrare nel merito del “vergognoso” evento non dimentichiamo che la UE, purtroppo gestita ancora dalla Sinistra e dai Sinistroidi, ha investito milioni di euro per assecondare la presenza islamica e le loro “pretese” nell’ambito della Comunità Europea, non tenendo in minimo conto le rimostranze fatte dall’opposizione, e nonostante i loro atti terroristici programmati nelle “moschee”, atti che hanno mietuto non poche vittime negli Stati membri. Inoltre abbiamo purtroppo riscontrato che insegnanti e/o docenti nella scuola pubblica italiana, sempre appartenenti ad una certa frangia politica, quella acculturata, stanno indottrinando i nostri figli e nipoti accompagnandoli nelle “moschee” dove si devono prostrare ai piedi degli Iman e ascoltare le loro eresie!
Cerchiamo di capire quanto è accaduto ieri, tra l’altro difronte alla medesima chiesa che poche settimane fa aveva ospitato (sempre nel piazzale interno dell’edificio religioso) la preghiera del fine Ramadan dalla stessa comunità islamica che vive nella città toscana.
La “Diocesi” di Prato, che sicuramente è portata a seguire la gestione dem di tale città, si è prodigata, in una sua “osservazione”, a specificare che oltre ai membri dell’associazione promotrice, fossero presenti anche fedeli di varie nazionalità, in particolare pakistani e marocchini, che si sono adoperati ad addobbare il piazzale di fronte alla Chiesa di San Domenico, dispiegando tappeti e stuoie per far inginocchiare i partecipanti alla preghiera.
Ovviamente le Eurodeputate della Lega Susanna Ceccardi e Silvia Sardone non hanno assolutamente gradito e accettato questa scelta da parte sia della curia che del comune, e, unite, hanno sottolineato: “Il piazzale interno del complesso di San Domenico ospita nuovamente una ricorrenza religiosa musulmana: il Centro islamico bengalese vi ha organizzato la festa del sacrificio. Una decisione che purtroppo non rappresenta una novità. Francamente rimaniamo basite di fronte a questo ennesimo cedimento culturale parlare di “integrazione” quando si concede l’uso di spazi ecclesiastici per cerimonie di altre fedi non è rispettoso della nostra storia e delle nostre radici. Siamo di fronte a un’integrazione rovesciata, dove non sono gli ospiti ad adattarsi, ma è la nostra identità a dover fare passi indietro. Utilizzare un’area che fa parte del complesso della Chiesa cattolica per celebrare riti islamici è una scelta sconcertante. Non possiamo rimanere indifferenti: difendere la nostra identità non significa discriminare, ma preservare ciò che siamo: una civiltà che ha nella cultura cristiana, nella storia europea e nei suoi simboli i fondamenti della propria esistenza”.
Immediata la replica del Vescovo di Prato, Mons. Giovanni Nerbini, che ha subito difeso la posizione della Chiesa oltre ovviamente il suo ruolo e il suo operato, e, citando papa Wojtyla, ha affermato: “San Giovanni Paolo II, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha indicato tre esigenze fondamentali del dialogo interreligioso: la reciproca conoscenza, la scoperta e valorizzazione di ciò che è buono e vero fuori della Chiesa, la collaborazione. La scoperta e valorizzazione riguarda non soltanto i singoli non cristiani, ma anche gli aspetti delle stesse religioni la scelta della Diocesi di Prato si pone in piena e perfetta continuità con il magistero della Chiesa Cattolica. Il mistero dell’incarnazione indica il punto di distinzione fondamentale del cristianesimo dalle altre religioni, e chiarisce il tema della rivelazione. Circa la “collaborazione”, è patrimonio comune di questi ultimi trenta anni la certezza che tutte le religioni sono chiamate a superare i fondamentalismi, ad emarginare ogni violenza ed offesa della persona e dei popoli ed a lavorare incessantemente per costruire rapporti di amicizia e di pace”.
Come anticipato tale vicenda non si fermerà certo a Prato e alla rossa Toscana ma porterà a discussioni e polemiche anche tra Stato e Chiesa.
Una domanda al Vescovo però diventa necessaria: in caso di un attentato terroristico nel nostro Paese, Lei lo giustificherà, magari con una benedizione o una preghiera o lo condannerà per quello che rappresenta?
Noi, uomini comuni, siamo più propensi a dire che “il perdono è di DIO, la vendetta degli uomini” e sembra che gli islamici questa regola la applichino anche troppo spesso!”
A cura di Pier Luigi Cignoli editorialista – Foto ImagoEconomica