Tor Vergata si accende di Speranza: Dajana, Mary’s Meals, Erminio Sinni e Laura Santarelli accanto al Santo Padre per il Giubileo dei Giovani 2025.
Certe emozioni non si possono descrivere: si vivono. Ma quando accade qualcosa di irripetibile, il dovere del cronista è almeno provare a raccontarlo. È quanto è successo il 2 agosto a Tor Vergata, alle porte di Roma, dove la luce del Giubileo dei Giovani 2025 ha abbracciato migliaia di cuori accorsi da ogni parte del mondo. In un’atmosfera carica di fede, musica e condivisione, la giornata si è tinta di una bellezza che va oltre le parole.
Tra i protagonisti di questo evento epocale, spicca la figura di Dajana, artista e donna di profonda spiritualità, che ha saputo toccare le corde più intime del pubblico con la sua voce e la sua autenticità. Accanto a lei, Mary’s Meals, l’organizzazione che da anni sfama milioni di bambini nei Paesi più poveri, portando nel mondo un messaggio concreto di Vangelo vissuto: “Dare da mangiare agli affamati”.
E poi la musica, linguaggio universale che unisce, guarisce, eleva. Dajana ha portato sul palco due brani carichi di significato: “Signore sono qui”, un’intensa dichiarazione di abbandono fiducioso alla volontà divina, e “Padre Nostro”, cantato in duetto con Erminio Sinni. Quest’ultimo brano ha lasciato il pubblico senza fiato, grazie a un finale sorprendente in aramaico — la lingua di Gesù.
“È stata un’esperienza allucinante. Non te lo so spiegare — racconta Dajana — ma Dio ha voluto così. Evidentemente vuole che noi tutti ritorniamo all’essenziale, ovvero alla preghiera che Gesù ci ha lasciato: il Padre Nostro. Io poi non lo so… perché, illuminata dallo Spirito Santo, l’ho scritta in aramaico nella parte finale. Certo, non sapremo mai davvero come Gesù la pronunciò, ma esiste una versione stupenda in aramaico, e io ho sentito di chiudere così.”
L’esibizione è stata accolta da un lungo applauso, come se il silenzio carico di ascolto si fosse trasformato in un’unica voce collettiva di gratitudine e commozione.
Accanto a Dajana ed Erminio, la presenza elegante e sensibile di Laura Santarelli, volto noto del piccolo schermo, che ha portato la sua testimonianza di fede con una delicatezza che ha saputo arrivare al cuore. E poi, su tutto, la presenza del Santo Padre, Papa Leone, pellegrino tra i giovani, pastore tra le nuove generazioni. Le sue parole, forti e piene di speranza, hanno risuonato potenti:
“Voi siete la speranza. Non lasciate che vi rubino la gioia.”
Il prato immenso di Tor Vergata si è trasformato in un mosaico vivente di colori, lingue, canti, preghiere. Migliaia di giovani, uniti da un desiderio comune: essere luce, essere speranza, essere Chiesa in cammino.
Il Giubileo dei Giovani 2025 non è stato solo un evento, ma un segno tangibile di fede viva. Una pagina scritta con l’inchiostro dell’amore, che resterà impressa nella memoria di chi c’era. Dajana, Mary’s Meals, Erminio Sinni, Laura Santarelli e il Papa: insieme, testimoni di un’umanità che ancora crede, ancora sogna, ancora costruisce.
Perché — come ha ricordato il Papa — “chi ha fede non si ferma mai. Cammina, ama, costruisce. E rende nuova ogni cosa.”
Intervista esclusiva a Dajana: “Sul palco ho sentito il battito dell’umanità intera”.
Abbiamo incontrato Dajana dopo il grande evento di Tor Vergata. Il volto sereno, gli occhi ancora accesi di luce, la voce ferma ma dolce. Non parla da artista, ma da donna che ha vissuto un’esperienza fuori dal comune.
Dajana, sei stata protagonista di un momento unico accanto al Santo Padre, davanti a una folla immensa. Cosa hai provato su quel palco?
È difficile spiegare a parole cosa ho sentito. C’era un silenzio denso, pieno, che non era assenza di suono, ma presenza viva di qualcosa di più grande. Era come se ogni cuore presente fosse collegato al mio. Sul palco, ho percepito il battito dell’umanità intera. Non mi sentivo sola: ero parte di un’unica voce, di un unico respiro. Ho capito quanto siamo tutti in cerca della stessa cosa: amore, senso, Dio.
Qual è stato per te il significato spirituale di quella esibizione?
Non era un’esibizione, non per me. Era una preghiera, un’offerta. Ogni nota, ogni parola, era dedicata all’Onnipotente. Ho messo a disposizione la mia voce, ma soprattutto la mia fede, la mia storia, la mia fragilità. Mi sono sentita solo uno strumento: è stato lo Spirito a guidarmi, io mi sono lasciata fare. Ho percepito un senso di sacralità profondo, come se il palco fosse diventato un altare.
Hai cantato due brani: “Signore sono qui” e “Padre Nostro”, quest’ultimo con un finale in aramaico. Com’è nato questo brano?
È nato in maniera misteriosa, quasi inspiegabile. Durante la composizione, ho sentito una spinta interiore fortissima. Il Padre Nostro è la preghiera che Gesù ci ha lasciato, e sentivo che doveva tornare ad essere centrale. La parte in aramaico è arrivata come un’illuminazione. Non l’ho studiata, l’ho semplicemente scritta, come se mi venisse dettata. So che non sapremo mai con certezza come Gesù la recitò, ma quell’eco antica in aramaico ha un potere spirituale immenso. Era giusto chiudere così.
Sul palco con te anche Erminio Sinni, Laura Santarelli e la realtà di Mary’s Meals. Come hai vissuto questa esperienza condivisa?
È stato un onore. Condividere quel momento con persone autentiche e luminose ha reso tutto ancora più speciale. Erminio ha una voce e un’anima potenti, Laura una grazia rara. E Mary’s Meals è una realtà che dimostra ogni giorno che il Vangelo può diventare pane concreto. Eravamo tutti lì per servire, ognuno con il proprio linguaggio, ma uniti da uno stesso cuore.
Se dovessi riassumere il senso profondo di Tor Vergata in una frase, quale sarebbe?
“Quando l’amore si fa voce, il cielo si abbassa per ascoltare.” È questa la frase che porto dentro. Quel giorno, per un attimo, il cielo si è fatto vicino. E noi l’abbiamo sentito.
Cosa ti porti nel cuore dopo questo Giubileo?
Mi porto gli occhi dei giovani, pieni di speranza. Mi porto le lacrime silenziose di chi ha trovato pace. Mi porto il canto collettivo, la gioia semplice, la luce. Ma soprattutto mi porto un impegno: non far spegnere questa fiamma. Voglio continuare a portare questo messaggio ovunque: nella musica, nelle parole, nella vita. Perché il vero palco è quello della quotidianità. È lì che siamo chiamati a essere luce.
Grazie, Dajana. Le tue parole sono dono.
Grazie a voi. E che questo dono possa diventare benedizione per chi lo riceve.
Chiudendo questa conversazione, resta impressa una certezza: certi momenti non sono solo eventi. Sono frammenti di eternità, squarci di luce che ci ricordano chi siamo e a cosa siamo chiamati.
Con la sua voce che si fa preghiera e il suo cuore che si fa strumento, Dajana ha trasformato il Giubileo dei Giovani 2025 in una testimonianza viva. Un invito a tornare all’essenziale. A camminare nella fede. A cantare la speranza.
A cura di Ilaria Solazzo editorialista – Foto Imagoeconomica