ANTONELLO FASSARI ATTORE

Ho conosciuto Antonello Fassari, esattamente tre anni fa, al Bonci con un testo diEugène Labiche, “Il delitto di via dell’Orsina” (L’Affaire de la rue de Lourcine), in compagnia di Massimo Dapporto e Susanna Marcomeni, e lo ricordo seduto sui gradini della scala che dall’ingresso palcoscenico porta negli ordini, persona divertente ma con un velo di tristezza che spesso accompagna ogni grande comico e disposta al dialogo su argomenti, i più disparati, anche con un emerito sconosciuto come il sottoscritto. La morte di Antonello Fassari, avvenuta ieri a settantadue anni, ci ricorda una verità ineludibile: il teatro e la vita non sono che due facce della stessa medaglia. La sua presenza scenica si imponeva con una leggerezza che solo i grandi sanno trasmettere. Comico e drammatico, Fassari incarnava quell’arte sublime di far ridere mentre si piange in silenzio.
I suoi ruoli erano un viaggio attraverso l’animo umano – un balletto tra l’ilarità e la commozione, in grado di accogliere le fragilità e le grandezze di ciascuno di noi. Era capace di ritrarre quella maschera ironica che spesso indossiamo nella vita quotidiana, sorridendo mentre dentro ci dibattiamo tra le nostre insicurezze.

Il teatro, il cinema e la televisione perdono così un maestro della parola, un narratore che aveva il potere di trasformare la banalità in poesia e l’assurdo in verità. In questo mondo dove tutti cercano risposte certe in luoghi incerti, Fassari ci ricordava con il suo talento che la comicità è una forma alta di intelligenza, e che saper ridere delle proprie miserie è forse l’unico modo per affrontarle.

Addio Antonello, va’ a cercare nuovi palcoscenici dove poter esibire quel tuo straordinario talento; qui ci lasci un vuoto colmo di risate intrise di malinconia.

A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica 

Editorialista Marco Benazzi

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