172 BARE IN PIAZZA PER DENUNCIARE LE MORTI SIL LAVORO ORGANIZZATO DALLA UIL SINDACATI

Basta silenzi e sangue. Il lavoro è vita, non morte

Io so cosa significa vivere nell’invisibilità. So cosa vuol dire arrivare in Italia con una valigia piena di sogni e trovarsi a combattere ogni giorno per essere visti, ascoltati, rispettati. So cosa vuol dire lavorare dieci, dodici, quattordici ore al giorno, con il corpo che si piega ma non si spezza, con la dignità che resiste anche quando viene calpestata.

Lo so perché l’ho vissuto e perché, da anni, leggo, ascolto, raccolgo le storie di chi vive ai margini, di chi lavora senza contratto, senza tutele, senza diritti.Sono storie vere, le trovi nei giornali locali, nei corridoi degli ospedali, nei racconti dei compagni di fabbrica. Sono le storie sia di italiano, sia di stranieri accomunati da un unico destino: la morte.Potrei fare un lungo elenco di nomi. Non si contano più con le due mani. Ci sono operai caduti da un ponteggio, muratori, magazzinieri, badanti, rider, infermieri, lavoratori della logistica schiacciati da un sistema che li usa e poi li abbandona.

Sono anche le storie dei nostri figli, che crescono in un paese dove il lavoro fa ancora paura, dove un contratto stabile è un privilegio e la sicurezza un’illusione.
L’Italia è tristemente ai vertici in Europa per numero di incidenti e morti sul lavoro. Ogni anno, migliaia di lavoratori perdono la vita o riportano gravi danni mentre cercano solo di guadagnarsi da vivere. Questo non è un destino ineluttabile, ma il risultato diretto di politiche sbagliate, di controlli insufficienti e di una cultura del lavoro che ha smarrito il senso della dignità umana.Il Jobs Act, voluto da Matteo Renzi, ha smantellato tutele storiche, facilitando licenziamenti, aumentando la precarietà e rendendo i lavoratori più ricattabili e meno protetti.

A distanza di anni, i suoi effetti sono sotto gli occhi di tutti: meno sicurezza, più flessibilità imposta, meno diritti. Il governo Meloni non solo non ha intenzione di rivedere questa normativa, ma continua a ignorare il grido d’allarme di chi lavora, delle famiglie delle vittime, dei sindacati e degli ispettori che denunciano l’abbandono delle norme di sicurezza come la legge 626 e il Testo Unico 81.Nel 2025, l’aumento degli incidenti mortali è stato drammatico, alimentato da un mercato del lavoro dove proliferano contratti grigi, lavoratori fantasma, turni massacranti da 12 o 14 ore al giorno senza tutele né controlli. Servono ispezioni serie, educazione alla sicurezza fin dai banchi di scuola, un cambiamento profondo nella cultura aziendale e politica. Serve, soprattutto, dire basta alla precarietà sistemica che colpisce soprattutto giovani e migranti.

Il Jobs Act di Matteo Renzi è stato un colpo basso per tutti noi. Ci ha resi più soli e più fragili. Ha smontato pezzo dopo pezzo le garanzie che proteggevano chi lavora. Il governo Meloni, oggi, continua su quella strada, chiudendo gli occhi di fronte all’aumento delle morti sul lavoro, alla mancanza di controlli, all’applicazione formale e spesso inesistente delle leggi 626 e 81 sulla sicurezza.

Io, come immigrata, come donna, come madre, non posso tacere. La precarietà è diventata una gabbia, e dentro ci siamo in troppi. I contratti a chiamata, le false partite IVA, le cooperative spurie, i turni massacranti senza riposo né malattia, sono la normalità per milioni di persone. Eppure nessuno sembra voler cambiare davvero le cose. Parlano di merito, ma ignorano chi lavora nell’ombra, chi pulisce, cura, trasporta, costruisce questo Paese senza essere mai nominato.

A cura di Yuleisy Cruz Lezcano – Foto ImagoEconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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