Wayne Shorter nasce a Newark nello Stato del New Jersey il 25 agosto del 1933, sassofonista compositore è stato uno dei musicisti più importanti del panorama del jazz moderno. Collabora con le migliori formazioni jazzistiche americane, negli anni ’60 con i nuovi generi musicali che venivano fuori dai vari decenni come il Rock nato negli anni Cinquanta. In questi periodi anche i musicisti jazz dopo avere fondato il nuovo genere il Be-Bop avevano avuto una crisi di vendite discografiche.

Ma i musicisti afro-americanani non rimasero a braccia conserte, si mossero per migliorare la situazione critica che stavano attraversando, ebbero l’idea di mettere appunto in atto una musica che si avvicinasse al Rock per generarne un nuovo genere musicale, l’Hard-Bop.

Wayne Shorter negli anni ’60 collabora con i migliori musicisti del decennio ed entra nella scuderia della label Blue Note Records, con la quale produrrà vari long playing a suo nome e collaborerà in formazioni di altri interpreti, come il trombettista Freddie Hubbard e con lui pubblicherà varie album.
In questo periodo è a contatto con vari musicisti tra I quali Bud Powell, Thelonious Monk, Coleman Hawinks e Laster Young.

L’ascolto alla musica per Shorter comincia da bambino, è il padre che involontariamente lo fa appassionare alla Musica Jazz ascoltando le trasmissioni radiofoni ritornando dal lavoro: grazie alle trasmissioni quotidiane presentate da Martin Block. Scopre così infatti i noti musicisti da Bud Powell, Thelonious Monk, Charlie Parker, Coleman Hawkins Lester Young due grandi sassofonisti e il celebri bopper.

Wayne Shorter inizia a studiare musica da giovanissimo; quattro anni alla New York University, dopo di che parte per militare nel 1956 e rimarrà nell’esercito fino all’anno 1958. Durante questo periodo, suona per qualche tempo con il pianista Horace Silver ricordiamo le opere discografiche incise dal pianista per la label Blue Note Records, quindi, congedandosi dalla naia nell’ottobre del 1958, entra così dapprima nell’orchestra del band leader Nat Phipps, e poi tra il luglio – agosto del 1959, in quella del trombettista canadese Maynard Ferguson ove incontra il pianista austriaco Joe Zawinul. Il suo primo album lo incide in novembre, quando il trombettista Lee Morgan presentatogli da Charlie Persip altro musicista, lo fa scritturare dal batterista Art Blakey come sostituto di un altro grande sassofonista tenore Hank Mobley, avendo questi abbandonato il gruppo proprio nel corso di una tournée internazionale.

Wayne Shorter rimarrà nella formazione dei The Jazz Messagers sino al 1964, svolgendo persino le mansioni di direttore musicale in virtù dei suoi talenti di arrangiatore e di compositore. Con la formazione effettuerà numerose tournée dall’Europa al Giappone. Nell’estate del 1964 si unisce al quintetto del trombettista Miles Davis per una collaborazione che si protrarrà fino al 1970.
In questi anni Shorter si avvicina definitivamente al sax soprano e si dimostrerà quanto più sensibile all’apertura ai nuovi orizzonti musicali jazzistici. Anche nel quintetto davisiano la sua influenza musicale è notevole con molte sue composizioni, autentiche gemme del jazz moderno. Nel frattempo, incidente qualità di leader, ora da sideman, assieme ai trombettista, Freddie Hubbard, Lee Morgan, il trombonista Grachan Mancur III, e al pianista Bobby Timmons, opere discografiche quasi tutte incise per la label Blue Note Records.

Quando John Coltrane decide all’inizio degli anni Sessanta di lasciare il trombettista Miles Davis per dedicarsi ai propri progetti, individua in Wayne Shorter l’ideale erede del posto lasciato vacante, apprezzandone le doti di strumentista e compositore. Di conseguenza Davis prende contatto con il sassofonista di Netwark, che però nel frattempo ha ottenuto l’ingaggio nei The Jazz Messagers. Da allora il trombettista alterna nei suoi organici numerosi sax tenori, tra cui Hank Mobley, George Colleman e Sam Rivers, senza mai esserne pienamente soddisfatto. Dopo il tour giapponese dell’estate del 1964, Miles viene a sapere che Shorter ha appena lasciato il gruppo del batterista Art Blakey: perciò riprova a scritturarlo, e riesce nel suo intento.

La pervicacia di Davis viene cosi premiata, e la scelta si rivela molto felice: Wayne si integra alla perfezione con gli altri componenti del gruppo, che sono Herbie Hancock, Ron Carter e Tony Williams, talentuoso batterista appena diciannovenne. Gli anni successivi, il nuovo (da alcuni definito secondo) quintetto inciderà tre eccellenti album E.S.P. del 1965, Miles Smile del 1966, Scorcerer del 1967, nei quali si assiste alla graduale dissoluzione del linguaggio Hard-Bop, accompagnata da un Progressivo mutamento delle forme, che si affiancano delle consuete sequenze armoniche con una libertà espressiva senza precedenti.
In questa evoluzione gioca un ruolo importantissimo Shorter, con il suo decisivo contributo di compositore e arrangiatore.
L’ultimo è fondamentale album acustico del gruppo e Nefertiti del 1967, dove il processo innovativo sviluppato nei precedenti dischi arriva al suo apice.
Il sassofonista firma ben tre brani dei sei brani: Pinocchio, la malinconica ed inquieta Fall, con i suoi brevi assoli spezzati dal refrain, e soprattutto l’incredibile brano che da il titolo all’album.

Qui Shorter, utilizzando un procedimento analogo a quello di alcune opere grafiche di M.C. Esche, capovolge i ruoli di front-line (la figura) e sezione ritmica (lo sfondo): mentre sax e tromba eseguono, per tutto il brano, un’ostinata (benché mutevole negli accenti) ripetizione del tema, gli altri strumenti agiscono con grande autonomia, in un fluido fiume sonoro in cui il “solista” è Tony Williams, che disegna un incredibile numero di variazioni e fornisce una prestazione personale ineguagliabile.
Le successive incisioni del 1968, danno il via al periodo elettrico di Davis.

Sono ben tre le sessioni realizzate nell’anno: Water babies, Miles in The Sky e Filles De Kilimanjaro.
Il quintetto si amplia insieme ai pianisti (Hancock e Corea, quest’ultimo al piano elettrico), il contrabbasso di Ron Carter e affiancato dal basso elettrico di Dave Holland, il chitarrista George partecipa a uno dei brani di Miles In The Sky, in questi dischi Davis affina l’uso dei nuovi timbri, e getta le basi per definire un nuovo punto cruciale nella storia del jazz: il 18 febbraio del 1969, viene registrato Il A Silent Way. Lunghissime, ipnotiche rilassate composizioni, dal fluente incedere: alla richezza timbrica una sempre più estrema semplificazione armonica, la pulsazione ritmica è uniforme ed immutabile.
Gli interventi solistici di Shorter, che per la prima volta utilizza in un’incisione il sax soprano, sono modelli di intensità e misura. Il taglio netto è irrevocabile con il passato si compie con l’album successivo, Biches Brew del 1969-1970. L’organico aumenta a dismisura, con alternanza di vari batteristi e percussionisti, moltiplicazione di ance e tastiere, basso elettrico, contrabbasso e chitarra elettrica. La quiete del lavoro precedente lascia il posto ad un’esplosione energia, il ritmo è l’elemento centrale e generatore dello sviluppo dei lunghi brani, lacerti di un processo autogenerante e mai concluso, anche quando l’ascolto ha termine. È musica nera, Funky, contemporanea ed arcana al tempo stesso.

Il disco, che ottiene un gran successo di pubblico e divide inizialmente la critica, segna l’ultimo fondamentale sodalizio fra Miles e Shorter, che in breve metterà a frutto queste ultime esperienze nell’avventura con i Wheather Report.
All’inizio degli anni Settanta diede addio al trombettista Miles Davis è al suo quintetto e un anno dopo si unisce al pianista Joe Zawinul, al contrabbassista Miroslav Vitous, con il bassista elettrico Jaco Pastirius e alla formazione dei Wheather Report.
Gruppo nato nei primi anni Settanta da uno Spin-off che la formazione americana presentò come prima opera audiovisiva per i mezzi di comunicazione di massa televisiva e radiofonica, quest’opera racconta in un documentario la vita artistica di un gruppo di musicisti che ruotava intorno al trombettista Miles Davis. Lo Spin-off, è un’opera prodotta e sviluppata da un’opera principale, tipicamente un prodotto audiovisivo nato da una serie televisiva, un film, un fumetto o un videogioco, che mantiene l’ambientazione dell’opera originaria, ma narra storie parallele focalizzando l’attenzione su personaggi diversi, spesso secondari nell’opera di riferimento.
Il documentario racconta di un gruppo di musicisti che ruotavano intorno al trombettista Miles Davis.
Il nucleo stabile della formazione è stato costituito dal pianista austriaco Joe Zawinul e dal sassofonista tenore Wayne Shorter, mentre gli altri musicisti variavano periodicamente, quasi ad ogni opera discografica.

Inizialmente la musica del gruppo era caratterizzata da ampie improvvisazioni. La formazione un batterista e un secondo percussionista, uno dei primi fu Airto Moreira e successivamente Dom Um Romeo. Sia il bassista Miroslav Vitous avevano sperimentato effetti elettronici, Zawinul sul piano elettrico, e Vitous con il contrabbasso suonato con l’archetto. L’inserimento di Wayne Shorter al sax tenore diede al gruppo una vitalità maggiore, l’esperienza che il sassofonista diede alla formazione dei Wheather Report fu congeniale per le sue capacità di compositore e arrangiatore.
Il primo album della formazione venne pubblicato nel 1971, con la partecipazione del giovane batterista Alphonse Mouzon, quest’opera discografica si aggiudicò la nomination di long playing dell’anno, da parte del magazine Down Beat, celebre rivista statunitense dedicata alla Musica Jazz.
Si tratta di un album sperimentale che – sebbene registrato senza alcun uso di strumenti elettronici – viene annoverato fra i classici della fusion, genere musicale emerso alla fine degli anni Sessanta e i primi Settanta che combina elementi di genere Jazz e rock.
Interessante da segnalare e l’uso particolare del pianoforte nel brano Milky Way in cui le corde dello strumento vengono fatte risuonare dalle vibrazioni del sax soprano di Shorter.

Il sassofonista nella nuova formazione userà per la prima volta il sax soprano.
Nel 1971 venne pubblicato il secondo long playing dal titolo I Sing the Body Electric, in cui il sintetizzatore fece la sua prima comparsa era l’ARP 2600. Parte di quest’opera discografica le ultime tre traccie venderò registrate in Giappone e, successivamente, venne integrata nel doppio disco Live in Tokyo. Il titolo riprende il titolo di un racconto dell’autore Ray Brodbury del 1969 che, a sua volta, utilizza il titolo di un’omonima composizione poetica di Walt Whitman del 1967. Nel secondo periodo della formazione quello che parte dal 1976, Wayne Shorter è ancora nel gruppo e darà ancora il suo contributo musicale.
Nel 1976 in concomitanza con l’album Black Market, l’avvicendamento di musicisti portò all’ingresso della formazione del bassista elettrico Jaco Pastoirus. Fu con Jaco che il gruppo raggiunse la maggiore notorietà, grazie al classico brano Birdland del quale fu uno standards nei brani dei The Manhattan Transfer e tratto dal long playing Heavy Wheather del 1971.

Dai concerti di quel periodo traspare la formidabile perizia tecnico – artistica del gruppo: una sezione ritmica portentosa che faceva le escursioni del sax tenore di Wayne Shorter e per le esecuzioni di Zawinul e da qui che come sempre il sassofonista americano viene fuori con la sua portentosa tecnica e la sicurezza di un suono al quanto deciso e moderno portandolo anche agli assoli più significativi di un grande sassofonista,

in questo caso qui si sente la la scuola che a lasciato ai musicisti di questo strumento, un’altro sax tenore John Coltrane.
In seguito la pubblicazione della doppia opera discografica live 8:30 del 1979, i musicisti resero omaggio al periodo d’oro di questa formazione.
Il supporto di Jaco Pastirius sarebbe durata ancora per poco, lasciando il gruppo di Zawinul alle sperimentazioni del leader Wayne Shorter, con una interminabile serie di collaborazioni prestigiose, da Carlos Santana a Carl Anderson, fino a giungere all’epitafioThis is This del 1986, in realtà “costruito a tavolino” con brani precedentemente registrati e non inclusi negli album antecedenti, col quale la band si congedava dando il via a vari progetti solistici, il tutto parallelamente alla triste parabola del bassista elettrico Jaco Pastorius scomparso prematuramente nel 1987.

Nel dicembre del 1986, dopo aver messo fine al sodalizio con la formazione dei Wheather Report, Wayne Shorter porta infine avanti una carriera da leader, dedicandosi alla scoperta di nuovi talenti soprattutto femminili: le percussioniste Marylin Mazur batterista, compositrice, cantante e pianista, statunitense e Terry Lyne Carrington anch’essa batterista, pianista, cantante e produttrice statunitense, e le pianiste Geri Allen pianista, compositrice e docente di Musica Jazz e Renee Rosnes. L’attuale quartetto di Wayne Shorter, comprende il pianista Danilo Perez, il contrabbassista John Patitucci e il batterista Brian Blede, con questa formazione il sassofonista americano ha segnato il suo ritorno alla musica acustica, oltre che il passo definitivo nella free improvvisation.

Lo stile di Shorter similmente a molti altri sassofonisti della generazione formatesi alla scuola di John Coltrane anche per il musicista sono dovuti trascorrere diversi anni prima che potesse esprimere meglio il suo talento. L’influenza coltraniana degli esordi, la nitidezza nell’attacco delle note, lunghe frasi, contrasti, ricorso al parossismo, è quanto di più sensibile in un ambiente sonoro che non differisce di molto da quello del suo primo maestro.

Eppure alcuni indizi, note tronche, punteggiatura in falsetto, roca sonorità appena marcata, dolce lirismo lasciano già supporre una prossima evoluzione che la vicinanza al trombettista Miles Davis avrà solo il potere di accelerare. Inoltre, l’uso sempre piu frequente del sax computerizzato ancora più acuto del soprano, unito alle sue preoccupazioni d’organizzatore del suono, lo immetteranno sulla via d’una creazione pluri-vocale in cui l’accompagnamento o /e l’assolo, senza smettere la loro interdipendenza, sembrano tuttavia diventare autonomi. L’impostazione perfetta e l’introduzione di strumenti elettronici, culminano in alcune composizioni per la formazione dei Wheather Report, mentre il discorso di Shorter strumentista si fa conciso. Nondimeno, il suo lirismo nostalgico intervalli costantemente una musica che, sull’esempio della produzione davisiana, prosegue l’unione di bellezza e modernità.

Wayne Shorter ottenne il 2 dicembre del 2018, alta onoreficenza del Kennedy Center Honors dalle mani del presidente degli Stati Uniti Donald Trump.
Wayne Shorter in questi ultimi anni è ammalato.
“L’enturage di Wayne Shorter ci ha fatto sapere che il grande sassofonista non è, per fortuna, gravemente malato. È costretto tuttavia a sottoporsi ad alcune, molto costose, cure domiciliari, che gli evitano di faticarsi in trasferimenti in strutture ospedaliere. Per queste cure ha avuto bisogno dell’aiuto di amici e fan. Tuttavia a ottantasei anni è attivo, sta lavorando a un grande progetto, un’opera, che andata in scena nella primavera del 2021, e non vuole sentirsi un malato grave[…]”.

“[…] Wayne Shorter è gravemente malato e alcuni amici, fan, oltre alla rivista Down Beat hanno lanciato una sottoscrizione fra gli appassionati per permettergli di potersi pagare le cure. Lo stesso dramma l’aveva vissuto il batterista Jimmy Cobb, scomparso recentemente; non parliamo di una artista mondiale, ma di una persona che ha sperperato i frutti di una carriera fra eccessi e sregolatezza.

Certo il grande sassofonista (uno dei più importanti nella storia del jazz) ha attraversato un periodo di alcolismo, poi superato, ma ha suonato alla grande fino allo scorso anno. Semplicemente il jazz è un’arte che non permette, in un paese iper liberista come gli USA, di far fronte, nemmeno dopo anni di una carriera ai vertici, nemmeno se sei stato uno dei grandi nomi di questa musica, di pagare cure costose. Nemmeno se hai suonato nel gruppo di Miles Davis, con Herbie Hancock, Tony Williams, Ron Carter che aveva dato una nuova prospettiva, succedeva spesso con i gruppi di Miles, a quest’arte.

Nemmeno se hai lavorato con i Weather Report, gruppo culto degli anni Settanta, un’occasione di nuovi colori musicali che ha segnato tutta la scena successiva. Nemmeno se sei stato un punto di riferimento per il jazz internazionale fino agli ottantasei anni con un quartetto di giovani di grande talento[…]”.
(IL testo virgolettato è tratto dal quotidiano de Il Giornale dello Spettacolo su oneline).

A cura di Alessandro Poletti – Foto Getty Image

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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