FABIO DE NUNZIO ATTORE GIA' INVIATO DI STRISCIA LA NOTIZIA BULLISMO NO GRAZIE

Nel 2021 sono state registrate ottantanove vittime di reati di violenza di genere in Italia. Si tratta di un dato emerso dall’analisi delle informazioni che provengono dal Servizio centrale anticrimine della Polizia di Stato. Un osservatorio dove queste informazioni sono rilevate per darne una lettura “operativa”, finalizzata all’applicazione delle misure di carattere preventivo del Questore.

La violenza contro le donne basata sul genere è un fenomeno complesso, caratterizzato da atteggiamenti contraddittori da parte delle persone coinvolte. Spesso le vittime “esitano” a rivolgersi alle forze di polizia perché si trovano in situazioni psicologicamente traumatiche che comportano indecisioni dettate dalla paura. Non di rado, la persona abusata tende anche a giustificare comportamenti aggressivi del partner o ex partner. Le donne vittime di violenza, anche quando si rivolgono a un ufficio di polizia per chiedere aiuto, dimostrano di avere bisogno di tempo per prendere consapevolezza. E si tratta di un fenomeno trasversale, che riguarda ogni area sociale.

È importante che tutti i cittadini siano informati, per non rischiare di “normalizzare” le tragedie, per non lasciare spiragli ad alcuna giustificazione della violenza e dare la forza alle vittime di chiedere aiuto. Perché, come ha detto il capo della Polizia – direttore generale della Pubblica Sicurezza – in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, “Il silenzio aiuta l’aguzzino e mai la vittima“. Nel nostro ordinamento giuridico non c’è il reato di bullismo. Questo si sostanzia in atti d’intimidazione, sopraffazione, oppressione fisica o psicologica commessa da un soggetto “forte” (bullo) nei confronti di uno “debole” (vittima) in modo intenzionale e ripetuto nel tempo.

Tutti comportamenti che sono puniti da specifici reati del codice penale. Spesso non sono messi in atto solo da una persona ma da più soggetti che si alleano contro la vittima prescelta. Il fenomeno riguarda ragazze e ragazzi e si manifesta soprattutto in ambito scolastico, in strada, nei locali e nei luoghi di ritrovo; con gravi ripercussioni fisiche e psicologiche che possono indurre la vittima a commettere anche gesti estremi. Un comportamento da bullo è un tipo di azione che mira deliberatamente a fare del male o a danneggiare. Spesso è persistente e di solito c’è una grave difficoltà per la vittima a difendersi.

Quando questi reati sono commessi con l’uso della Rete, tramite i social, sulle chat di messaggistica, allora parliamo di cyberbullo. Tramite il click del mouse, colpiscono i compagni di classe più timidi sui social network. In nome di altri diffondono immagini e informazioni riservate, tramite chat sui telefonini, raccontano particolari personali o dichiarano disponibilità sessuali in nome delle compagne. In molti casi il cyberbullo non si rende conto della gravità delle sue azioni e delle ripercussioni che queste possono avere sulle vittime.

Le vittime spesso scelgono il silenzio perché non sanno che esistono leggi a tutela di certi comportamenti e perché in fondo la sofferenza di “leggersi” insultato sul Web è motivo di vergogna, è testimonianza di debolezza che non si vuole confessare. Sta a noi adulti, quindi, parlare con i ragazzi e avvicinarli a una cultura della legalità che li aiuti a comprendere la gravità di simili azioni.
L’impegno è rivolto alla tutela della vittima, che deve sentirsi protetta e non deve avere paura di denunciare. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica

Il Vice Direttore Ugo Vandelli

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