Perché quando sono arrestati i delinquenti, i magistrati non applicano la legge?

Nel momento in cui chi delinque, italiano o non, è fermato dalle forze dell’ordine perché ha commesso un reato, le considerazioni che si sentono all’indomani dai privati e onesti cittadini sono che la legge non è uguale per tutti e che mai, o quasi mai, è applicata adeguatamente. Perché?

In pratica chi si sente indignato, arrabbiato, spaventato e quant’altro dovrebbe stare in silenzio e accettare il disagio che produce il reato subito, tanto poi, teoricamente, ci pensa il magistrato a fare giustizia. Purtroppo il magistrato – che sappiamo applica la legge – se scrive che il fermato non è pericoloso, con le attenuanti del caso lo giudica con sospensione della pena, che non significa “assolto”; ovvero con la revoca del titolo di soggiorno, che non vuole dire “libero”.

In entrambi i casi, il delinquente sarà “fuori”, non in carcere, e quasi sicuramente si renderà “irreperibile” in attesa del giudizio finale. Di contro il più delle volte se ne perdono anche le tracce. Questo accade se è in possesso di armi improprie; se occupi abusivamente un appartamento; se partecipa a una rissa; se ruba e danneggia tutto ciò che può e che vuole; se insulta, offende, sputa quando gli passi accanto; se spaccia impunito; se orina, defeca e vomita davanti ai portoni delle abitazioni o sotto i porticati; se prende a schiaffi e a testate gli operatori di polizia; se s’impadronisce d’interi quartieri delle nostre città.

A volte chi vede l’autore o gli autori del reato, se trova il coraggio, chiama il 112 o 113, oppure scatta una foto mentre attende l’arrivo delle forze dell’ordine, sperando che questi balordi non lo vedano.

Altrimenti per lui saranno guai seri. Questo significa che il cittadino vive nella paura, anche se deve gettare la spazzatura sotto casa, tanto più se è una persona anziana o una donna; così come se si reca nei parcheggi dei supermercati o degli ospedali perché è regolarmente minacciato se non elargisce “volontariamente” almeno un euro all’estorsore.

Quando poi esce dalla sua abitazione o dal suo esercizio pubblico, non sa mai se al suo rientro trova qualche individuo intento a rubare o bivaccare. E gli tocca pure tacere, altrimenti rischia di prendere una coltellata oppure, in caso di reazione, ricevere una denuncia con richiesta di danni da parte dell’intruso.

I cittadini chiedono al magistrato di turno di essere più determinato nel condannare chi delinque e tutelare chi è offeso dal reato. Così come lo criticano perché non applica le leggi, ma a volte le interpreta, a volte sbagliando. La cosa triste, e questo è un dato di fatto, è che non rispondono mai degli eventuali errori commessi.

A questo punto vorrei sapere da chi continua a demonizzare i magistrati – come se fosse loro il potere decisionale – cosa fa pensare che un giudice sia contento di applicare un’attenuante a chi ha commesso un crimine? È bene rilevare che il magistrato applica esclusivamente una norma che per di più non ha scritto lui.

Quanti di noi, nel lavoro, applicano regole che non condividono, ma lo fanno perché il proprio lavoro prevede di applicare quella regola? Tanti, forse tutti. Posso capire e capisco le lamentele per una legge non sempre sufficientemente severa. Cercare di far cambiare una legge è giusto e opportuno, ma pretendere che un giudice non applichi quella vigente non è possibile. Perché è sbagliato. Il magistrato la deve applicare, anche quando non la condivide

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Ansa

scrivi a: [email protected]

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui