Un farmaco radioattivo per prolungare la vita dei pazienti affetti da un tumore della prostata metastatico e «resistente» alle altre terapie. È quello disponibile da poche ore negli Stati Uniti, dove la Food and Drug Administration ha dato il via libera all’uso del radiofarmaco 177Lu-PSMA-617, da somministrare ai pazienti con una malattia non più in grado di rispondere alle cure anti-ormonali. Si tratta di un passaggio significativo, che con ogni probabilità porterà anche le altre agenzie regolatori e a offrire nei prossimi mesi un trattamento finora privo di analoghi di pari efficacia. E rivolto a una quota significativa di pazienti.

Il tumore della prostata
Il tumore della prostata è il più frequente tra gli uomini: oltre trentaseimila le diagnosi registrate nel 2020. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi ha raggiunto un buon risultato: di poco inferiore al 90 per cento. A non sopravvivervi sono coloro che sviluppano una resistenza alle cure che vengono somministrate per tenere bassi i livelli di testosterone. Il trattamento di prima scelta del tumore della prostata metastatico non è infatti – come per la grande maggioranza delle neoplasie – la chemioterapia. Bensì la terapia anti-ormonale, che consente di ridurre i livelli circolanti dell’ormone sessuale maschile: stimolo per la crescita delle cellule tumorali. Esistono diversi regimi di terapia ormonale che, in genere, vengono usati in sequenza. Ciò ha consentito negli ultimi anni di aumentare molto l’aspettativa di vita dei pazienti con un tumore della prostata in fase avanzata. Ma non di curarla. Senza trascurare, per l’appunto, la resistenza alle terapie, che di fatto espone i pazienti alla progressione della malattia.

Il nuovo farmaco nella malattia metastatica
Se in metastasi, questo tipo di tumore presenta una sopravvivenza del 30 per cento a cinque anni dalla diagnosi. Un risultato reso migliore rispetto al passato dall’avvento di alcuni farmaci (abiraterone, enzalutamide, docetaxel, cabazitaxel). Opzioni a cui – da subito negli Stati Uniti e probabilmente nei prossimi mesi anche in Europa – si candida ad aggiungersi il nuovo farmaco sviluppato da Novartis, che ha come target una proteina presente nella quasi totalità dei casi sulle cellule che compongono un tumore della prostata metastatico: l’antigene di membrana specifico della prostata (PSMA). Il radiofarmaco in questione – il principio che ne è alla base è lo stesso della terapia radiometabolica con cui si curano i tumori della tiroide e i tumori neuroendocrini, come quello che ha colpito Fedez – è in grado di riconoscere il bersaglio, legarvisi, emettere radiazioni e distruggere le cellule tumorali. Con benefici, documentati in uno studio pubblicato sul «New England Journal of Medicine», significativi: -38 per cento del rischio di morte a quattro mesi e -60 per cento del rischio di progressione della malattia.

PSMA: diagnosi e terapia
L’azione della terapia radiorecettoriale si basa sulle proprietà del PSMA, una proteina che si trova a livelli elevati in oltre il 95 per cento dei tumori della prostata e che è individuata da specifici radiofarmaci legati a un metallo raro. Questo principio è già in uso – anche in Italia – a scopo diagnostico. La PET PSMA sfrutta la radioattività del gallio per localizzare e soprattutto determinare lo stato di avanzamento del tumore. Se al posto del Gallio viene associato un altro isotopo radioattivo, come il Lutezio-177, si ottiene invece un radiofarmaco con funzione terapeutica. Una volta posizionato sulla cellula tumorale, il radioisotopo rilascia la carica radioattiva ai tessuti circostanti in un raggio di pochi millimetri e distrugge le cellule tumorali. «La terapia radiorecettoriale rappresenta la più promettente innovazione degli ultimi dieci anni per la cura dei carcinomi prostatici avanzati – spiega Francesco Ceci, direttore della divisione di medicina nucleare dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano: dov’è in corso l’arruolamento dei pazienti candidabili al trattamento, nell’ambito di uno studio clinico -.
Si tratta di una cura mirata sul bersaglio tumorale, per cui i suoi effetti collaterali sull’organismo sono più lievi rispetto alle terapie tradizionali e transitori».

A cura di Elena Giulianelli – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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