Eduardo De Filippo: uno dei maggiori artisti del Novecento, poliedrico, originale, rivoluzionario; grazie alla sua tenacia e alla sua sensibilita’ e’ riuscito a consegnare alla nuova generazione un immenso materiale e infiniti spunti su cui riflettere.

Interprete di una realtà elusiva e a tratti crudele, ha rappresentato la durezza della vita sulle tavole di un palcoscenico celebrandone al contempo la bellezza.

Già, il messaggio di maggior significato che a me arriva e’ sicuramente questo: “Lo sforzo disperato che compie l’uomo nel tentativo di dare alla vita un qualsiasi significato e’ teatro”.

Se si percorre per intero Spaccanapoli costeggiando Castel Sant’Elmo e proseguendo in direzione del maestoso mare azzurro che si presenta agli occhi increduli come un manto screziato di colori e ombre, ansanti, si giunge all’antichissimo quartiere Chiaia, posto ai piedi del Vomero, il quale sotto l’efflusso dei raggi di sole all’alba, col riverbero del bagliore delle acque del mare, si scompone lentamente in schegge di luce e va a trafiggere cadendo i palazzi, le vetrate dei negozi, e sfiora i ciottoli di cui e’ lastricata la strada esaltandone l’antico splendore.

C’e’ qualcosa di sublime e al contempo terrificante nell’attraversare Napoli quando e’ ancora avvolta nel tepore del primo mattino , che equivale a rivivere tutta la sua storia, i suoi fantasmi, le voci di coloro che l’hanno resa una splendida citta’.

Ebbene, Eduardo cosi’ scrivera’ nella sua nota autobiografica dei primi anni Settanta. Dai registri della parrocchia si legge che il 24 maggio 1900 , in via Vittoria Colonna 5, era nato Eduardo De filippo, e in Vico Ascensione 12 il fratello Peppino.

“… Mi ci volle del tempo per capire le circostanze della mia nascita, perche’ a quei tempi i bambini non avevano la sveltezza e la straffottenza di quelli d’oggi e quando a undici anni seppi che ero “ figlio di padre ignoto” per me fu un grosso choc.

La curiosita’ morbosa della gente intorno a me non mi aiuto’ certo a raggiungere un equilibrio emotivo e mentale. Cosi’, se da una parte ero orgoglioso di mio padre, della cui compagnia ero entrato a far parte, sia pure saltuariamente, come comparsa e poi come attore, fin dall’eta’ di quattro anni, d’altra parte la fitta rete di pettegolezzi ,chiacchiere e malignita’ mi opprimeva dolorosamente. Mi sentivo respinto, oppure tollerato, e messo in ridicolo, perche’ diverso”…

Figlio illeggittimo di Eduardo Scarpetta, attore e importante commediografo partenopeo, e di Luisa De Filippo , una sarta della compagnia, conseguenza di una relazione extra coniugale, compie i suoi primi passi sulle tavole del palcoscenico.

La sua infanzia fu costellata di periodi bui, da uno studio forzato e lungo, finche’ nel 1912 viene mandato insieme al fratello Peppino al collegio di Chierchia a Foria, ed e’ qui che comincia a percorrere i primi passi verso la scrittura.

Memorabile il suo pensiero in cui si condensa insieme al genio il suo grande amore per l’arte e il teatro:

..” Da molto tempo ormai ho capito che il talento si fa strada comunque e niente lo puo’ fermare, ma e’ anche vero che esso cresce e si sviluppa piu’ rigoglioso quando la persona che lo possiede viene considerata diversa dalla societa’.

Infatti la persona finisce per desiderare di esserlo davvero diversa, e le sue forze si moltiplicano, il suo pensiero e’ in continua ebollizione , il fisico non conosce piu’ stanchezza pur di raggiungere la meta che s’e’ prefissata. Tutto questo perche’ allora non lo sapevo e la mia “diversita’” mi pesava a tal punto che finii per lasciare la casa materna e la scuola e me ne andai in giro per il mondo da solo, con pochissimi soldi in tasca ma col fermo proposito di trovare la mia strada.

Dovrei dire: di trovare la mia strada NELLA STRADA CHE AVEVO GIA’ SCELTO DA SEMPRE, IL TEATRO, CHE E’ STATO ED E’ TUTTO PER ME”…

Non so per voi, ma per quanto mi riguarda, quanta grandezza d’animo, quanta sofferenza, quanta bellezza, quanta vita c’e’ in questo piccolo grande uomo?

In breve: Eduardo tornato a Napoli comincia a esibirsi in varie compagnie teatrali e in una di queste fa la conoscenza con un giovane attore talentuoso Antonio De Curtis, in arte TOTO’.

Alla morte del padre nel 1925 va a convivere con una giovane donna di nome Nini’ e decide di fare il grande passo proponendosi per varie compagnie di piu’ alto grado. Scrive nel ’26 I morti non fanno paura e l’anno dopo Ditegli sempre di si’, una commedia in cui il personaggio del “ pazzo” elemento centrale nei lavori eduardiani assurge a giudice intransigente della vita e della nuova morale che la prima guerra ha prodotto, attraverso la lucidita’ che e’ propria del folle.

Finita la stagione teatrale Eduardo insieme ai fratelli decide di mettersi in proprio e forma la Compagnia GaldieriDe Filippo e poi la compagnia De Filippo.

Risalgono a questo periodo: Filosoficamente, Sik Sik l’artefice magico.

Il 25 dicembre del 1931 viene presentata al Kursall di Napoli, per la prima volta, la commedia piu’ nota di Eduardo De Filippo: Natale in Casa Cupiello.

Nel 1945 scrive l’opera che sancira’ il suo taglio col passato Napoli Milionaria, un canovaccio decadente che raccoglie le speranze e le paure di un paese appena uscito dal grande conflitto, che aveva gettato la citta’ in ginocchio.

Rimarra’ celebre la frase “ Ha da passa’ ‘a nuttata”.

Deciso a riacquistare e restaurare il semidistrutto Teatro San Ferdiando, si cimenta in una serie di recitazioni sul piccolo schermo, e grazie al ricavato, riesce a realizzare il suo sogno.

Di grande rilievo le commedie Questi fantasmi, Filumena Marturano, Mia famiglia,.

Molte delle sue opere sono state tradotte e rappresentate all’estero, mentre negli anni sessanta , per la rappresentazione de Il Sindaco del Rione Sanita’, gli sara’ conferito il premio Feltrinelli.

Al ’73 risale l’ultima fatica del genio partenopeo, ovvero GLI ESAMI NON FINISCONO MAI , che gli varra’ il premio Pirandello.

Le tragedie quotidiane che mette in scena, sono lo specchio fulgido delle vicende umane, diretta conseguenza di un osservazione attenta della realta’ e di un approfondimento psicologico dei personaggi, reso ancora piu’ intenso dalla sua sensibilita’ umana.

Gia’, e veramente il caso di dire a gran voce che il binomio teatro- vita e’ una delle regole imprescindibili del teatro che lui mantenne rigorosamente in vita.

Questa sua disarmante semplicita’ di fare teatro , questa sua semplicita’ autentica che nasce dal costante e travagliato rapporto tra la vita e il desiderio di svelare cio’ che contiene.

La sua anima vaga per le strade di Napoli, e’ in quei vicoli, in quelle piazze, in quei sorrisi, in quei profumi, cammina tra la gente, si diffonde nella brezza mattutina esalata di mare, nel respiro della gente quasi a “ I vuless truva’ pace…”

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui