Una cosa è la sicurezza, altra la percezione. La richiesta è chiara: i cittadini vogliono sentirsi più sicuri. La soluzione dei sindaci non ha evidenti riscontri scientifici, ma basta a dare una percezione di controllo del territorio. E pazienza se il prezzo da pagare, non solo in termini onerosi, è la rinuncia alla privacy.

Il Grande Fratello è tra di noi.
L’ossessione della video-sorveglianza è un misto tra la politica e un giro d’affari per chi lavora nei sistemi di sicurezza, che però non trova comparazione nei dati statistici. Nessuno ci assicura che i sistemi siano così protetti da non potere essere elusi dai criminali. Per fare un esempio tra i tanti, tempo fa sono state danneggiate diverse auto parcheggiate in strada dalle parti della stazione ferroviaria. C’erano le immagini delle effrazioni riprese da una telecamera posta nelle vicinanze ma le forze dell’ordine non hanno potuto utilizzarla a fini investigativi.

Non dico che la video-sorveglianza non serve a nulla, ma come dimostrano svariati episodi queste telecamere hanno un effetto deterrente solo se collegate a dispositivi di reazione immediata. La video-sorveglianza ha un senso compiuto nelle tabaccherie, nelle banche, nelle farmacie. Ovvero in tutti quei luoghi che hanno un circuito collegato con le forze di polizia.

Nelle cronache giornaliere accade che il delinquente viene identificato anche attraverso i filmati delle telecamere, ma sono casi specifici e/o sporadici, in percentuale irrilevante nelle statistiche generali sulla criminalità. Di contro contribuiscono a creare un effetto emotivo portante, di rassicurazione. I sindaci “sceriffi” appaiono rassicurati e rassicuranti quando parlano della video-sorveglianza (450 telecamere nel territorio Cesenate).

In questo modo sfruttano l’impatto emotivo sulle persone, ma gli studi in materia dimostrano tutt’altro. Sarebbe opportuno, invece, investire molto di più sull’illuminazione pubblica e nella cura dell’arredo urbano (attraversamenti pedonali inesistenti e/o invisibili; collegamenti tra piste ciclabili; degrado e/o incuria nei parchi pubblici, ecc…). Solo così si renderebbero determinati quartieri più sicuri e vivibili.

Praticamente stiamo svendendo la nostra privacy in cambio del nulla o quasi. Le telecamere installate dai privati, dovrebbero mantenere le registrazioni al massimo per 48 ore, mentre in ambiente urbano il limite stabilito dal Garante è sette giorni. Sono sistemi a trasmissione remota. Nessuno però ci assicura che i circuiti siano così sicuri e non vi sia il rischio di essere hackerati dai criminali.

A cura del Vice Direttore Ugo Vandelli, segretario generale provinciale Forlì Cesena USIP (Unione Sindacale Italiana Poliziotti)

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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