Da oggi entra in vigore negli Stati Uniti il “Muslim Ban”, l’ultima trovata del presidente Donald Trump. Ma in cosa consiste questa manovra? Sostanzialmente, si tratta di un ordine esecutivo che impedisce temporaneamente l’ingresso negli Usa ai cittadini in arrivo da sei nazioni prevalentemente musulmane: Libia, Iran, Somalia, Sudan, Siria e Yemen.

Ancora una volta, saltando a piedi pari proteste e impedimenti legali (e buon senso), l’amministrazione americana ha promosso quella che ha ritenuto essere una misura necessaria per proteggere il popolo.

Più nello specifico, il bando prevede che potranno entrare negli Stati Uniti soltanto i cittadini dei sei paesi sopracitati, che dimostreranno di avere un legame legittimo negli Usa, ovvero un ricongiungimento famigliare, un interesse lavorativo o la relazione con qualche organizzazione americana come nel caso degli studenti. Per queste categorie di persone varranno le procedure di accesso normali.

Ora, il dettaglio che la Casa Bianca sembra non stare tenendo troppo in considerazione è che questo bando potrebbe essere fortemente in contrasto con il Primo Emendamento, quello che tutela e garantisce la massima libertà religiosa; proprio per questo, l’ultima parola spetterà ai giudici della Corte che a ottobre esprimeranno il proprio parere sulla costituzionalità del provvedimento.

Un altro aspetto che potremmo definire “ironico” prende forma grazie ad un’analisi fatta dal Washington Post: questo “Muslim Ban” non avrebbero salvato alcuna vita dagli attacchi terroristici degli ultimi 20 anni.

Il quotidiano ha infatti creato una lista degli attentatori coinvolti nei 24 attacchi compiuti negli Usa: nessun killer proveniva da Libia, Iran, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Nemmeno nel caso dei dirottamenti dell’11 settembre 2001: gli attentatori erano cittadini di Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Libano.

A cura di Silvia Pari

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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