In Italia, se sei bravo vieni messo alla porta, ancora prima di entrare. Neppure se riesci a superare un concorso (cosa più unica che rara), hai diritto ad un posto di lavoro.

Lo Stato italiano assomiglia sempre di più ad una compagnia di assicurazione che trova tutti i pretesti per non liquidare la somma dovuta. Ed è proprio di un diritto negato che si è parlato a Pavia, in questi giorni. Sì, perché in questa città è stato annullato un concorso per un posto all’Asl come coadiutore amministrativo al Dipartimento di Prevenzione Veterinaria. E non per vizi di forma o perché qualcuno era stato beccato a copiare, semplicemente perché su 64 candidati in gara, solo una persona, una donna, aveva superato il test.

Come si fa ad annullare un concorso per questo? Questi concorsi dovrebbero essere complessi per testare le capacità intellettive dei candidati che vi partecipano, quindi che senso ha annullare un concorso perché era troppo difficile? Per quale motivo si dovrebbe tenere un altro esame? Ai miei tempi, quando andavo a scuola (a dir la verità non è passato poi molto), essere bravi e dimostrarlo sul campo, non era un difetto ma un pregio; cosa è cambiato nel 2016?

La donna che si è vista defraudata di questo titolo, sudato sui libri e in sede di esame, ha deciso di fare ricorso al Tar, per far valere le proprie ragioni. Ma qui il problema è un altro, anzi è sempre quello. E’ inutile continuare a fare esami per questo o quel posto, quando poi chi riesce a trovare uno spiraglio e a passare, viene fermato proprio sulla linea del traguardo. Vogliamo strapparci di dosso l’etichetta di raccomandati, ma puntualmente, quando succedono queste cose, ci ricaschiamo con tutte le scarpe.

In quale Italia crediamo di vivere? Quella giusta, democratica e liberale o in un’ altra spregiudicata, indecente e senza regole? Io opterei per la seconda, anche perché se i giovani italiani (nei quali mi ci metto anche io), continueranno a vedere infranti i loro sogni in maniera così sistematica e ingiusta, si arriverà ad un punto in cui non si crederà più a niente. Perderemo la stima di noi stessi e la voglia di lottare per un futuro migliore. Uno Stato che si rispetti dovrebbe alimentare tutto questo, non abbatterlo. Uno Stato che si rispetti dovrebbe avere cura del proprio popolo, non ridurlo in schiavitù. Uno Stato che si rispetti dovrebbe fare lo Stato, non farsi bello agli occhi degli altri.

Ma noi siamo in Italia, una nazione in perenne contraddizione con se stessa e allora non dobbiamo stupirci più di nulla. Dove andremo a finire continuando su questa strada? Non all’ASL, questo è sicuro.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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