Panoramica della città di Cesena che diede i natali a Renato Serra e Maurizio Bufalini

Domenica 9 aprile si festeggia la Pasqua, una festività celebrata in tutto il mondo, diversa per religioni e tradizioni. Chi vive, ad esempio a Karlsruhe, nella “Città del diritto” tedesca, avrà come protagonista indiscusso, un grazioso coniglietto, amatissimo da tutti i bambini, conosciuto con il nome di “Osterhase”, il quale nasconde le uova colorate nelle stanze e nei giardini di ogni casa in cui vive un bimbo. Tradizione vuole che il fanciullo non possa uscire di casa se prima non avrà concluso la sua lunga caccia al tesoro. Per mia fortuna sono nato e vivo in Italia altrimenti avrei passato giorni e giorni segregato in casa in attesa d’aver portato a termine questa spietata caccia al tesoro da incubo. Qui si mangia pagnotta e uovo sodo a colazione, colomba a pranzo, farcita o meno, chi si cimenta nella prima grigliata della stagione, opta di solito per vini strutturati ma al contempo freschi come il nostro Sangiovese di Romagna.

Il tutto a tavola con la famiglia riunita, allargata anche a parenti rimasti soli per colpa del fato. Poi ci sono gli immobili, quelli che non si muovono o non si possono muovere, fermi, stabili da sempre. Nel caso specifico mi riferisco a due statue anzi, per la precisione, ad una statua e a un busto. La statua rappresenta Maurizio Bufalini, ritenuto uno dei più importanti medici del XIX° secolo mentre il busto raffigura il celebre letterato cesenate Renato Serra, “nell’aiuola che egli vide battuta dalla pioggia in un mattino di nebbia e di malinconia”.

Il silenzio domina la piazza, anzi per meglio dire le tre piazze, ancora soggette a lavori di riqualificazione architettonica e funzionale. I colombi e le gazze la fanno da padrone, con alcune toccate e fughe di merli e passeri per nulla impauriti da gatti tendenti all’obesità e inadatti alle attività ginniche, nonostante le invettive del paladino degli uccelli Jonathan Franzen. Il profumo che fuoriesce dalle finestre aperte al sole di primavera, fa pensare a enormi porzioni di tagliatelle al ragù o al sugo di verdure e a veri e propri mattoni, nel senso che possiedono la stessa proporzione di 1:2:4, ogni lato misura il doppio dell’altro ossia 6x12x25cm, di lasagne fumanti. A fine pasto, per aiutare la digestione, un buon bicchierino di liquore realizzato con erba Luigia, “Il Luigino” citato anche da Giovanni Pascoli per evidenziarne le proprietà organolettiche e digestive date soprattutto dall’ingrediente principale.

Mio nonno lo beveva liscio con un cubetto di ghiaccio. Ma torniamo ai due illustri personaggi che, con la loro continua presenza da oltre un secolo ingentiliscono il centro città, la domanda che si pone un uomo della strada come me, uno che l’agnello lo porta in tavola per sfamarlo a latte e fieno di leguminose, è la seguente: se entrambi potessero oggi tornare in vita quale menù sceglierebbero per trascorre, dal punto di vista culinario, una serena Pasqua? Forse, dico io, farebbero entrambi riferimento al testo di un altro grande letterato romagnolo, l’Artusi, che ha pubblicato oltre ad una interessante biografia di Ugo Foscolo anche il celebre manuale contente 790 ricette immortali dal titolo “La scienza in cucinaL’arte di mangiar bene” ancora oggi la bibbia culinaria più apprezzata anche perché vi si trovano citazioni letterarie da Macchiavelli a Dumas e non solo le motivazioni per cui lo scalogno, negli ultimi tempi, ha scalzato la cipolla dalle padelle dei celebri toque blance televisivi.

In ogni caso, qualunque fosse stata la loro scelta, una cosa è certa, prima di dibattere, confrontarsi o anche scontrarsi su argomenti, i più disparati, avrebbero mangiato perché dalle nostre parti si dice che: “A Penza pina u s’ rasona mej” (A pancia piena si ragiona meglio).

Buona Pasqua a tutti i popolani dotati di cordialità, schiettezza e onestà.

A cura di Marco Benazzi – Foto Redazione

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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