Orfeo Galavotti era nato con la musica che gli scorreva nelle vene e nel suo destino era inevitabile che ci fosse la danza. Tutto ebbe inizio nell’estate del 1974, quando Remo Girardi, vicino di casa Galavotti nonché celebre Maestro di danza folk, propose alla signora Iole, madre di Orfeo, di iscrivere il piccolo erede ai corsi dell’anno che andava ad iniziare.
Orfeo era un bambino molto timido e per convincerlo, anche la madre dovette iscriversi se non altro per dargli un supporto morale. Nell’arco di tre mesi, Orfeo divenne il migliore dei corsisti del primo anno tanto che, da gennaio, passò direttamente al secondo anno. Nel 1980, a sedici anni, Orfeo aveva già in bacheca una serie interminabile di trofei e in camera sua, sopra al comò, campeggiava una gigantografia del suo mito di allora, di oggi, di sempre, Carlo Brighi in arte Zaclén(anatroccolo), considerato il capostipite del ballo folk romagnolo.
A vent’anni era già un maestro di ballo molto richiesto e a trenta fondò la prima di una catena di scuole che ancor oggi furoreggia, situate, perlopiù, all’interno del famoso Triangolo del Folklore, ossia Forlì, Faenza e Ravenna. Il 1° maggio del 1995, mentre si trovava a Brisighella, al seguito di una gara per Under 12, conobbe Natasha Kublenko, una giovane di origine russa trapiantata in Romagna, all’affannosa ricerca di un tal Oreste Miraggi, bagnino riminese conosciuto in patria quando ancora i termini Glasnost e Perestrojka erano lontani dall’essere conosciuti.
È inutile sottolineare che per Orfeo fu amore a prima vista, per questo motivo, si offri di cercare personalmente quell’uomo che, nel bene e nel male, gli aveva fatto conoscere la donna più bella del mondo. Al mattino di buon’ora, invece di riposare dopo le lunghe serate passate nelle sale danza, Orfeo partiva alla ricerca del bagnino scomparso, cominciando dalla Cooperativa Bagnini Riminesi, i quali gli confessarono non solo di non averlo mai avuto tra gli iscritti, ma anche di non averne mai sentito parlare. Passò a Riccione, Cattolica, scandagliando un po’ per volta, tutta la Riviera Adriatica, ma del signor. Oreste Miraggi, non vide neppure l’ombra. Intanto, quella vita, diciamo così, sregolata, gli procurò qualche problema nel lavoro a causa della stanchezza accumulata per mancanza di riposo.
Nel novembre del 1996, mentre rientrava da una serata come tante, un colpo di sonno lo portò ad investire un passante che si rivelò essere un ladro d’appartamenti con ancora la refurtiva nello zaino. Purtroppo, per quest’ultimo, non ci fu nulla da fare. Spirò tra le braccia di Orfeo pochi istanti prima che l’ambulanza giungesse sul posto. Questo tragico avvenimento, sconvolse la vita di Orfeo a tal punto da chiudere ogni porta che conducesse verso il passato. Acufeni psicogeni lo colpirono a causa del forte episodio emotivo e questo lo costrinse a spegnere per sempre quella musica che ravvivava il suo mondo interiore. Si trasferì in Svizzera a La Chaux-de-Fonds, nel canton Neuchâtel nella regione del Giura, la città degli orologi e di Le Corbusier, partecipò ad un Corso di Orologeria Meccanica per poi aprire un suo laboratorio che, nel giro di pochi anni, divenne un punto di riferimento per gli amanti degli orologi a carica manuale e automatici. Con Natasha, i rapporti si interruppero immediatamente dopo l’incidente. Era impossibile continuare a sperare in un rapporto, dopo aver scoperto che il pedone investito altri non era che Oreste Miraggi.
A cura di Marco Benazzi editorialista – Foto ImagoEconomica