All’età di cinque anni, vivevo in pieno centro storico e passavo molto del mio tempo a fantasticare affacciato alla finestra della cucina. Preferivo questo ai soliti giochi da figlio unico, i soldatini e i mattoncini lago, rigorosamente rinchiusi dentro ad un vecchio fustino di detersivo.

La fantasia bambina mi portava a creare storie immaginarie che avevano come protagonisti gli oggetti che osservavo nel quotidiano. In quel periodo, oltre cinquant’anni fa, nel retro della casa dove vivevo, c’era un cantiere edile con tanto di Gru che avrebbe, nell’arco di un anno o poco più, ridisegnato l’intera area urbana.

Mio padre, quando i parenti gli facevano notare che vivevo per troppo tempo immerso nel mio mondo fantastico, rispondeva sempre citando il maestro Gianni Rodari, il quale sosteneva che la fantasia non era un lupo cattivo del quale si doveva aver paura. Il potere dell’immaginazione mi portava a trasformare uno strumento di lavoro come una Gru, in un mezzo di trasporto che mi consentisse di raggiungere le mie amate nuvole. Era la classica Gru da cantiere comandata dal gruista che, ad inizio lavori, guadagnava la cabina, con grande bidone per il trasporto, il braccio sporgeva lontano nel cielo ed era visibile da lontano; la sua altezza imponente e il colore giallo brillante la rendevano, non solo a miei occhi, una vera attrazione.

Mi vedevo trasportato all’interno del bidone verso la punta, con la carrucola che faceva scorrere il cavo d’acciaio, dall’alto del mio punto d’osservazione seguivo le segnalazioni, a terra era posizionata la piattaforma d’alzata e tutto questo, appresi poi, contribuì a favorire lo sviluppo dell’immaginazione e inconsciamente mi aiutò a contestualizzare un’attività.

Il venerdì pomeriggio, il gruista, che di nome faceva Elio, dalla cabina saliva fino al braccio per poi percorrerlo fino alla punta estrema con il compito di ingrassare la carrucola. Potevano essere una trentina di metri di lunghezza per un’altezza di circa quaranta. La sua camminata sospesa da “duro” alla John Wayne era interminabile e lo fece entrare dal portone centrale nel mio immaginario personale. È stato il primo e unico Supereroe che ho incontrato in vita mia e ancora oggi, quando vedo una gru a riposo, nei giorni di festa o dopo la smessa lavori, rivedo il signor Elio camminare col passo spavaldo di chi, senza imbragatura, procedeva senza alcun timore dell’altezza.

Trent’anni dopo, ad una rassegna legata alla nuova cinematografia argentina, mi capitò di assistere alla proiezione di un film dal titolo “Mundo Grua”, che raccontava le vicende di un ex bassista di una rock band rimasto senza lavoro che, ad un certo punto, s’improvvisa gruista il quale, nonostante si rendesse conto d’essere un perdente senza alcuna speranza, viveva la sua vita all’insegna di una forte autoironia con la quale mi trasmise la sua carica vitale colma di umanità. Oggi, quando passo sotto il braccio di una gru, alzo sempre lo sguardo al cielo e lancio un accenno di sorriso consapevole che il mio Supereroe ha da tempo spiccato il volo con l’obbiettivo di domare, alla maniera di John Wayne, Morning Glory, una nuvola lunga un migliaio di chilometri che si trova a seicento metri di altitudine, famosa per le sue turbolenze e l’imprevedibilità.

A cura di Marco Benazzi – Foto ImagoEconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui