Un anno fa, durante una notte alcoolica a base di birra gelata e vino bianco frizzante in un chiringhito a Lido di Volano, nel cuore del Delta del Po, incontrai un noto regista teatrale il quale, in preda ai fumi dell’alcool, mi raccontò il segreto del suo successo. Sessant’anni, Lamborghini Urus giallo limone di Sorrento, capelli lungi trattati accuratamente con gel alla cannella e compagna di trent’anni più giovane, contorsionista di origini bellunesi.

Aveva ottenuto un enorme successo riproponendo in tournée lungo tutto lo stivale, una stagione teatrale con testi classici sul modello di quella realizzata a San Francisco dalla Drunk Theatre Company¹. Ma il suo successo, a detta sua, lo doveva esclusivamente alla giacca di pelle che, nonostante le temperature da girone infernale, portava sempre con sé. Era segnata dall’usura del tempo, lunghezza ¾, a quattro bottoni e il suo colore era il tipico marrone stercobilina, il pigmento che conferisce alla merda la sua colorazione caratteristica.

Alberto Frisone, così disse di chiamarsi, si era avvicinato al teatro dai tempi della scuola elementare, grazie alle insistenti pressione di sua madre Lucilla, sarta teatrale a domicilio infatuata fin dalla giovane età dell’attore e conduttore televisivo Alberto Lupo, celebre per oltre un ventennio anche grazie alla sua voce calda e profonda. Alberto, fece un lungo percorso di formazione passando per l’Accademia del Gozzo con sede a Filottrano diretta da Sergé Buton, un regista canadese che campava realizzando spot pubblicitari indirizzati al mercato francese, e il Laboratorio del diaframma, fondato a Monte Porzio Catone nel 1968 da Pierluca Assirelli Farnese, un figlio di papà con spiccate velleità artistiche che sosteneva d’aver impartito lezioni anche a Carmelo Bene.

Alberto Lupo con Mina e Raffaella Carrà

Grazie ai cinque anni dedicati alla sua formazione artistica, venne scelto come testimonial di un noto lassativo per adulti di origine vegetale e questo contratto gli consentì di continuare a cercare la sua vera strada artistica senza patemi. Un giorno rischiò d’essere investivo sulle strisce pedonali da una motocicletta con a bordo due rapinatori in fuga e, visto il pericolo scongiurato, decise di farsi un regalo. Pensò in maniera approfondita a quale potesse essere l’oggetto portafortuna più adatto a lui, e dopo qualche tentennamento optò per una giacca di pelle. Si diresse verso la boutique più chic della città e, addosso ad un manichino taglia 52, individuò il capo che avrebbe cambiato per sempre il suo destino.

Purtroppo, il destino si sveglia almeno tre minuti prima di noi, e quella giacca color nero ribelle, finì nelle mani del direttore del Consorzio di Bonifica della Media Pianura Bergamasca. Alberto, fu costretto a scegliere lo stesso modello ma del colore che sapete. Il giorno seguente la indossò per recarsi ad un provino teatrale e, guardandosi allo specchio prima di uscire di casa, ebbe la folgorazione: quella era la giacca dello stesso colore che indossava Tyler Durdern, personaggio interpretato da Brad Pitt in Fight Club, e spinto dall’entusiasmo si presentò all’audizione con un celebre monologo² tratto da quel film.

Inutile dirvi che fu un successo e da quel giorno le azioni del giovane Alberto Frisone cominciarono a salire vertiginosamente fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il color merda fu determinante per il prosieguo della sua carriera, d’altra parte in teatro, in occasione di un debutto, è consuetudine ancor oggi augurare tanta merda o merda, merda, merda.

¹ – Cinque attori in scena. Uno di loro, che ogni sera cambia, beve cinque short di brandy Vecchia Romagna etichetta Oro. Poi tutti e cinque tentano di recitare un’opera teatrale seguendo, il più possibile, il testo originario.

² – “Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante merda del mondo!” (Tyler Durdern (Brad Pitt), Fight Club).

A cura di Marco Benazzi – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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