Leggendo i dati pubblicati dall’Osservatorio Nazionale morti sul lavoro, attivo dal 2008, nel periodo 1° gennaio 2008 – 31 dicembre 2022, sono morti complessivamente 19.519 lavoratori, di questi 9.489 sui luoghi di lavoro i rimanenti con itinere e sulle strade.
Circa 20.000 persone in 15 anni, hanno interrotto il loro percorso vitale lasciando come ultima immagine, al mondo lavorativo che li aveva accolti, spesso tutelandoli solo in maniera apparente, quella di una massa informe nascosta, come forma di rispetto, da un bianco lenzuolo. Le statistiche, fredde come il marmo che accoglierà le vittime di questa strage quotidiana silente, ci dicono che, dal 1° gennaio al 31 luglio 2023 ben 559 lavoratori sono usciti di casa per andare a lavorare e non vi hanno fatto più rientro. La media è di 80 morti bianche al mese, circa 20 a settimana, quasi tre al giorno.
Ora cercate di estraniarvi dalla vostra quotidianità lavorativa che, come capita al sottoscritto, è quella di un privilegiato aiutato da una notevole dose di fortuna, e immaginatevi abitanti del Comune di Castromurro, il quale dopo l’ultimo censimento, dati alla mano, aveva una popolazione di 20.114 abitanti. Ora, ipotizziamo che 15 anni fa, per motivi di lavoro, vi siate dovuti trasferite, con armi e bagagli, in una delle tante metropoli disseminate lungo lo stivale, e proprio oggi, venerdì, 1° settembre 2023, abbiate deciso di tornare, con il vostro compagnə a far visita, dopo tanto tempo, ad amici e parenti, portando con voi quella paura che è tipica di chi teme di non riconosce più le strade che appartenevano alla vostra geografia del cuore, ai luoghi soffocati dallo Tsunami della modernizzazione globale, che vi ha privato della bottega di Gusto e Lina, dove acquistavate il prosciutto più dolce del mondo, scambiando due chiacchiere sul tempo e la politica, o della rivendita di giornali del vecchio Carletto, un comico di estrema bravura, che ogni mattina aveva il compito di donare un sorriso ai clienti e a chi gli si rivolgeva per bisogno; per non parlare del “Caffè Floriana”, dove era possibile ottenere anche un espresso moka, (originale “Bialetti” senza l’omino) a metà prezzo rispetto a quello realizzato con la mitica “Faema E61” e i bomboloni “comunisti”, chiamati così dal titolare, il signor Osvaldo, perché nell’impasto pretendeva, da Gigetto il pasticcere di fiducia, il quale politicamente era da sempre vicino “all’edera sempreverde”, una dose abbondante di rosolio.
Poi, parenti a parte con i quali un minimo di contatti, nelle feste comandate, avete mantenuto, c’è il terrore della perdita degli amici d’infanzia, quelli con i quali avete vissuto l’infanzia e l’adolescenza, anni spensierati pieni di progetti e sogni che, con il passaggio all’età adulta, la quale notoriamente inizia quando un bambino vi si rivolge chiamandovi “signorə”, svanirono all’alba lasciandovi quel retrogusto amarognolo sul fondo del palato e uno sguardo tipico di chi vede il mondo, giorno dopo giorno, perdere colore a discapito di un bianco e nero con profondità di campo quasi infinita, come se foste intrappolati in una fotografia stenopeica.
Bene, nonostante i tanti tabù, riuscite ad arrivare nella piazza principale di Castromurro, ma a differenza di ciò che pensavate, la cittadina che vi ha dato i natali e che vi ha protetto per tanti anni, è diventata una “ghost town”. In questi casi, dopo l’inevitabile choc iniziale, comincerete a pensare ai motivi più logici che possono portare a creare una città fantasma, come il fallimento dell’economia locale o l’esodo della popolazione verso zone economicamente più favorevoli, o conseguenti a guerre o calamità naturali. Ma la verità, purtroppo, è legata ad una strage che si ripropone, sistematicamente, annientando una media di oltre 1.340 persone all’anno.
Castromurro è la città simbolica che ospitava quei circa 20.000 morti sul lavoro e che oggi deve diventare l’ultima città popolata di fantasmi che indossano quel lenzuolo bianco, simbolo di purezza ma anche di morte. Sarebbe bello esporre dalle nostre finestre o dai balconi, un lenzuolo con una macchia rossa e la scritta “Mai più un’altra Montemurro!”
A cura di Marco Benazzi – Foto ImagoEconomica