La chiamavano “The Iron Lady” , a lei andava bene, anzi benissimo, e lei, Margaret Thacher , una volta, in conferenza stampa disse a una giornalista francese:
cosi’ tutti capiranno alla svelta che con me non si scherza. Meno le piaceva essere chiamata“ un Churchill in gonnella” come accadeva ai piani alti di Bruxelles, non perche’ Winston Churchill non fosse per lei un adorato punto di riferimento politico, ma perche’ in tal modo il suo essere donna veniva in qualche modo svilito, come se fosse necessario invocare un marchio di fabbrica maschile.

Di lei e’ stato detto e scritto fin troppo, da chi l’ha ammirata e amata, come chi non ha modificato nel tempo un giudizio severo, il costo sociale del liberismo economico, l’amicizia con Pinochet, un approccio all’Europa favorevole solo in caso di profitto. Una giornalista del Corriere della sera, Elisabetta Rosaspina, ha scritto una interessante biografia sul suo conto, in cui non trascura il continuo confronto dei pro e dei ma che hanno caratterizzato la sua “ rivoluzione conservatrice” condivisa per molti versi con l’americano Ronald Reagan, la sua vittoriosa follia di andarsi a riprendere le Falkland dall’altra parte del mondo, sfruttando l’estremo provincialismo di un generale argentino, i quasi dodici anni al potere anticipando, ma con talento assai maggiore, quella che fu la filosofia di Trump sull’America First, e infine la trappola tesa dal buon Andreotti al Consiglio di ottobre 1990, quando senza grazia le fece capire di essere rimasta sola.

Ma in quella biografia non c’e’ solo la politica ma anche la donna!
I suoi tormenti intimi e personali: la Maggie che preferisce due gemelli, perche’ sottrarranno meno tempo di due figli alla sua ascesa politica, calcolatrice nei rapporti con i possibili mariti, anche con il prescelto Denis Thacher, e poi ancora lei costantemente impegnata nella riscossa sociale, dopo essere stata inizialmente emarginata perche’ “ figlia del droghiere”.

Che dire, una persona piu’ complessa di quella macchina da guerra a cui la stampa ci ha abituati. Molte politiche e idee thatcheriane sono ancora vive in Gran Bretagna, la cosa forse piu’ curiosa e paradossale e’ che i britannici hanno ereditato da quel periodo storico l’euroscetticismo britannico.
Miss Thacher aveva ben presente i vantaggi economici che derivavano dal far parte del mercato unico, pur opponendosi sempre alla cessione di alcune parti di
sovranita’ nazionale verso la comunita’.

L’attuale premier britannico punta su un mix di populismo nazionalista e virate al centro per superare il record degli 11 anni e mezzo della lady di ferro, ma deve
fare i conti con le conseguenze della brexit sull’economia. Impossibile fare un analisi completa dell’esperimento thatcheriano in poche righe.
Molti sono gli aspetti da valutare, tuttavia l’elemento interessante e’ legato al fatto che la Gran Bretagna e’ stata ed e’ uno dei pochi casi di un paese che sa invertire
la rotta. La Thacher, a differenza dei politici italiani di allora, ebbe il coraggio delle proprie azioni.
Nel pieno delle contestazioni durissime che ella subi’, amava ripetere: “vado avanti, la storia mi dara’ ragione”.
Chissa’? Chi vivra’ vedra’. Messaggio ai politici italiani: sicuramente avere una “ vision” resta l’unica soluzione!
Attendiamo “fiduciosi”!

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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