Il terremoto nelle Marche che colpì anche l'Umbria

L’Italia piange dopo l’ennesima catastrofe naturale che ha spazzato via, nella notte di due giorni fa, intere città in Abruzzo, provocando ingenti danni anche in altre 3 regioni, Lazio, Marche e Umbria.

Mentre la Protezione Civile e tantissime altre forze sono impegnate per cercare di recuperare altri corpi, magari ancora vivi sotto le macerie del terremoto, e i volontari fioccano da ogni parte d’Italia, pronti generosamente ad aiutare, donando anche sangue, i più si interrogano sulle cause di questi continui terremoti che continuano a portare via, soprattutto in Italia tutto ciò che incontrano nel loro cammino.

Chiaro, alla natura non si comanda, e un sisma quando arriva non si ferma, anche perchè l’Italia è una zona molto sismica con regioni come Abruzzo, Marche, Friuli molto a rischio.

Eppure anche il Giappone convive molto più spesso che noi con questi fenomeni, talvolta immensamente più violenti; ma non sentiamo voci di oltre 250 morti e di così tanta devastazione.

Ci deve essere qualche falla da qualche parte, e non è tanto nella scarsa educazione sismica dei cittadini, i più dei quali non sanno esattamente cosa devono fare quando capitano queste sciagure, ma qui si parla di prevenzione quando si costruiscono gli edifici.

Il 60 per cento degli edifici in Italia è molto datato, costruito prima del 1971. Di questo 60 per cento, 2,1 milioni di case sono state definite in condizioni mediocri, quando fortunati ,pessime negli altri casi.

Il prezzo delle case è molto alto, da sempre, oggi un pò meno, ma la prima cosa da verificare è se l’edificio è antisismico, come quelli che costruiscono in Giappone, appunto.

Molti ingegneri edili, purtroppo  sopraffatti da interessi economici realizzano costruzioni veramente pericolanti,  e questi sono i risultanti, case pericolanti e milioni di Euro poi utilizzati nella ricostruzione che si potrebbero risparmiare con costruzioni più sicure.

Urge un regolamento più ferreo perchè disastri del genere non devono più accadere.

A cura di Giacomo Biondi

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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