Il 3 marzo ’74 il Bologna va a giocare a Torino contro la gran Dama Sabauda, la Signora Omicidi, la Juve, tanto per capirci. La partita sembra segnata: la Juve è in lotta per lo scudetto, Pesaola conduce i rossoblu in un placido centro classifica, salvo poi vincere la seconda Coppa Italia a Roma contro il Palermo ai rigori. Bene, in quell’occasione fanno il loro esordio due giocatori del vivaio: Eraldo Pecci e Franco Colomba, entrambi del’55.

Pecci è un romagnolo grassottello che ha già disputato 2 partite in Mitropa, alla fine del’ 72 diciassettenne, pensate un po’: contro squadre mitteleuropee di scarso appeal, fra cui i magiari del Tata Banya Budapest: il ragazzo ha molta personalità, la lingua sciolta ed un vivido senso tattico. Si dice che al “monumento” Bulgarelli abbia detto, scherzando ma non troppo: “ehi, vecchio, quand’è che ti fai da parte?”.

Questo per farvi capire che presunzione e coraggio non gli mancavano.

Colomba è più timido, ha un sinistro che canta, è più elegante, è un giovane piacente che fa impazzire le ragazzine dell’epoca. Ma torniamo a Pecci, detto “piedone” (45 o 46 per 1,70 scarsi non è da poco), disputerà 106 partite in rosso blu (dal ‘86 al ‘88 in serie B) e sboccia nel torneo ‘74-‘75 (dopo aver messo a segno un rigore decisivo nella finale di Coppa già succitata contro il Palermo) in concomitanza con il declino previsto di Giacomo Bulgarelli.

In estate Pesaola, immaginando che il Monumento (Bulgarelli) non ha molto più da spendere con le ginocchia ormai martoriate da una lunghissima carriera (ricordate l’infortunio con la Corea?), pretende l’acquisto del regista ex viola ed ex Cagliari Mario Brugnera. Costui, classe ‘46 dovrebbe prendere il posto di Giacomo, ma si presenta sotto le Due Torri completamente fuori condizione (la pancetta è da commendatore, non da un 28-enne motivato) e allora Pecci è subito pronto a prendergli il posto, vispo, furbo e bravo com’è.

Il Bologna è già riuscito a farsi eliminare in Coppa delle Coppe dai Carneadi polacchi del Gwardia Varsavia, Brugnera continua ad essere fuori condizione e Bulgarelli è indisponibile: la piazza è in fermento, in estate il Bologna di Conti, allora munifico, si disinnamorerà praticamente del calcio un po’ alla volta. Ha acquistato 2 giocatori importanti, il difensore azzurro Bellugi e il centrocampista genoano Maselli.

Al comunale il 06/10/1974 scende la Juve contro cui Eraldo da San Giovanni in Marignano nei pressi di Cattolica, ha debuttato il 3 marzo dello stesso anno. Sembra un veterano, dirige il gioco sui corners, si mette sulla linea di porta, urla, fa capire che la personalità di cui lo si accredita, c’è tutta. In porta del Bologna c’è Buso, Zoff è a guardia della rete bianconera: gran goal di Savoldi, pareggia subito Anastasi e al 72-esimo Cresci, un difensore con una spingardata infila il portiere bianconero nonché nazionale. Poi Buso parerà un rigore tirato dallo specialista Cuccureddu e i 45 mila dello Stadio ai piedi di San Luca escono festanti.

Incontro Sandro Ciotti che mi dice “quel ragazzotto farà strada, ha i piedi buoni”. Il mitico Sandro non sbaglia. 25 partite per Eraldo in quel torneo che vedrà il Bologna terminare al settimo posto con un paio di convocazioni (Pecci e Massimelli) nell’under 23. Sembra che il futuro del regista rossoblù al posto di Bulgarelli e del deludente Brugnera che tornerà al Cagliari, sia ormai scritto: chi se non Eraldo Pecci, anni 20 ormai quasi “sfacciatamente” esploso?

Invece nell’estate del ‘75 Conti depaupera la squadra dei suoi 2 giocatori più rappresentativi e cioè il centravanti Beppe Savoldi ceduto al Napoli per circa un miliardo e 400 milioni, oltre al ritorno di Clerici ormai al lumicino e l’arrivo di Nanni, di Rampanti, un sardo che ha sempre fatto bene sia a Torino che a Napoli.

A Bologna sarà un flop. La gente è infuriata, ma i giochi sono fatti, purtroppo, anche perché oltre a Savoldi viene ceduto per soli 800 milioni paventando ipotetici malanni alla schiena che si riveleranno letteralmente infondati, proprio Pecci al Torino che nel ‘76, l’anno successivo, conquisterà il settimo scudetto, raggiungendo Bologna nel numero degli allori in Campionato. E’ il grande Toro di Sala, Pecci, Graziani, Zaccarelli e Pulici.

Nel 1981 Pecci è ceduto alla Fiorentina poi passerà al Napoli di Maradona. Pecci non perde un colpo né a Firenze, città che tuttavia non ricorda con particolare entusiasmo, né a Napoli. Nel 1986 con il Bologna in B Pecci, 31 anni, ma ancora molto valido, torna sotto le Due Torri, ma è nell ‘87-‘88 (gestione Maifredi) che Eraldo conduce da chioccia un numero di giovani portati da Corioni dall’Ospitaletto (Cusin, De Marchi, Monza ecc.) ad una promozione con la fanfara, abbinata ad un gioco scintillante.

Nell ‘88-‘89 è di nuovo in serie A: Pecci contribuisce corposamente ad una sofferta salvezza, ben supportato dal bolognese Fabio Poli, un’ala di grande tecnica, non esente dal vizio del goal. Nel ‘89-‘90 Maifredi, pur non vedendo di buon occhio l’acquisto dell’anno, il brasiliano Geovani, promuove Stringara come regista, in pratica facendo fuori Pecci che andrà a tirare gli ultimi calci al Vicenza, dove allena Romano Fogli, ma il toscano viene esonerato ed Eraldo, disgustato, lascia il calcio quando potrebbe ancora dire autorevolmente la sua parola.

Nel 1993 (ci avviamo all’epilogo) Pecci, auspice Gazzoni, è Direttore Sportivo e porta sotto le Due Torri, Alberto Zaccheroni, un 40-enne che ha fatto vedere buone cose al Venezia, fra l’altro una promozione dalla C alla B. Zaccheroni non ingrana, perché all’inizio la società non apre i cordoni della borsa e Pecci, all’esonero dell’ amico pianta baracca e burattini. Un uomo tutto di un pezzo, in un mondo sempre più ipocrita, ma l’ex ragazzo di Romagna ha una sola parola e pretende dagli altri giustamente lo stesso comportamento.

A cura di Giorgio De Leca Montebugnoli editorialista – Foto Vittorio Calbucci

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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