Stefano Di Battista inizia a studiare il sassofono all’età di tredici anni dopo aver ascoltato per la prima volta, durante il saggio di fine anno alle medie, quello che diventerà il suo strumento dal vivo da un ragazzo di un anno più grande di lui appassionatosi al jazz con l’ascolto di Art Pepper.

Di Battista si iscrive al conservatorio e consegue il diploma con il massimo dei voti all’età di 21 anni. Incomincia poi a suonare in diversi gruppi e nel 1992 incontra per la prima volta il musicista Jean Pierre Como che lo invita a Parigi. Da qui è partito il grande legame musicale e umano che il sassofonista romano ha tuttora con la Francia, dove sarà fondamentale per la sua carriera musicale l’incontro con il batterista Aldo Romano.

In Francia è apprezzato, in questo contesto e in questa occasione nel 1992 si trova, quasi per caso a suonare al Calvi Jazz Festival, dove ha in questa occasione la possibilità di conoscere per la prima volta dei musicisti francesi. Per Stefano è una rivelazione tant’è che al suo arrivo si trova bene e inserito in questo contesto ha l’impressione di esservi nato. Comincia, così a viaggiare spesso tra Roma e Parigi, moltiplicando le sue audizioni in modo da procurarsi ingaggi.
Arriva a vivere un tour di due concerti al Sunset della capitale francese con un trio formato da Roberto Gatto il batterista è dal contrabbassista francese Michel Benita. Il batterista però rinuncia all’ultimo momento e viene sostituito da Aldo Romano, che viene colpito dallo stile seducente di Stefano Di Battista. Nasce così subito una forte intesa da cui si svilupperà una solida amicizia. La seconda serata Stefano Huchard è alla batteria ed invita Laurent Cugny prossimo alla dirigenza della formazione, dell’Orchestre National du Jazz: in questa occasione Stefano Di Battista viene assunto immediatamente e la sua vita è la carriera cambia in due sere fantastiche.

Siamo nel 1994 e la carriera di Di Battista decolla a Parigi, dove si stabilisce e inizia la sua vita sfrenata.
Dalla partecipazione al progetto del batterista Aldo Romano scaturiscono due registrazioni discografiche “Prosodie” e “Intervista” e della presenza della formazione de l’Orchestre Nationale du Jazz, continua ad incontrare gente, tiene altri concerti in trio con Daniel Humair e J.F. Yenny Clarck, suona con musicisti americani di passaggio come Jimmy Cobb, Walter Broocker e Nat Adderley. Ad un certo punto la carriera del sassofonista romano è a una svolta: fondamento dei vari gruppi di Aldo Romano, membro del sestetto di Michel Petrucciani, Stefano Di Battista pensa seriamente alla realizzazione di un progetto che porti il suo nome proprio.

Giunge così nel 1997 il suo primo album per la label Bleu intitolato “Volare” che lo vede al fianco di Flavio Boltro alla tromba, Legnini al piano, Benjamin Henocq alla batteria e Rosario Bonaccorso al contrabbasso.
Nel 1998 arriva il suo primo ingaggio per la storica label americana Blue Note per la quale produce l’opera discografica “A Prima Vista”, accompagnato dalla stessa formazione di musicisti, che diventa il suo gruppo ufficiale.
Nel luglio del 2000 viene pubblicata la registrazione di un disco magistrale dove Stefano è affiancato dall’incomparabile presenza del batterista Elvin Jones che fu il batterista del sax tenore John Coltrane, Jacky Terrasson al piano e Rosario Bonaccorso al contrabbasso. Il nuovo lavoro discografico ottiene grandi riconoscimenti da parte della critica internazionale; vince inoltre il prestigioso premio francese Telerama, classificandosi al primo posto nelle classifiche europee come disco più venduto.

Nel 2002 esce un nuovo lavoro discografico dal titolo “Round ‘bout Roma”, un tributo alla propria città. Tre anni dopo il sassofonista romano pubblica una nuova opera discografica “Parker’s Mood“, un tributo a Charlie Parker, seguito da “TroubleShootin’ “. Nel 2005 partecipa al Festival della Canzone Italiana a Sanremo assieme alla moglie, la cantante Nicky Nicolai con il brano “Che mistero è l’amore” conquistando il 4° posto nella classifica finale dei vincitori dei gruppi.

Attualmente è leader della formazione “Stefano Di Battista Quartet“, noto gruppo composto da Amedeo Ariano, J.O. Mazzariello e Dario Rosciglione.
La band è presente dal 2005 al 2008 nel programma televisivo di Canale5, “Il senso della vita“, condotto da Paolo Bonolis.

Stefano Di Battista ha lavorato inoltre al progetto per le musiche dello spettacolo teatrale dell’attore Alessandro Preziosi “Datemi tre caravelle”, basato sul viaggio alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo. Varie inoltre sono state le collaborazioni con i cantanti italiani, nel primo progetto discografico dell’artista Claudio Cusamano e inoltre ha suonato nel disco “Dormi amore, la situazione non è buona” del cantante Adriano Celentano. E’ stato ospite del Festival della Canzone Italiana a Sanremo con il gruppo dei Tiromancino. Un anno dopo nel partecipa ancora al Festival di Sanremo con la moglie Nicky Nicolai portando un brano scritto dal cantante Jovannotti dal titolo “Più sole“. Altre collaborazioni che il sassofonista romano ha avuto durante la sua vita artistica e quella con i cantanti di Musica Leggera da Renato Zero e Claudio Baglioni nel brano “Tutto l’amore che posso”.

Ma le sue collaborazioni vanno anche ai musicisti di estrazione jazzistica internazionali e qui sono molto vaste, si annoverano i nomi di Fabrizio Bosso, Paolo Di Sabatino, Michel Petrucciani, Elvin Jones, Nat Adderley, Greg Huchinson, Ada Montellanico, Roberto Gatto, Rita Marcotulli, Flavio Boltro, Jacky Terrasson.

Nel 2021 arriva un nuovo lavoro discografico di Stefano Di Battista dedicato al Maestro Ennio Morricone
“Morricone Stories” pubblicato nell’aprile del 2021 su label Warner Music. Uno speciale omaggio al grande compositore di tante belle colonne sonore e Premio Oscar.

Il sassofonista romano, in un’intervista al quotidiano Il Manifesto dice: “E’ un riconoscimento a Ennio Marricone con rilettura tratte dal suo repertorio.”In studio tutti i miei fantasmi, da Coltrane a Parker, cercavano di impossessarsi del mio modo di suonare. Li ho dovuti placcare, perché il Maestro esigeva disciplina. Ci ha insegnato a legarci le scarpe.”.

Nonostante i suoi viaggi verso la Parigi notturna, Stefano resta profondamente legato alla sua Roma imperiale, in special modo a Tor Cervara, dove ha deciso di portare avanti il ristorante ereditato dai genitori. Musicista e ristoratore, non certo la miglior condizione di questi tempi sostiene: “Non l’avessi mai fatto e successo di tutto! Ma è una promessa che va mantenuta. Io la prendo con filosofia, non essendo un imprenditore, ma sono molto preoccupato per i dipendenti” confessa.

Proprio la romanità è stata tra i collanti della sua amicizia con Ennio Morricone, nata nel 2007 e subito battezzata da un dono. Metti una sera a cena, col Maestro che chiede al sassofonista: “C’è l’hai lo strumento? Prendilo, che ti scrivo un pezzo“. Così nasce Flora, brano dedicato alla figlia di Stefano e Nicky Nicolai, inciso per la prima volta proprio in questo nuovo album appena pubblicato, Morricone Stories (Werner Music), con cui Di Battista ricambia l’omaggio. Continuando a passeggiare ritrova immagini legate a un uomo la cui semplicità è distillata di tanti piccoli momenti – C’è lo vedi, Ennio Morricone, che scende dalla mia macchina e blocca il traffico per farmi parcheggiare?” – in un ventaglio di emozioni così ampio da concedere spazio alla paura. “Nell’ultima fase della sua vita il Maestro sapeva di questo progetto e non nascondeva i dubbi su come un jazzista potesse affrontare la sua opera.

Forse temeva la troppa libertà, e di conseguenza io stesso avevo paura a improvvisare sulla sua musica. Ma volevo colpirlo, piacergli, fargli vedere con quanta disciplina avrei affrontato il lavoro. Poi in sala d’incisione compaiono sentimenti di segno totalmente opposto: “Un entusiasmo talmente pazzesco da essere preoccupante! Tutti i miei fantasmi, da Coltrane a Parker, cercavano di impossessarsi del modo di suonare. Lì ho dovuti placare, perché il Maestro esigeva serenità e disciplina. Certo, in alcuni come Veruschka e Metti una sera a cena mi sono lasciato andare di piu; “in Peur sul la ville ho addirittura fischiato, come si fa in tante delle sue musiche”.

Disciplina e rispetto, parole chiave del disco inciso insieme a Fred Nardini al piano, Daniele Sorrentino al contrabbasso e Andrea Ceccarelli alla batteria: “Con Fred abbiamo analizzato le partiture meravigliandoci della loro assoluta perfezione. C’era tutto il linguaggio di Ennio Morricone motivi giocati sulle terze e sulle quinte, le cadenze evitate che tanto amava, le progressioni melodiche voce cicli infiniti”.

Da Broadway, regno degli standard jazz, a Cinecittà, per un repertorio le cui difficoltà, osserva Di Battista, “più che tecniche sono psicologiche, proprio in virtù del mio rapporto umano con lui”. Da dove partire per un improvviso su questi temi? “Da un lungo respiro”, risponde, evocando l’immagine di un treno su cui salire al volo. Respirare dentro la melodia, farla propria: “Non puoi limitarti a leggerla sullo spartito… non se può fa!”.
Una catarsi per Stefano, “tanto più che in momenti come questo ti viene da chiederti se sei ancora in grado di fare musica”. Facile prevedere che saranno gli ascoltatori a fugare i suoi dubbi, come fece quella signora francese che alla fine di un concerto gli disse: “La vostra musica, Montieri, migliora decisamente la qualità della vita”.
(IL testo virgolettato è tratto dal quotidiano Il Manifesto: “Stefano Di Battista, nel respiro di un sax”, di Francesco Brusco, edizione del 03/04/2021 pubblicato il 03/04/2021 ore 00:20).

A cura di Alessandro Poletti – Foto fonte Repubblica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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