La Procura di Palermo non ha appellato l’assoluzione dell’ex ministro Dc Nicola Mancino, imputato al processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia. L’ex politico era accusato di falsa testimonianza. I pm ne avevano chiesto la condanna a 6 anni di carcere. Il termine per l’impugnazione scadeva oggi: l’assoluzione di Mancino è quindi definitiva. Per Nicola Mancino dunque né la procura né la procura generale di Palermo hanno appellato la decisione della Corte d’assise che, il 20 aprile scorso, aveva scagionato l’ex presidente del Senato ed ex vicepresidente del Csm dall’imputazione relativa a una presunta falsa dichiarazione resa nel processo Mori. La sentenza non è più appellabile, nella parte riguardante solo Mancino.

Gli altri condannati hanno impugnato – Per il resto tutti gli altri imputati sono stati condannati e hanno impugnato. Loro rispondono di minaccia aggravata a Corpo politico dello Stato e hanno avuto pene molto pesanti: si tratta dei boss Leoluca Bagarella (28 anni) e Nino Cinà (Toto’ Riina, pure imputato, è morto lo scorso anno), di Massimo Ciancimino (8 anni per calunnia aggravata e di un’accusa poi caduta, quella di concorso in associazione mafiosa), Marcello Dell’Utri (12 anni), e degli alti ufficiali del Ros dei carabinieri Mario Mori (12 anni), Antonio Subranni (12 anni) e Giuseppe De Donno (8 anni).

Il pentito Giovanni Brusca ha beneficiato della prescrizione. Mancino: avevo fiducia che la procura non facesse appello “Letta la motivazione della sentenza di assoluzione che riguardava la mia falsa testimonianza, avevo fiducia che la Procura di Palermo non facesse appello e registro che effettivamente oggi la Procura non ha presentato appello”. Lo ha detto all’Adnkronos l’ex Presidente del Senato Nicola Mancino commentando la decisione della Procura palermitana di non presentare appello alla sentenza di assoluzione nel processo sulla trattativa Stato-mafia.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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