Così come previsto dalle direttive Uefa si dovrà – non si potrà – giocare, se almeno tredici calciatori saranno disponibili. Ottimismo e possibilismo, che però lasciano adito a qualche perplessità. Oltre ad una questione specificatamente sanitaria (difficile prevedere l’andamento della curva dei contagi da qui alla fine del campionato), resta aperto il problema della “gestione” dell’ordine pubblico.
Per rendere “sicuro” l’accesso agli impianti, chiunque vi acceda deve sottoporsi al controllo della temperatura, rispettare il distanziamento, fatto non trascurabile, adottare un atteggiamento consono per il corso di tutto l’evento sportivo: teoricamente niente grida, niente abbracci, nessun tipo di contatto. È umanamente impossibile, così com’è in sostanza improbabile porre in essere un rigido controllo nei confronti di una presenza numerosa e dispersiva.
Comunque sia, chi dovrebbe vigilare? È abbastanza agevole immaginare le difficoltà di tale ingrato compito. Lo stadio non è la carrozza di un treno e non è la sala di un ristorante; nella migliore delle ipotesi in questo periodo l’impianto sportivo si presta a radunare diverse persone. Tuttavia alcuni club della regione Puglia hanno comunicato il loro rispettivo “protocollo” da applicare in caso di riapertura degli stadi avvalendosi della supervisione di alcuni scienziati.
Gli stadi hanno norme restrittive, in tal senso si possono applicare dei distanziamenti ben controllati. Se la curva dell’epidemia nel nostro Paese non dovesse nuovamente aumentare, a dir loro, sarà possibile valutare la possibilità di riaprire. L’augurio è che questo protocollo possa fare rivedere a breve gli spettatori negli stadi. Il governatore della Puglia, promotore di tale ipotesi, ha portato a modello la gestione della sua regione: “La Puglia aveva già aperto diversi settori, come feste patronali e sagre, gli stadi potrebbero essere gestiti in sicurezza e alla stessa maniera.
È preferibile un’attività controllata piuttosto che lasciare languire interi settori in grandissima difficoltà, senza, tra l’altro, che nessuno intervenga per rifondere i danni che ne derivano. I dati della Puglia sui contagi sono idonei a prendere in considerazione la proposta dei club di Bari e Lecce”.
Nelle dichiarazioni del presidente pugliese emerge un concetto fondamentale, la motivazione trainante che da diverse settimane spinge esponenti del mondo del calcio e della politica verso la costante riapertura degli impianti sportivi: il dato economico. Emergenza Coronavirus: oggi è arrivato il Dpcm numero ventuno (21) dell’era Covid con le nuove misure che hanno riportato l’Italia in una sorta di semi lockdown fino al 24 novembre. Per quanto riguarda lo sport, no palestre, calcio a porte chiuse e via libera solo alla corsa all’aperto. Detto ciò, non ci resta che piangere!
Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Imagoeconomica