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“Siamo immortali?”, quante volte nel corso della nostra vita ci siamo chiesti che cosa potrebbe esserci dopo la morte.

Fin dall’origine dei tempi l’uomo ha creduto di avere una parte incorruttibile, che sopravvivesse al corpo, puramente materiale.

Alcune religioni primitive, tra cui quelle egizie, ma anche gli etruschi, dedicavano particolare attenzione alle pratiche funerarie dei defunti.

Era usuale lasciare del cibo, armi o gioielli nelle necropoli e compiere riti magici, che avevano lo scopo di accompagnare i morti nell’aldilà.

Anche i testi sacri sono una testimonianza della credenza in uno spirito incorporeo.

A partire dalla BibbiaAnima quae peccaverit, ipsa morietur (L’anima, che avrà peccato, ella perirà), [Ezechiele 18, 20]. Inoltre lo Sceòl nell’Antico Testamento è il luogo dei defunti, ovvero, la fine della vita.

Il problema dello “stato intermedio”, tra la morte e la resurrezione, ha condotto il cristianesimo ad approfondire nelle Scritture la propria escatologia. Portandoci all’interno dell’eterna riflessione sul Bene e sul Male.

Sant’Agostino, filosofo e vescovo del Medioevo, per primo espresse il concetto di “grazia”, indagando la natura dell’anima. Il pensiero, secondo il Santo, è di per sé un atto “divino”, poiché trascende dal mondo fenomenico e sensibile.

“Il pensiero è certamente lo spirito stesso ovvero è nello spirito”. Aprendoci alla visione di un “dio” benevolo, capace di perdonare e assolvere i nostri peccati.

Al di là della filosofia e della religione, oggi si parla anche di “immortalità” del corpo: alcuni ricercatori estremamente ottimisti, le cui opinioni non sembrano essere ancora accettate dalla maggior parte degli scienziati, ritengono che entro i prossimi 50 anni, saranno disponibili farmaci capaci di rallentare sensibilmente il processo di invecchiamento.

Arrestare e invertire l’invecchiamento potrebbe rivelarsi possibile grazie a una pratica di nanotecnologia.

Chissà, forse un giorno, gli uomini vivranno per sempre o forse ci arrenderemo al mistero, ma in fondo, noi tutti, abbiamo come “radice” comune: l’infinito.

 

A cura di Aurora Castro

 

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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