Scusate il ritardo
Da qualche giorno anche il mondo del calcio ci riprova. Con molta calma. Visite mediche, tamponi, corsa lenta, allenamenti individuali e forse qualche contatto con il pallone, chissà, forse…
Si scrive calcio, ma al momento si legge pratica sportiva, con mille cautele e nel rispetto delle norme che ci riguardano tutti, a cominciare dal distanziamento. Da qui a riparlare di campionato e di coppe il passo è molto lungo.
Se il tennis sta pensando di affidarsi a palline segnate, in maniera che ciascuno serva con le proprie; se il golf medita su un supporto nella buca che permetta di raccogliere la pallina senza toccare l’asta della bandiera: uno sport di contatto dovrebbe solo chiudere. Com’è già successo in Francia e presto accadrà anche altrove.
Ragionevolmente anche qui da noi, dove l’unico sport che si è continuato a praticare è quello del cerino acceso: l’ultimo a trovarselo tra le mani, e a scottarsi, è quello cui toccherà la responsabilità della resa. Una settimana fa a gonfiare le guance per soffiarci sopra era sembrato il Ministro dello Sport. Poi ci ha rinunciato, chissà per quali motivi, e la fiammella ha ricominciato il suo giro vizioso.
Alla fine potrebbero essere gli stessi calciatori a decidersi, visto che tra Federazione, Lega, Club e Pay-Tv il rischio di “infettarsi” tocca proprio a loro correrlo. Qualche segnale di ripresa sta cominciando ad arrivare dalla Spagna; mentre la cancelliera tedesca ha dato l’ok per il ritorno in campo della Bundesliga.
Sarà ora la Federcalcio tedesca a dover decidere la data precisa. Gli occhi di tutti i paesi d’Europa, anzi del mondo, saranno puntati su di loro. A guardare ci sarà la nostra Serie A, ma anche la Premier League, dove ancora i club non hanno trovato un’intesa sui protocolli. Sullo sfondo, ma dentro la cornice, l’indifferenza popolare.
Non una voce che si sia levata, dal mondo degli appassionati, del tifo più o meno organizzato, a reclamare il ritorno immediato del calcio. Non un sondaggio ufficiale, in un’epoca in cui di quello si vive, a reclamare a larga maggioranza il pallone: anzi, da quei due o tre ufficiosi un’indicazione di segno nettamente contrario. Continuiamo a ripeterci che passata la pandemia il mondo non sarà più quello di prima.
Questa rivisitazione della vita quotidiana si fonda sul fatto che ogni cosa deve essere fatta a suo tempo, ed ha tutta l’aria di un segnale forte sul quale tutti, indistintamente, dobbiamo riflettere.
Il Vice Direttore Ugo Vandelli – Fotolia