Quello dell’energia nucleare è un discorso che non finisce di essere al centro del dibattito e, per quanto vi siano a tutt’oggi ben 440 centrali attive nel Mondo, mai si è arrivati ad una soluzione o quantomeno a risolvere il problema della sicurezza.
L’Europa non è certamente fuori da questo contesto, dato che sono 148 le centrali attive, alcune delle quali situate ai confini con il nostro Paese, posizionate in Francia, Svizzera, Slovenia, senza contare quelle non tanto più distanti della Germania o della Slovacchia.

In Italia sono oggi inattive le centrali sorte dalla prima metà degli anni sessanta in poi, con i siti di Latina, nel Lazio, la prima ad essere operativa, inaugurata nel maggio del 1963, seguita pochi mesi dopo da quelle di Sessa Aurunca, in Campania, e di Torino Vercellese, in Piemonte, che al momento della sua entrata in servizio disponeva del reattore più potente al mondo; nel 1970 iniziarono poi i lavori della quarta centrale italiana, a Caorso, in Emilia-Romagna.

All’inizio degli anni ottanta si decise di mettere in cantiere una nuova centrale, a Montalto di Castro, nel Lazio, dotata di due reattori nucleari, oltre ad un nuovo impianto a Trino, mentre nel 1982, a seguito di un guasto, e dell’entità delle spese per la riparazione, venne spento il reattore di Sessa Aurunca.

Il disastro di Cernobyl del 1986, non il primo incidente ad una Centrale nucleare (il primo avvenne a Three Mile Island, negli Stati Uniti), portò ad una revisione del programma nucleare italiano, con tre referendum che in realtà non volevano impedire l’utilizzo del nucleare nel nostro Paese, ma solamente una serie di divieti, soprattutto relativi ad eventuali nuove costruzioni.

Il discorso è in ogni caso proseguito e tra il 2005 ed il 2009, il Governo ha tentato di riaprire nuovamente il discorso sull’utilizzo dell’energia nucleare e la costruzione di nuove Centrali, trovando l’opposizione di molte Regioni e la richiesta delle stesse per un intervento della Corte Costituzionale.
Questo non ha impedito il raggiungimento di accordi collaborativi con la Francia e gli Stati Uniti, anche perché va ricordato che il nucleare è utilizzato non solo quale fonte energetica, ma anche, tutt’ora, in ambito di ricerca (ENEA, con centri nelle Università a Roma, Pavia, Palermo) e farmacologia.

Il problema tornato prepotentemente alla ribalta in questi ultimi mesi è quello relativo allo stoccaggio ed alla conservazione dei rifiuti nucleari, relativamente ai quali è necessaria la costruzione di un Deposito Nazionale ove immagazzinare il centinaio di migliaia di metri cubi di scorie (parte dei quali depositati al momento in Francia ed Inghilterra, che torneranno nel nostro paese entro il 2025).

Il problema è che ci vorranno almeno 300 anni perché le scorie così dette ad “attività bassa e molto bassa” diventino innocue e non costituiscano pertanto più pericolose ed i 67 siti individuati dalla SOGIN (Società incaricata della questione) hanno innescato proteste da parte delle amministrazioni locali, che ritengono le aree di propria competenza del tutto inadatte alla bisogna, per i motivi più disparati.

Giusto naturalmente avere dei dubbi di ogni genere sul discorso della pericolosità del nucleare e giusto porre dei freni anche allo stoccaggio di rifiuti pericolosissimi ed “attivi”, però una soluzione va trovata, tanto che non mancano comunque Sindaci disposti a mettere a disposizione siti adatti alla bisogna.

A tale proposito va infatti ricordato come esistano già, proprio nel Vercellese ad esempio, siti di stoccaggio ove sono depositate scorie nucleari delle vecchie Centrali o quelle prodotte per la ricerca energetica e farmacologica, quindi perché non ampliare le stesse, naturalmente con le opportune modifiche atte a far sì che la sicurezza sia ai massimi livelli?
Far finta di nulla, opporsi a qualunque possibile soluzione, ci sta, trattandosi come detto prima di un problema senza certezze, ma è altrettanto vero che ai nostri confini c’è chi il nucleare continua ad utilizzarlo e pensiamo bastino le Alpi a fermare le conseguenze di un eventuale incidente, anche per tutti noi?

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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