A poco più di un mese dall’inizio ufficiale del Festival di Sanremo, si infiamma il dibattito fino a mettere in discussione l’edizione 2021. Da una parte Rai e la città di Sanremo all’opera da mesi per organizzare la kermesse canora, dall’altra il mondo del cinema e del teatro pronti a dar battaglia per ottenere le stesse “aperture”.

Da Al Bano a Renzo Arbore, dai direttori dei teatri italiani fino al Codacons sono in molti, negli ultimi giorni, ad aver avanzato dubbi sulla sicurezza e sulla fattibilità del Festival.
Rinviare? Annullare?

Tutto sembrava deciso: nave Covid-free per ridurre i rischi da contagio, sponsor da milioni di euro per garantire la fattibilità, e pubblico di 500 persone selezionate in sala.
Invece tutto e’ saltato e si ricomincia da capo. Senza pubblico in sala Amadeus non ci sta: il Sanremo del Covid non passerà alla storia. Il precedente, che ha funzionato senza intoppi, c’è e si chiama Sanremo Giovani.

Dice Amadeus: se il protocollo sanitario e’ preciso, le cose si possono fare. Il conduttore chiede compattezza in Rai e fuori, e rifiuta l’idea di posticipare la Kermesse a maggio perchè: “ non sarebbe Sanremo.
La domanda sorge spontanea: Perchè Sanremo si’ e i teatri no?
Se si concede il pubblico al Teatro Ariston per Sanremo 2021, perchè non si possono aprire anche i teatri e i cinema?
Gli operatori dello spettacolo, giustamente esasperati da una gestione della pandemia che ha chiuso sale teatrali e cinematografiche da mesi, dovrebbero però, a mio parere, costruire un opposizione sensata non al Festival di Sanremo, ma a una gestione del rischio che nei mesi ha mostrato la corda invece di migliorare.
Usare Sanremo come vessillo della propria battaglia può sì avere un valore sul piano della comunicazione, perchè inevitabilmente crea interesse mediatico, ma nello stesso tempo manifesta un’ignoranza di fondo nella natura del Festival e delle misure decise dal DPCM. Ci si aspetterebbe da Sanremo un esempio: io penso che il Festival, da che mondo è mondo sia
sempre stato un evento di costume, oltre che di Festival della canzone italiana, e come tutti i riti che si rispettano, ha una sua tradizione.

Tutti sappiamo bene quanto la tv sia brava a riuscire ad esserci anche senza pubblico in studio, anche senza applausi live, inventando soluzioni e audiovideo che hanno fatto linguaggio. Tanto più in Sanremo, dove scenografia, luci, fotografi, regia, in una parola “la TV” hanno sempre costruito quello che non c’è. In questo senso, l’ostinazione di Amadeus a volere il pubblico, che sia da intendere come segno di speranza e ottimismo, o che sia da vedere come ingrediente essenziale allo show mi appare una “incomprensione” del valore e della funzione stessa della tv, mi sembra francamente miopia verso l’andamento della pandemia in Italia, e una certa sottovalutazione dell’intelligenza, e dell’esasperazione degli italiani.

Se poi, il problema è che, senza il pubblico non si riesce a reggere il palco, beh, allora questa è u’altra storia.
Con altre implicazioni. Ma scusate, mi dimenticavo: ma non stiamo tutti dicendo che il mondo e’ cambiato?
Come mai Sanremo non può attendere tempi migliori?
Ognuno si darà la risposta che meglio lo rappresenta.
In attesa resta il busillibus: Sanremo sì o Sanremo no?

A cura di Sandra Vezzani editorialista – Foto Imagoeconomica

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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