La salute delle donne è a rischio: in una società dove le differenze negli stipendi e nelle pensioni sono così marcate e dove non c’è un sistema che garantisca loro di potersi dedicare alla propria famiglia senza rinunciare al lavoro, a risentirne è il piano psicologico al pari di quello fisico.

L’allarme arriva dalla quinta edizione del Libro Bianco dell’Osservatorio sulla Salute della Donna, che in occasione dei dieci anni di attività ha per la prima volta incluso una parte dedicata al welfare.

Nicoletta Orthmann, referente medico scientifico dell’Osservatorio Onda, ha spiegato: “Le differenze in termini di welfare impattano sullo stress, sulla salute mentale, sull’equilibrio psichico; ormai le donne hanno un ruolo nel lavoro più di responsabilità, anche apicale, o anche che una volta erano più degli uomini, come nel caso dei turnisti, e questo ha un impatto sulla salute importante anche perché gli strumenti di conciliazione e aiuto alle donne sono limitati”.

Nel rapporto, anche quest’anno realizzato con il contributo di Farmindustria, si legge chiaramente che la differenza di reddito pensionistico tra uomini e donne è del 41,4%, e se 17 donne anziane su 100 non ricevono pensione tra i maschi il tasso è 4 su 100. Anche tra i salari le differenze sono marcate, pari al 25%, mentre ad essere sbilanciato fortemente dalla parte della donna è invece il tempo passato ad assistere la famiglia, oltre il 70% del totale.

Le donne hanno una prevalenza d’uso dei farmaci del 67,5% contro il 58,9% dei maschi, hanno più ricoveri ospedalieri, e il 30% delle patologie femminili riguarda la salute mentale, a partire dalla depressione, che colpisce due o tre volte più degli uomini, così come ansia, disturbi del sonno e del comportamento alimentare.

“C’è un progetto pilota per inserire la medicina di genere nei master – ha spiegato Paola Boldrini della Commissione Affari Sociali della Camera -, mentre l’anno prossimo ne partirà uno che prevede l’inserimento di corsi già nelle facoltà di medicina, prima si inizia prima si avranno medici già formati quando escono dall’università”.

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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