“Buongiorno a tutti mia madre è mancata il 9 aprile scorso, era in una Rsa in quarantena. Non l’ho più vista da fine febbraio se non nella bara alla benedizione”. E ancora: “Io abito a Zogno, mio marito è morto di Covid il 24 marzo..”.

Le storie di chi ha perso parenti in provincia di Bergamo, ma non solo, raccolte sul sito “Noi denunceremo Verità e giustizia per le vittime di Covid- 19′”, oggi sono sulla scrivania dei pm di Bergamo, in quello che è stato definito il Denuncia Day. Un giorno di consegna delle denunce, che arriva quando la Lombardia si prepara alla riapertura a nuovi ospiti delle Rsa,che l’assessore al Welfare Giulio Gallera assicura sarà “con delle regole molto rigide: nessun positivo verrà collocato all’interno di una Rsa e verrà invece messo in una struttura sanitaria”.

La delibera della Lombardia prevede che “a qualunque anziano vorrà entrare in una Rsa verrà fatto a domicilio sia il test sierologico sia il tampone”. Non si tratta però, secondo l’assessore, di un passo indietro rispetto alla delibera dell’8 marzo con cui il Pirellone chiedeva alle strutture di ospitare persone positive, pur in spazi dedicati e isolati. Quella “aveva un approccio diverso, è stata fondamentale e ci ha consentito di arginare la diffusione del virus, di dare delle risposte e di liberare posti letto negli ospedali”, insomma “è stata assolutamente una mossa corretta”.

Stamattina a Bergamo, però, sono state consegnate alla Procura le prime 50 denunce dei familiari di persone decedute per Covid. “Ce ne sono state preannunciate altre 200 – spiega Consuelo Locati, uno degli avvocati che sta seguendo la vicenda -. Saranno redatte e presentate personalmente dai parenti delle vittime, noi li assisteremo nel percorso”.

Nei giorni scorsi Locati ha incontrato i vertici della Procura orobica, riscontrando “grande sensibilità”, spiega il legale, che è guarita dal coronavirus ma ha perso il padre. La procuratrice facente funzione Maria Cristina Rota ha aperto numerose inchieste sulle conseguenze della diffusione del virus: molte, con indagati, derivano da segnalazioni dell’Inail, che ha classificato il contagio come infortunio sul lavoro. Un’altra riguarda la mancata applicazione della ‘zona rossa’ nei comuni di Nembro e Alzano Lombardo, in cui si è registrato un numero impressionante di vittime (anche oggi nel Bergamasco i contagiati sono 52 su 192 in Lombardia).

In quest’inchiesta sono già stati sentiti come persone informate dei fatti il presidente della Regione Lombardia, Attilio Fontana, e l’assessore al Welfare, Giulio Gallera. Per il magistrato, secondo le prime risultanze, la zona rossa sarebbe stata di competenza “governativa”.

Per il presidente del Comitato ‘Noi denunceremo’, Luca Fusco, le autorità’ hanno “riempito di bugie” i familiari dei malati: “il sistema della sanità lombardo è completamente saltato e noi siamo stati lasciati soli, il sistema non era pronto ad affrontare nessuna emergenza, e non è colpa dei sanitari -aveva denunciato – Ci siamo trovati con una montagna di persone lasciate a casa con polmoniti, perché il sistema sanitario non aveva la possibilità di ricoverarli”.

a cura di Silvia Camerini – Foto Ansa

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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