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Il grande filosofo Jean-Jacques Rousseau che non a caso portai tra i miei illuminati durante un esercizio d’italiano alle superiori, rimane per i miei corsi studenteschi tra i migliori al mondo del periodo.  Era nato a Ginevra nel 1712- ed era figlio di un orologiaio, ma per pura sfortuna non ebbe una regolare istruzione, e a soli tredici anni fu mandato come apprendista presso un incisore, occupazione che avrebbe ben presto abbandonato per fuggire in SAVOIA. Dopo una crescita disorganizzata venne indirizzato a Torino presso un istituto per catecumeni da un parroco francese che viveva in un cantone svizzero. Ma nonostante il battesimo e la vita cristiana ben preso riprese quella del vagabondaggio.

Si occupò nei successivi quattro anni in umili lavori presso famiglie nobili, per poi raggiungere di nuovo M.me de Warens, di cui doveva diventare amante.

Negli anni trascorsi con essa nella residenza campestre di Les Charmettes, nei pressi di Chambéry, si dedicò a vaste letture e a un’intensa attività di studio, privilegiando in particolare la musica, ma la passione che aveva legato i due era ormai alla fine e Rousseau si allontanò definitivamente dalla sua protettrice. Il filoso ebbe altre conoscenze, visse per un breve periodo anche a Venezia per trasferirsi poi a Da Diderot che ricevette l’invito a collaborare all’opera, alla quale contribuì con le voci di musica (poi pubblicate a parte come Dictionnaire de musique, 1764) e con l’articolo Économie politique, nel quale già emergevano i concetti fondamentali della sua narrazione sul contratto sociale.

Al 1750 risale il suo Discours sur les sciences et les arts, composto in occasione di un concorso bandito dall’Accademia di Digione sul tema “Se il progresso delle scienze e delle arti abbia contribuito a migliorare i costumi“. Nel suo scritto, con cui risultò vincitore, Jean, rispondeva negativamente al quesito dell’Accademia, mettendo praticamente in discussione il valore che gli illuministi attribuivano al progresso e sostenendo per contro l’aumento della degradazione morale in connessione con l’evoluzione della civilizzazione.

Tesi, questa, che il filosofo avrebbe ribadito e articolato nel Discours sur l’origine et les fondements de l’inégalité parmi les hommes, composto nel 1754 in risposta anch’esso a un quesito dell’Accademia di Digione. Con questo secondo scritto i rapporti con gli enciclopedisti, già incrinati a causa del primo, si ruppero definitivamente.

Tornato nello stesso anno a Parigi, si ritirò poi presso Montmorency, dove, ospite di M.me d’Épinay e poi del maresciallo di Luxembourg, compose le sue opere più importanti, Julie ou la Nouvelle Héloïse (1761), Émile ou sur l’éducation e il Contrat social. Costretto ad abbandonare la Francia allorché le sue opere (l’Émile e il Contrat in particolare) furono giudicate pericolose sul piano politico e religioso, trovò rifugio in Svizzera, a Môtier-Travers, presso Neuchâtel, dove compose le Lettres écrites de la montagne e cominciò a lavorare alle Confessions . Tornato in Francia, si stabilì nuovamente a Parigi (1770); incurante del mandato di cattura nei suoi confronti, visse sempre più in solitudine, dedicando il suo tempo alla stesura delle Rêveries du promeneur solitaire e dei Dialogues ovvero Rousseau juge de Jean-Jacques. Ospite del marchese de Girardin a Ermenonville, qui morì nella notte tra il 2 e il 3 luglio del 1778 abbandonato a se stesso.

Il Direttore editoriale Carlo Costantini – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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