La storia della canzone italiana viene fatta iniziare dagli storici intorno alla metà del XIX secolo, con la pubblicazione di un brano dal titolo Santa Lucia, degli autori Teodoro Cottrau ed Enrico Cassovich: pur trattandosi di una traduzione di una barcarola originariamente scritta in napoletano nel 1849, lo stesso Cottrau la tradusse in italiano durante la prima fase del Risorgimento, facendola diventare la prima canzone napoletana tradotta nella lingua di Dante.

Questo brano appare come il primo tentativo assoluto di armonizzare, sia dal punto di vista della melodia, sia dal punto di vista del testo, la tradizione musicale colta con quella di matrice popolare.
Il repertorio musicale si sviluppò a Napoli agli inizi dell’Ottocento all’immediato secondo dopoguerra.
Definita epoca d’oro della canzone napoletana, la stessa vede tra gli autori e compositori importanti poeti e parolieri, per lo più partenopei, nonché illustri personalità della lirica che hanno tramandato nel tempo brani del repertorio.

Due grandi colonne portanti di questo immenso prezioso repertorio: Roberto Murolo e Sergio Bruni, sono state le due voci di Napoli più importanti: memorabili sono le loro antologie della canzone napoletana riproposte più volte nell’arco della loro lunghissima e prestigiosa carriera.
Tra i grandi interpreti che non erano napoletani che hanno eseguito almeno una volta un brano della canzone classica napoletana, vi sono: Beniamino Gigli, Giuseppe Di Stefano, Placido Domingo, Jose’ Carreras, Elvis Presley, Dean Martin, Claudio Villa e tanti altri.

Escludendo Villanella e i canti popolari precedenti al 1800, i quali ancora non avevano la struttura melodica e lirica tipica della canzone napoletana propriamente detta, molte fonti collocano la nascita della canzone napoletana classica universalmente conosciuta al 1839 e al brano Te Voglio Bene Assaje. Il testo di questa bella canzone fu scritto da Raffaele Sacco e musicato da Filippo Campanella, anche se si è in seguito diffusa una leggenda popolare che vorrebbe Gaetano Donizzetti come autore.

La canzone fu presentata il 7 settembre 1839 alla Festa di Piedigrotta si dimostrarono negli anni l’occasione ideale per l’esibizione dei nuovi pezzi, i quali videro tra gli autori personalità come Salvatore di Giacomo, Indro Novio, E.A. Mario Ferdinando Russo, Ernesto Murolo. Con questi cantanti si attribuisce al periodo a cavallo tra Ottocento e Novecento, quello di epoca d’oro della canzone classica napoletana.

Persino Gabriele d’Annunzio si è cimentato nelle stesure di un brano della canzone classica napoletana. Infatti si narra che egli scrisse i versi di A Vucchella, nel 1904 dopo un’accesa discussione con Ferdinando Russo che commentava sull’incapacità del poeta pesarese di scrivere in lingua napoletana.

Tra le composizioni più rilevanti della canzone classica napoletana, appartenenti all’Ottocento si ricordano tante canzoni celebri, tra le quali: “Te Voglio Bene Assaje, Fenesta Ca Lucive, Santa Lucia, Funiculi’ Funicola’, Era de Maggio, Marecchiare e altre celebri canzoni.

Un’altra tipica esecuzione e la macchietta è una tipica modalità molto popolare partenopea di esecuzione della canzone napoletana, nata già verso la fine dell’Ottocento, era un tipo di personaggio solitamente associato alla tipica canzoncina ironica e burlesca che egli canta.

Nello spettacolo di varietà, nel periodo tra fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la macchietta era un numero a metà strada tra un monologo ed una canzone umoristica.
In questo arco temporale, infine, la canzone napoletana raggiunse il suo massimo spessore, giungendo in ogni parte del mondo e diffondendosi nelle culture musicali internazionali grazie anche alle interpretazioni eseguite dai maggiori cantanti tenori del tempo. Nella seconda metà del Novecento e nel secondo dopoguerra vi fu una rassegna importante per la città di Napoli, il Festival di Napoli.

La Seconda Guerra Mondiale segnò profondamente la città partenopea ed anche la canzone non poté sfuggire alla tragicità degli eventi, una canzone molto significativa è stata Monasterio ‘e Santa Chiara è la testimonianza più struggente di quel momento ma, come sempre, Napoli riuscì e riesce anche a sorridere nei momenti più bui; Tammuriata Nera fu l’esempio di come l’umorismo partenopeo fosse sempre pronto ad emergere, anche di fronte a fatti tragici.

Il primissimo esistenziale di Luna Rossa dell’autore Vincenzo De Crescenzo e Vian, pseudonimo di Antonio Viscione compositore napoletano, nato a il 14 giugno del 1918 e morto nella sua città natale, il 22 giugno del 1966, con il brano, Cca’ Nun c’è sta Nisciuno, canzone del 1950, apre una nuova stagione d’oro della canzone napoletana alla ricerca di una rigenerazione musicale.
Ma non si può non ricordare che sempre in questo anno nello stesso contesto, non si può segnalare forse l’ultima opera oggetto di trattazione lirico – sinfonica in pagina dichiara notorietà quando venne pubblicata e cantata, la celebre Aname e Core, in due paradigmatiche eccellenti versioni di Tito Schipa e di Mario Abbate.

Se Roberto Murolo, diviene l’interprete eccellenza della canzone tradizionale, Renato Carosone mette a disposizione le sue esperienze di pianista, fondendo i ritmi afroamericani creando una forma di macchietta, di canzone ballabile e adeguata ai tempi.

Renato Carosone è senza dubbio stato uno di quei cantanti italiani che è stato ricordato per le sue canzoni come Tu vuoi fare l’Americano, ma tante altre canzoni a composto e cantato e portate al successo, anche con lo stile della musica che andava per la maggiore negli anni Cinquanta, il Cha Cha Cha, il Mambo, ma anche brani con lo stile napoletano, con la sua napolenità fatta di ironia e di tante sfumature che hanno fatto ballare la gente nel dopoguerra.

Renato Carosone all’anagrafe Renato Carusone nasce a Napoli il 3 gennaio 1920, pianista, autore, compositore e direttore d’orchestra, è stato uno dei maggiori autori interpreti della canzone napoletana e della musica leggera italiana tra il secondo dopoguerra e la fine degli anni Novanta, fondendo i ritmi della tarantella con le melodie afroamericane e creando una forma di macchietta di personaggio solitamente associato alla tipica canzone ironica e burrasca.
Questo stile viene inserito nello stile del varietà, nel periodo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, la macchietta un numero comico a metà strada tra un monologo ed una canzone umoristica.
Tra i suoi maggiori successi si ricordano: Torero, Caravan Petrol, Tu vuo’ fa l’americano, ‘O Sarracino, Maruzella e Pigliate ‘na Pastiglia.

Carosone è stato uno dei due cantanti italiani, l’altro è Domenico Modugno ad avere venduto dischi negli Stati Uniti, senza avere Fatto la traduzione in inglese.

Renato Carosone nasce a Napoli in Vico dei Tarnieri, a due passi da Piazza del Mercato, manifestò prestissimo la sua schietta passione per la musica cominciando a suonare un vecchio pianoforte appartenuto alla madre, scomparsa prematuramente nel 1927.
Per volontà del padre, impiegato al botteghino del Teatro Mercadante e suonatore dilettante di mandolino, Carosone iniziò a studiare musica sotto la direzione e la guida del maestro Orfeo Albanese, fratello del famoso soprano Licia Albanese.

Quando nel 1929 Orfeo Albabese si trasferì in argentina Renato Carosone fu affidato al grande maestro Vincenzo Romaniello, e alla sua morte, nel 1932 passò a studiare con la sua allieva Celeste Capuana, sorella del celebre direttore d’orchestra Franco Capuana.il giovane Renato quattordicenne scrisse il testo della canzone Triki – Trak, la sua prima composizione per pianoforte, e l’11 maggio fu scritturato dal teatrino dell’Opera dei Pupi di Don Ciro Perna detto ‘O Scudiero, il quale gli offrì cinque lire a serata per fornire la colonna sonora alle battaglie di Orlando e Rinaldo.

Per l’entrata in campo dei guerrieri cristiani scelse la marcia della Carmen, per i saraceni quella dell’Aida e per gli scontri armati delle due fazioni, il galoppo del Guglielmo Tell.

In seguito lavorò presso la Casa Editrice E.A. Mario come riparatore, insegnando le nuove canzoni ai cantanti, e nel 1937, a soli diciassette anni, si diploma in pianoforte con Alberto Curci presso il Conservatorio di San Pietro a Majella.
Ebbe in seguito l’esperienza africana nello stesso anno cui si diplomo’, fu scritturato da una compagnia di arte varia diretta dal capocomico Aldo Russo, con la quale si imbarcò il 27 luglio 1937 per l’Africa Orientale Italiana. Dopo giorni di viaggio sul piroscafo Tevere, il 7 agosto la compagnia sbarcò a Massaua, in Eritrea dove era atteso ad un ristorante teatro gestito da un vecchio coloniale, di nome Mario Auritano.

Sfortunatamente per la compagnia il pubblico che andava nel locale erano tutti del Nord Italia, non comprendevano la parlata napoletana né apprezzavano il repertorio di Renato Carosone.

Dopo neanche una settimana, Aldo Russo decise sciogliere la compagnia e di tornare a Napoli, offrendo però, a chi avesse voluto restare, la possibilità di ottenere il permesso di soggiorno dalla questura, risparmiando così i soldi del viaggio di ritorno.
Tornarono tutti in Italia, all’infuori delle ballerine, ovviamente richiestissime, e di Carosone, che di spinse fino ad Asmara, a più di duemilacinquecento metri d’altitudine, dove riprese a suonare il pianoforte nell’orchestra diretta da Gigi Ferracioli al Circolo Italia. Qui Renato Carosone si innamorò di una ballerina di maggior spicco, Italia Levidi, detta Lita, veneziana di nascita.

I suoi sentimenti furono ricambiati e i due si sposarono a Massaua, in Africa. Renato Carosone ritorno a Roma e il 28 maggio nacque il figlio Giuseppe, detto Pino, futuro ingegnere elettronico.
Poco dopo il giovane musicista dovette trasferirsi ad Addis Abeba, dove passò alcuni mesi come direttore d’orchestra nel locale l’Aquila Bianca. Nel giugno del 1940, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale fu chiamato alle armi e venne inviato al fronte della Somalia italiana.

Occupata dopo un anno Addis Abeba dalle truppe britanniche, Renato tornò con la sua fisarmonica ad Asmara, dove il cugino Antonio era direttore del Teatro Odeon.

Gli fu affidata la direzione musicale del teatro, compreso l’annesso Night club.
In repertorio c’erano tutti i brani da ballo americani, Night and Day, a Begin the Beguine, da Blue Moon, a Tea for Two.
I clienti erano tutti militari, che volevano solo dimenticare per qualche ora la guerra e la lontananza da casa.
In breve tempo Carosone riuscì a farsi notare, costruendosi una invidiabile esperienza artistica.
Il 28 luglio 1946 alla fine della guerra il pianista si imbarcò su una nave greca, la Dorotea Paxas, e tornò in Italia, a Brindisi, insieme con la moglie Lita e Pino. Il trio di Carosone, dopo tre anni passati in piccole formazioni di orchestre da ballo tra Napoli e Roma, in locali come il Colibrì e il Bernini, Carosone fu invitato a formare un trio per un nuovo locale a Napoli, lo Shaker Club.

La data dell’inaugurazione era prevista per il 28 ottobre del 1949.
Agli inizi di settembre Renato ingaggio’ il chitarrista olandese Peter Van Wood, che aveva introdotto per la prima volta nella musica moderna, la pedaliera alla chitarra con i relativi effetti sonori. Il giorno del debutto si presentò all’Hotel Miramare, dove Carosone stava provando con Pete Van Wood, il batterista napoletano Gege’ Di Giacomo, nipote del celebre poeta di Salvatore Di Giacomo, il quale arrivò senza batteria, dicendo che l’aveva portata a cromare, Carosone e Van Wood, contrariati, cominciarono a dubitare della validità di Gege’, che intuì tutto e per fugare ogni dubbio improviso’ una batteria casalinga: una sedia di legno, un vassoio, tre bicchieri di diversa grandezza e tonalità, due pioli, un fischietto. Questa fu la prima prova del Trio Carosone, che, sulle note beneaugurali di Music! Music! Music!, ottenne subito un clamoroso successo, e una sera, grazie alla strana richiesta di un ricco commerciante di tessuti presente tra il pubblico, il trio eseguì con ritmo sostenuto il brano Lo Sceicco e nacque così il loro stile inconfondibile. Tuttavia, Carosone fu bocciato al primo provino con la label Fonit Cetra Records, casa discografica di proprietà dello Stato italiano.

Un importante impresario svizzero titolare di una catena di locali notturni assicurò: “Trovatevi un mestiere lasciate perdere”.
Per fortuna Sergio Bruni gli presentò Nino Oliviero, autore di successo, il quale ascoltò i tre musicisti, lì esaminò e decise di scommettere su di loro, permettendo loro nel 1950 di incidere un primo 78 giri con la Phate’ Records, con due brani dal titolo, Oh Susanna e Scalinatella, per duecentomila lire di compenso.
L’eco di questo successo portò il trio all’inaugurazione di un locale a Roma di nome Open Gate e di un Night Club a Capri di nome La Canzone del Mare.

All’inizio del 1952, quando il chitarrista Peter Van Wood lasciò il trio per trasferirsi a New York negli Stati Uniti e continuare la propria carriera come solista. Carosone e Gege’ ricostruirono il gruppo, che divenne dapprima un quartetto quando entrarono a farne parte, per un breve periodo, il chitarrista Elek Bacsik e il cantante Ray Martino, il quale incise sia melodie napoletane come Luna Rossa e ‘Nu Quarto ‘e Luna, che pezzi umoristici come Papaveri e Papere e Buona Pasqua.
La prima trasformazione del gruppo avvenne all’inizio del 1953 con l’entrata in scena di un nuovo musicista, il chitarrista Franco Cerri, divenuto poi celebre per essersi avvicinato alla Musica Jazz, suonando con i migliori musicisti sia americani che italiani e del cantante Claudio Bernardini. In seguito Piero Giorgetti entrò nel complesso al posto di Claudio Bernardini, che continuò la carriera in altre formazioni. Il gruppo si assesto’ definitivamente con l’aggiunta di Alberto Pizzigoni alla chitarra e di Riccardo Rouchi al sassofono e clarinetto.

Il tre gennaio 1954, alle tre del pomeriggio Carosone con il suo gruppo si presenta agli italiani attraverso il piccolo schermo, che aveva appena quattro ore di vita, infatti la televisione italiana nacque proprio quel giorno il 3 gennaio dello stesso anno, con l’anunciatrice Fulvia Colombo diede avviò alle trasmissioni televisive regolari del programma nazionale 1, che oggi viene chiamato Rai1, il primo programma trasmesso dal primo programma in assoluto fu Arrivi e Partenze, condotto da un giovane presentatore italoamericano, Mike Bongiorno e Armando Pizzo.

Carosone partecipò al primo programma pomeridiano dedicato alla musica dal titolo, L’Orchestra delle Quindici.
Il musicista partenopeo e i suoi compagni furono i primi musicisti ad apparire in televisione .
Poi vi fu l’esperienza del Festival di Sanremo, un brano cantato da Gino Latilla e Franco Ricci, dal titolo…e la Barca Torno Sola, colpi molto Carosone che ne rimase colpito dal tono funesto della canzone e, pochi mesi dopo, la riprese con una sua interpretazione per il pubblico televisivo in modo esilarante.

Fu così che la tragedia marittima partorita dai due autori, Fiorelli e Ruccione si trasformò irresistibilmente in una parodia. L’effetto comico venne affidato alle parole del batterista Gege’ Di Giacomo, che sottolineava con un non curante “E a me che me ne importa” ogni strofa del melodrammatico testo cantato da Giorgetti, e a quelle di un coretto di vocette stridule e canzonatorie, ottenute variando la velocità del nastro registrato.

Il sodalizio Carosone Nisa e il successo internazionale arrivò a Milano nel 1956, il musicista napoletano incontrò casualmente il paroliere Nisa, al secolo Nicola Salerno, durante un concorso radiofonico indetto dalla Ricordi.
Nisa e Carosone erano stati iscritti insieme al concorso da Mariano Rapetti, direttore artistico della Ricordi e padre di Giulio Rapetti, futuro Mogol, per dare alla luce tre canzoni.

Nisa presentò a Carosone i testi da musicare, uno dei quali si intitolava Ti vuo’ fa’ l’americano. Il brano ispirò subito Carosone, il quale ebbe l’idea di fare un arrangiamento sullo stile del Boogie Woogie, si mise al pianoforte e realizzò l’arrangiamento musicale in un solo quarto d’ora. Nasce così la canzone più famosa del pianista napoletano, che divenne poi un successo mondiale. Da quel primo incontro nacquero altri due ottimi brani: ‘O Suspiro e Buonanotte. Fu l’inizio una felice sodalizio di prolifica collaborazione. Nell’autunno dello stesso anno, in vista della prima tournée internazionale, Carosone decise di trasformare il quintetto in sestetto, dandogli così un aspetto rinnovato e magari al passo con i tempi.
Oltre al cantante Piero Giorgetti ormai più che collaudato, Carosone affiancò a Gege’ Di Giacomo il chitarrista Raf Montasio, il clarinettista Tony Grottola e il sassofonista Gianni Tozzi, scoperti nei locali notturni di Milano, Roma e Sanremo. Nel 1957 nacque il brano Torero, il successo dell’autore Nisa e di Carosone per quanto concerne l’arrangiamento musicale. La canzone, rimasta per due settimane al primo posto della Hit Parade statunitense, fu addiritura arrangiata in trentadue incisioni americane e tradotta in dodici lingue.

Il nuovo repertorio del gruppo di Carosone, insieme al brano Chella lla’, un grande successo del 1956, cantata dal bravo cantante Marino Marini, compositore, produttore discografico, e al brano Il pericolo numero uno, un hit sanremese di Gino Latilla e Claudio Villa, andò a formare il Carosello Carosone n°5, un 33 giri edito nel 1957.
Dopo una serie di concerti in Europa, il Sestetto Carosone, con l’aggiunta del percussionista Aldo Pagani, sbarcò a Cuba, inaugurando una memorabile tournée americana.
Dopo Caracas e Rio de Janerio, il 6 gennaio il gruppo di Carosone approdò alla Carnegie Hall di New York, fino ad allora riservata alla musica classica, con un’eccezione fatta soltanto al mitico clarinettista Benny Goodman, che aveva presentato al pubblico il suo quartetto nel 1938.

Nel frattempo Carosone, parallelamente a Piccollissima Serenata, ‘A Sunnanbula, ‘A Coscia Forte e Lazzarella tutte canzoni di successo provenienti dai repertori più vari, che il musicista partenopeo arrangio’ secondo il proprio gusto, nacque un’altro brano anch’esso diverrà un altro grande hit, firmato dall’accopiata Carosone, Nisa Pigliate ‘na Pastiglia.
Tutti questi brani furono inclusi nell’album Carosello Carosone n°6, che ottenne un ottimo successo commerciale.
Il sestetto a febbraio tornò in Italia, e la volontà di bissare la riuscita del suo sesto lavoro discografico spinse Carosone a lavorare sodo per tutto l’anno.

Dopo un primo singolo contenente il brano Allegro Motivetto e Colonel Bogey, tratti dalla colonna sonora del celebre film Il Ponte sul Fiume Kwai, del regista David Leon, nacquero’ altri due gioielli del repertorio carosoniano, sempre con l’apporto dell’insostituibile autore Nisa, il primo a per titolo ‘O Sarracino e il secondo Caravan Petrol. Accanto a questi, il sestetto incise quattro nuovi brani, Atene, O’ Mafiuso, Giacca Rossa ‘e rossetto, Tre Guagliune e ‘nu Madolino, tutti brani scritti da Nisa Carosone e anche Tisket, A Tasket, un successo della cantante Ella Fitzgerald.
Dopo queste esperienze Carosone continuò a suonare a incidere opere fonografiche, fondò una sua casa discografica, La Stereo, con annesso studio di registrazione e continuò la tournée questa volta in Marocco e in Medio Oriente, passando per la Tunisia, l’Egitto e la Giordania. A luglio il sestetto partì per un’altro giro nell’America Latina, con soste in Argentina, Cile, Uruguay, Perù e Brasile.

Il 7 settembre del 1959, al culmine del successo , Renato Carosone si ritirò inspiegabilmente dalla scena musicale, forse stanco delle lunghe tournée o forse per motivi famigliari, questo rimase un mistero.
L’annuncio avvenne durante la trasmissione televisiva Serata di Gala, presentata da Emma Danieli. Per gli Italiani fu uno shock: non era comprensibile per l’opinione pubblica, come un musicista al massimo della sua fama avesse potuto abbandonare tutto senza spiegazioni.
Nonostante ciò, gli impegni internazionali di Carosone non si esauriscono, della sua nuova formazione, accanto a Gege’ Di Giacomo, e a Gianni Tozzi, entrarono a far parte Claudio Furlani, Roberto Abramo e Franco Motta.
Tra gli ultimi giorni di aprile e i primi di maggio del 1960, il Sestetto Carosone fu di nuovo alla Carnagie Hall di New York e vennero invitati nel celebre programma televisivo americano Ed Sullivan Show, il più importante spettacolo musicale televisivo degli Stati Uniti. Carosone fu il terzo cantante italiano, dopo la Nilla Pizzi e Domenico Modugno, a esibirsi alla televisione statunitense. Presentati da un padrino d’eccezione, l’attore Charlton Heston, al gruppo per il riconoscimento ricevuto per la tournée negli Stati Uniti furono invitati il California nel programma musicale televisivo presentato dalla ex cantante Dinah Shore, il Dinah Shore Show.

Al rientro in Italia, Carosone si ritirò con la moglie Lita a Rota d’Imagna in provncia di Bergamo, dove mise in piedi un piccolo studio di registrazione per dare vita a una collana musicale sotto l’etichetta discografica di nome Lettera A.
Nel 1962 Carosone firmò, sempre insieme a Nisa, un altro successo che però non incise mai, dal titolo Gondoli’ Gondala’.
Il testo fu costruito con grande abilità, la canzone venne presentata al Festival di Sanremo.
Affidata ai cantanti Sergio Bruni ed Ernesto Bonino, ottenne il terzo premio, classificandosi poi al secondo posto della Hit Parade, dove restò saldamente per altre tre mesi. L’anno dopo, la fortunata coppia Carosone Nisa scrisse altri quattro nuovi brani, che vennero incisi da Carosone per l’etichetta Primary-RI-FI su due 45 giri, i brani Nera Nera, Vita Mia, Camping Love e Caino e Abele, ma il riscontro discografico fu assai deludente.

In seguito, Renato abbandonò l’idea di fare il discografico per perfezionare lo studio della musica classica e dedicarsi alla pittura, iscrivendosi nel 1968 all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, dove aveva accompagnato il figlio Pino a un corso di disegno. Questa passione Carosone la accompagnò per tutta la sua vita.
Il rientro del musicista nel mondo della musica avvenne dopo ben quindici anni di assenza, era il 9 agosto 1975 il pianista partenopeo tornò a mostrarsi in pubblico alla Bussola di Focette, su invito di Sergio Bernardini patron del locale.
Carosone ebbe a disposizione un Big band di diciannove elementi le telecamere della RAI ripresero il concerto, per trasmetterlo sul primo canale alle ore 20.30, era il 30 agosto 1975, con un omaggio al musicista, il programma fu intitolato Bentornato Carosone.

Con gli arrangiamenti del maestro Danilo Vaona, in questa occasione la Casa Discografica CBS Records italiana, sussidiaria della Columbia Records americana, approfittò dell’occasione per registrare il concerto del pianista napoletano dal vivo e venne poi prodotto su disco a 33 giri, che uscì nei negozi di dischi. L’ottimo risultato ottenuto da Carosone lo convinse a formare un nuovo trio con Gigi Caglio al basso e Fedele Falconi alla batteria.

Nello stesso anno, all’interno del primo Talk- Show italiano L’Ospite delle Due, ideato dal presentatore Luciano Rispoli, Carosone spiegò che il suo ritiro di sedici anni prima era dovuto al fatto chi in America aveva visto all’opera i Platters e previsto l’esplosione dei cantanti urlatori, i quali avrebbero cambiato il gusto del pubblico dell’epoca, che secondo lui non lasciavano più spazio al suo tipo di canzone tradizionale.

Nel 1976 prese parte al programma televisivo Per una Sera d’Estate, condotto da Claudio Lippi.
Nel 1980 Carosone fece amicizia con il produttore discografico Sandrino Aquilani, che, per pura coincidenza, aveva da poco depositato il marchio della Lettera A, una etichetta discografica e lo convinse a ritornare in studio di registrazione.
Così, vicino a Roma, al Pomodoro Studio, Renato incise nel 1982 l’album, Renato Carosone ’82, comprendente il brano Io tengo n’appartamento, Penelope e Ulisse, C’aimma Fa’?, brano sul dissacrante sguardo sui difetti dell’Italia dei primi anni Ottanta.
Carosone proseguì con il brano ‘Nu sassofono americano e altri nuovi titoli, sostenuto da musicisti come Michele Ascolese alla chitarra e Tonino Balsamo al sassofono, Carosone proseguì l’anno con un Live in Siena, dove, accanto alle celebri canzoni del suo repertorio trovano spazio valzer di Chopin, fughe di Bach, le sonate di Muzio Clementi, compositore, pianista, Editore e costruttore di pianoforte, uno dei primi ad aver scritto musica per il pianoforte moderno, La Campanella di Liszt e la Rhapsody in Blue di George Gershwin.

Inoltre, per l’occasione, rispolverò …E la Barca Tornò Sola, presentando anche ‘O Miliardario, un testo poetico di grande efficacia e i Magnifici Due omaggio musicali a due attori l’italiano Antonio De Curtis detto Totò e all’attore inglese Charlie Chaplin.
Il successo ancora ottenuto convinse di nuovo Carosone ad attraversare nuovamente l’Oceano per ritornare in America.
Grazie all’aiuto dell’impresario Adriano Aragozzin, nel mese di settembre Il musicista partenopeo tenne un concerto al Medison Square Garden di New York City, da dove ebbe inizio una fortunata tournée, che lo vide prima in Canada per esibirsi con l’Orchestra Filarmonica di Toronto, poi in giro per il sud America.
Poi il ritorno in Italia, Carosone preparò una serie di tour, che si sarebbero completati soltanto nel biennio 1987-1988, e partecipò poi a show e trasmissioni televisive di successo con varie collaborazioni.
Carosone chiuse il decennio sul palcoscenico del Teatro Ariston, partecipando al Festival di Sanremo nel 1989, la chermesse musicale, con il brano ‘Na Canzuncella Doce Doce, scritta per lui dall’autore Claudio Mattone, che si classificò al quarto posto.

Gli ultimi impegni del pianista, nel marzo 1993 fu colpito da un aneurisma celebrale e venne ricoverato d’urgenza nel reparto di neurochirurgia dell’Ospedale San Camillo di Roma, dove ebbe un intervento chirurgico laborioso. Riprese dopo aver superato la convalescenza dell’intervento chirurgico e ritornò a dedicarsi alla sua musica e alla pittura che tanto lo appassiona, tanto che, il 13 novembre di quell’anno, il maestro ebbe l’opportunità di mostrare la sua produzione pittorica al pubblico, grazie a un’esposizione presso la Villa Pompeiana di Napoli. Il 12 gennaio 1995 , in occasione dei settantacinque di Carosone, la RAI organizzò uno spettacolo al Teatro Stabile Mercadante a Napoli, lo stesso dove lavorò suo padre, lo spettacolo aveva per titolo Tu Vuo’ fa’ l’americano – un Ragazzo e un Pianoforte.
La serata d’onore fu condotta da Alba Parietti, che con il maestro cantò La Panse’, interpretando poi il personaggio della canzone ‘O Suspiro. Furono di particolare significato i duetti che Carosone mise in scena con l’amico Renzo Arbore nei brani Giuvanne cu’ a Chitarra, T’e’ Piaciuta, Caravan Petrol e Pigliate ‘na Patiglia, già inserita da Arbore nel suo secondo album dell’Orchestra Italiana.

Poi con gli emergenti Baraonna il musicista eseguì ‘O Sarracino e Io Tengo ‘n Appartamento. Inoltre convinse Gianni Morandi a Cantare per la prima volta in pubblico il brano Maruzella.
Per solenizzare, l’evento, dall’America giunse addirittura l’ottantaseienne, il vibrafonista Lionel Hampton, che con Carosone eseguì i brani Tea for Two e ‘O Sole Mio.
A concludere lo show fu un bambina di nove anni, Colomba Pane, che cantò insieme al pianista Tu vuo’ fa’ l’Americano.
Renato Carosone morì nel sonno la mattina del 20 maggio 2001, nella sua casa a Roma dove si era trasferito, dopo avere vissuto un periodo sul Lago di Bracciano.

L’annuncio della sua morte fu dato da Maurizio Costanzo nel programma, Buona Domenica.

A cura di Alessandro Poletti – Foto Cine

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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