Sono passati vent’anni dalla conclusione del G8 a Genova, ma quello che è passato alla storia non è tanto ciò che fu discusso durante il vertice internazionale, quanto ciò che accadde in città. È bene allora ripercorrere quei tre giorni e le conseguenze giudiziarie che ne sono derivate. Fu l’unione dei movimenti no-global il vero fulcro delle manifestazioni.
Per evitare disordini furono inviati dal ministero dell’Interno 15mila agenti tra forze dell’ordine ed esercito, mentre la città fu divisa in zone rosse e gialle.

I manifestanti decisero di organizzare tre incontri: corteo dei migranti, comizio all’apertura del vertice, corteo internazionale. Il 20 luglio iniziarono le prime azioni dei cosiddetti «black bloc» nei pressi del carcere di Marassi.
I contingenti delle forze dell’ordine che dovevano recarsi altrove finirono per incontrarli e caricare.
Da questo e altri “errori” scaturirono gli scontri del pomeriggio, che portarono poi alla morte di un dimostrante. Dopo la manifestazione del 21 luglio, tenutasi ugualmente nonostante la tragedia del pomeriggio precedente, avvenne quella che passerà alla storia come la «macelleria messicana» alla scuola Diaz, seguita dai fatti della caserma di Bolzaneto.

Il 22 luglio, poco dopo la mezzanotte, 250 agenti fecero irruzione alla scuola pestando a sangue tutti i presenti, con l’intenzione di individuare i responsabili dell’attacco a una pattuglia delle forze dell’ordine. Nel 2005 si aprì il processo per i fatti accaduti nella Diaz alla corte d’Assise di Genova.

29 i poliziotti imputati con l’accusa di falso in atto pubblico, abuso d’ufficio e lesioni gravi in concorso; 93 le parti lese, cioè tutti i presenti nella scuola. Il processo di primo grado terminò nel 2008, mentre nel 2010 la corte d’appello ribaltò la sentenza precedente che aveva assolto 13 vertici delle forze dell’ordine, condannandone alcuni per reati che andavano dal falso all’arresto illegale. Il secondo grado inasprì le pene e condannò – assolto in primo grado – anche l’allora capo della polizia per induzione alla falsa testimonianza. Nel 2012 la Cassazione confermò 25 condanne.

Sempre nel 2005 si aprì anche il processo per i fatti avvenuti nella caserma di Bolzaneto, con 45 imputati di cui: 14 della penitenziaria, 12 carabinieri, 14 della polizia, 5 medici e paramedici.

Nel 2010, dopo le condanne avvenute nel 2008, la corte condannò civilmente 44 imputati, reati confermati nel 2013 dalla Cassazione. La corte Europea dei diritti umani nel 2015 condannò l’Italia sia per il pestaggio dei manifestanti, che per il vuoto normativo del nostro ordinamento, il quale non prevedeva, all’epoca dei fatti, il reato di tortura. 

Il vice Direttore Ugo Vandelli – Foto Liguria Notizie

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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