Violenza

Le donne continuano a essere il sesso debole. Ma se il cosiddetto sesso forte continuano a essere certi uomini che si approfittano di alcune loro fragilità, allora siamo messi proprio male (e sto parlando da uomo, che in queste circostanze è poco fiero di appartenere a questa categoria).

Ancora una volta una donna ha subito un abuso da parte di uomo. Non stiamo parlando del solito caso di stupro, ma di qualcosa di ancora più grave del semplice abuso sessuale. La vittima, una ragazza 27enne, lavorava per una Ong (Organizzazione non governativa), che si trovava ad operare in Sudan. Volete sapere chi è stato l’ autore di questa violenza? Un sudanese che passava di lì per caso, magari? Sbagliato, perchè il violentatore apparteneva alla stessa organizzazione della donna, insomma era un suo collega.

Grazie ad una accurata inchiesta del quotidiano The Guardian, questa storia è venuta a galla e ha dell’incredibile. Oltre all’ abuso in sè, che è già abbastanza grave (e dire abbastanza è un’eufemismo), c’è ancora qualcosa di più sconvolgente. La donna (intervistata da un giornalista del Guardian), ha anche affermato che nessuno ha mosso un dito per aiutarla e che, addirittura, è stata cacciata dall’organizzazione. C’è qualcosa di peggio a questo mondo? Cornuta e mazziata, nel giro di un secondo. Naturalmente, c’è stata la smentita dal parte di questa Ong, come succede spesso, ma lo schifo per tutto quello che è successo, rimane. E non è nemmeno la prima volta che succede. Infatti, secondo una ricerca dell’ Headingthon Istitute della California, il numero delle vittime di questi stupri (uomini e donne), sarebbero compresi tra le 5000 e 10000. Una cifra davvero impressionante.

E a questa cifra iperbolica, potrebbero essere aggiunte anche tutte quelle donne (in percentuale maggiore degli uomini) che, per paura di ritorsioni, hanno taciuto quel tipo di violenza. Siamo nell’universo dell’assurdo. Anche in questa occasione, è stato un giornale a fare luce sul caso e non la polizia. E non è proprio un bella notizia. Il giornalismo, quello vero, fa uscire fuori gli altarini e in questo caso specifico ha fatto un buon lavoro. Rimane, comunque, l’ allarme lanciato dal giornale anglosassone che non può, in nessun modo, rimanere inascoltato. Uomini che si prodigano ad aiutare i meno fortunati, in realtà al limite della sopravvivenza, si macchiano di atrocità sulle loro colleghe donne, anche loro impegnate con i bisognosi.

Invece di dare una speranza e un futuro migliore a chi muore di fame e lotta tuti giorni contro malattie di ogni tipo, si preferisce far soffrire le persone, privandole della loro dignità personale. Sicuramente le indagini andranno avanti e i colpevoli dovranno fare i conti con la giustizia e soprattutto la loro coscienza di ‘presunti’ uomini. Sì, perchè si può parlare solo di presunzione maschile, una presunzione che rende certi uomini potenti contro i deboli e deboli contro i potenti. Non si può pensare che un uomo, in questi luoghi dove guerra e atrocità sono all’ ordine del giorno, si comporti come una bestia assetata di sangue, sfogando la sua ferocia proprio contro una sua collega. Furia cieca e omertà da parte del clan maschile presente in questa organizzazione.

Quando si presenta una cancrena che può far morire l’ arto e noi stessi, non c’è altra soluzione che amputare. Così, questa ragazza ci ha rimesso lavoro e salute, pagando per tutti. Anche se il processo e tutta questa vicenda si sgonfieranno presto, dentro di lei rimarrà una cicatrice profonda e impossibile da eliminare.

A cura di Nicola Luccarelli

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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