Nereo Rocco, anzi, all’epoca Roch, nasce a Trieste il 20 maggio 1912; la famiglia è di origine austriaca, il nonno è di Vienna, e si è trasferita proprio per il lavoro, faceva il cambia valute, dell’avo.

Solo nel 1925, a seguito delle leggi razziali, il cognome verrà italianizzato, ed a causa di un errore diverrà Rocco anziché Rocchi.
Nereo, secondo i desideri del padre, dovrebbe seguire le attività di famiglia, ovvero occuparsi della macelleria e della fornitura di carne al porto, ma sin da bambino si è innamorato del pallone, anzi, del fotbal, come lo chiamava lui; Nereo è bravo e lo notano mentre gioca in uno dei tornei che lui stesso ed un gruppo di amici organizzano.

Entra nelle giovanili della Triestina nel 1927 e due anni dopo fa il suo esordio in Serie A, a Torino, contro i granata, nella partita che i giuliani perdono per 1-0; da lì nasce la sua carriera di calciatore, schierato a centrocampo o in attacco, vestendo per otto stagioni la maglia biancorossa, per passare, nel Napoli, nel 1937, e rimanervi sino allo scoppio della Guerra.
Rocco si trasferisce quindi a Padova, fino al 1942, quando torna a Trieste, dove chiude poi la carriera con la Libertas Trieste, di cui, nell’immediato dopoguerra é allenatore/giocatore; nel 1947 lo chiama la Triestina, finita ultima in A, ma ripescata, che con la Libertas, proprio Rocco aveva clamorosamente sconfitto in amichevole, adottando la tattica del catenaccio.

Sulla panchina giuliana Rocco compie un vero e proprio miracolo, visto che nella stagione 1947/48 la Triestina finisce seconda, dietro al Grande Torino, e nelle due stagioni successive finisce all’ottavo posto, cosa che non gli evita però un clamoroso esonero; proprio dopo essere arrivati dietro il Toro, nasce quello che diverrà il soprannome che accompagnerà la carriera e la vita di Rocco: “El Paron”, il padrone.

Rocco però non rimane senza lavoro, dato che lo chiama il Treviso; tre stagioni nella Marca e poi un nuovo ritorno alla Triestina, finito con un altro esonero che lo porta alla corte del Padova, in B, che salva per poi ottenere la promozione in A la stagione successiva.
I biancoscudati non possono certo permettersi di avere fuoriclasse in rosa, ma con la tattica del Paron finiscono terzi in campionato, ed il terreno patavino diventa una fortezza inviolabile anche per le grandi del nostro calcio.

Sono otto gli anni trascorsi dal Paron sulla panchina del Padova, e dopo aver guidato con Paolo Todeschini la Nazionale alle Olimpiadi di Roma, nel 1962 arriva la chiamata del Milan, quella che insieme a Trieste diventa “casa sua”.
Il primo anno è subito Scudetto, il secondo arriva la Coppa Campioni, ma la Società viene acquistata dall’industriale tessile Felice Riva e Rocco se ne va, accettando le offerte del neo Presidente del Torino, Orfeo Pianelli; il Toro non ha certo le possibilità finanziarie del Milan, ma il Paron fa comunque un buon lavoro, con un terzo posto (nel 1964/65) che è il miglior piazzamento dei granata dopo la tragedia di Superga.

Nel 1967, Rocco torna al Milan, di cui è nel frattempo divenuto Presidente Franco Carraro, e ricominciano le vittorie: Coppa delle Coppe e Scudetto nella medesima stagione, Coppa Campioni l’anno successivo è poi l’Intercontinentale, dopo una battaglia epica contro gli argentini dell’Estudiantes.

Nel 1974 è nuovo addio ai rossoneri, per sedere poi sulla panchina della Fiorentina (una sola stagione) e riprendere la strada di Padova, dove ricopre il ruolo di Direttore Tecnico; nel 1976 torna ancora una volta al Milan, anche qui come DT, per poi sostituire l’esonerato Marchioro sino al termine della stagione e della propria carriera di allenatore.

Apparentemente burbero, ma con un grande cuore, Rocco è stato uno dei più grandi allenatori della storia del calcio italiano; il suo “catenaccio” era il modo di interpretare il calcio nel momento in cui non c’erano fuoriclasse da schierare, mentre il Milan dei grandi successi schierava tre punte e, pur con una difesa arcigba, non si poteva certo definire una formazione difensivista.

Famose sono rimaste alcune sue battute, naturalmente in triestino, quella che lui considerava una lingua internazionale, così come famose sono le serate passate con gli amici, intorno ad un tavolo a mangiare e bere, discutendo di calcio, un’allegra combriccola che allietava il tempo a Trieste come a Milano.

Nereo Rocco muore a Trieste il 2 febbraio 1979, in ospedale, in seguito ad una brutta bronchite a cui seguono problemi al fegato; nel 2012 Trieste gli dedica una mostra a cent’anni dalla nascita, nel Magazzino 26 del Porto Vecchio, dove vengono esposte le fotografie della vita e della carriera di questo straordinario personaggio, insieme ai tanti Trofei conquistati.

Ho avuto il privilegio di poter visitare personalmente la mostra, in compagnia del figlio del Paron, Tito, e poter scattare immagini dei cimeli in essa esposti, che vi presentiamo nello spazio fotografico del giornale, una preziosa testimonianza della vita sportiva e non di un grande dello sport e del calcio italiano.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Team Click

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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