Sono le 8,45 del 2 gennaio 1960, ed in un letto dell’Ospedale di Tortona, Fausto Coppi, il Campionissimo, esala il suo ultimo respiro, portato via alla vita da un attacco di malaria che per i medici era invece una banale influenza; si conclude così la vita di uno dei più grandi campioni ciclistici di ogni epoca, uno di coloro che, insieme a Gino Bartali, al Grande Torino, hanno saputo ridare dignità e speranza ad un Paese intero, uscito dalla Seconda Guerra Mondiale con le ossa rotte di una distruzione totale.
Impossibile stabilire se davvero Coppi sia stato il più grande di sempre, dato che ogni epoca non può che fare storia a sè, certamente la Guerra e le vicissitudini che la vita ha riservato a Fausto, non possono che ingigantirne la figura di Campionissimo.

Il piccolo borgo di Castellania è dove Coppi è nato, il 15 settembre 1919; tempi duri quelli, in cui si fatica a tirare avanti e Fausto deve ben presto trovare lavoro a Novi Ligure, ovviamente da raggiungere in qualche modo; la bicicletta è il suo mezzo di locomozione, che diventa anche una passione, su e giù per i saliscendi del tortonese.
Fausto è bravo e viaggia come …. una moto! Il fisico parrebbe non troppo adatto ad uno sportivo, ma proprio quella grande gabbia toracica è il segreto della sua capacità polmonare fuori dal comune, come fuori dal comune sono i pochi battiti a riposo del suo cuore; certo quelle gambette così scarne non promettono di essere quelle di un campione, ma chissà ….

Alla fine degli anni trenta, gareggiare in bicicletta non è facile, spesso bisogna correre da indipendenti, senza alcuna assistenza ed aiuto, ma la cosa può servire a mettersi in mostra, a trovare un ingaggio, una squadra; cosa che avviene a fine 1939, dopo il primo grave incidente della sua carriera: la frattura del malleolo della caviglia destra.
Lo ingaggia la Legnano, la formazione di Gino Bartali, cui dovrà fare da gregario; Bartali vince la Milano-Sanremo, anche grazie al lavoro di Coppi ed al Giro d’Italia parte favorito, ma …. cade e presto si ritrova ormai tagliato fuori anche perché è proprio il suo “gregario” a correre in rosa ed a trionfare a Milano, Coppi è il più giocane vincitore del Giro d’Italia, ma quel 9 giugno dà un altro segnale di un destino tutt’altro che amico, dato che il giorno successivo l’Italia entra in guerra.
Si corre comunque, nonostante tutto, sino a quando Fausto viene chiamato sotto le armi e destinato in Africa, dove il 13 aprile 1943 viene fatto prigioniero dagli inglesi ed inviato in campo di concentramento; la prigionia dura quasi due anni, e quando torna è l’autista di un tenente della RAF.

Ricominciare a correre è un’impresa ardua, ma con qualche aiuto si ricomincia e da lì inizia una vera e propria epopea, fatta di vittorie (alla fine saranno 5 Giri d’Italia, 2 Tour de France, 1 Mondiale su strada e 2 nell’inseguimento su pista, il record dell’ora, 3 Milano-Sanremo, 1 Parigi-Roubaix, 5 Giri di Lombardia, solo per citare le principali ….), ma anche di infortuni, problemi, tragedie, quale la morte dell’amatissimo fratello Serse, quello che si definiva ridendo …. “l’altro Coppi”.
Serse, che correva con Fausto nella Bianchi, cade poco prima del traguardo del Giro del Piemonte, il 29 giugno del 1951; batte la testa ma si rialza e taglia regolarmente il traguardo, in albergo accusa mal di testa e sviene sotto la doccia …. la corsa in ospedale non serve però a salvargli la vita, a causa di un’emorragia cerebrale.
Il fisico di Fausto, così minuto e gracile diventa poi il tallone d’Achille del campione; clavicole, scapole, femore, colonna vertebrale, scatola cranica, bacino, rappresentano l’elenco delle fratture che segnano spesso le stagioni degli anni cinquanta, dove alle vittorie si alternano pause forzate e sconfitte …. mentali, in momenti in cui la vita privata di Coppi è tutto salvo che “privata” e serena.

Il matrimonio con Bruna Ciampolini, la nascita della figlia Marina, sono momenti di gioia, ma poi compare Giulia Occhini, la Dama Bianca a scombussolare la vita di Coppi; La Occhini è anch’essa sposata ed in quegli anni l’adulterio viene pagato con il carcere, figurarsi poi lo scandalo in un’Italia bigotta e poco incline alla …. comprensione!
Il talento, la fama, ma quante pagine storte, quanti problemi nella vita di Coppi, con il logico declino sportivo e la decisione a fine 1939 di correre un’ultima stagione; verso la fine dell’anno un gruppo di corridori di spicco, si reca in Alto Volta, per correre uno dei tanti Criterium degli Assi ed il giorno successivo viene organizzata una battuta di caccia, cui Coppi, da appassionato cacciatore qual’è, non rinuncia.

Al ritorno non tutti sono in ottima salute, addirittura il francese Géminiani viene ricoverato in gravi condizioni in ospedale, dove gli riscontrano una grave forma malarica, lo sottopongono a cure adeguate con il chinino e lo salvano; anche Coppi è febbricitante e le sue condizioni peggiorano di giorno in giorno, tanto da dover essere ricoverato, prima a Novi Ligure e poi a Tortona, senza che i medici vengano a capo dei problemi che lo attanagliano.

Durante quei giorni pare che la moglie di Géminiani si metta in comunicazione con l’ospedale, spiegando i problemi del marito e come si sia giunti alla soluzione felice del caso, ma non le danno retta, originando così un’altra delle tragiche pagine di una vita che si spegne il 2 gennaio 1940, tra dubbi e congetture, quasi che ciò che di buono fosse stato “donato” a Fausto, la sorte abbia deciso di riprenderselo in qualunque modo.

Sono stato più volte a Castellania (e di questo allego alcuni ricordi fotografici), nel giorno del ricordo di Fausto (sotto una nevicata fittissima quanto candida), così come in altri periodi dell’anno, a visitare la casa di Fausto e con il piacere della conoscenza della figlia Marina, a girare il paese per fotografare gli angoli in cui si ricorda Fausto e Serse, fratelli uniti dalla vita ma anche da un tragico e precoce destino.

Il Direttore responsabile Maurizio Vigliani – Foto Repertorio

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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