La lontananza dal potere e la vicinanza agli abbandonati è il mandato che Papa Francesco lascia al V convegno della Chiesa italiana.

La preghiera che rivolge a Dio è invece di proteggere “La Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro. La povertà evangelica è creativa, accoglie, sostiene ed è ricca di speranza”.  Quindi se da una parte il pontefice avverte sulla pericolosità dell’ “ossessione di preservare la propria gloria, la propria dignità, la propria influenza, che non deve far parte dei nostri sentimenti”, dall’altra Bergoglio ricorda la bellezza di “una Chiesa italiana inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti”.

E ai vescovi dice: “Desidero una Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza. Sognate anche voi questa Chiesa, credete in essa, innovate con libertà”. Nel suo lungo discorso tenuto a Firenze per il convegno decennale della Cei, Papa Francesco parla dei tre sentimenti che danno forma all’umanesimo cristiano: umanità, disinteresse e beatitudine. “Questi tratti dicono qualcosa anche alla Chiesa italiana che oggi si riunisce per camminare insieme. Questi tratti ci dicono che non dobbiamo essere ossessionati dal ‘potere’, anche quando questo prende il volto di un potere utile e funzionale all’immagine sociale della Chiesa. Se la Chiesa non assume i sentimenti di Gesù, si disorienta, perde il senso. Se li assume, invece, sa essere all’altezza della sua missione. I sentimenti di Gesù – continua il Papa – ci dicono che una Chiesa che pensa a sé stessa e ai propri interessi sarebbe triste”. E il pontefice continua: “L’ho detto più volte e lo ripeto ancora oggi a voi: preferisco una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze. Non voglio una Chiesa preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti, però, però, sappiamo che le tentazioni esistono, e sono tante”. L’augurio del pontefice è che la Chiesa italiana “assuma sempre lo spirito dei suoi grandi esploratori, che sulle navi sono stati appassionati della navigazione in mare aperto – insiste Bergoglio – e non spaventati dalle frontiere e delle tempeste. Sia una Chiesa libera e aperta alle sfide del presente, mai in difensiva per timore di perdere qualcosa”.

E poi continua: “La Chiesa italiana ha grandi santi il cui esempio possono aiutarla a vivere la fede con umiltà, disinteresse e letizia, da Francesco d`Assisi a Filippo Neri. Ma pensiamo anche alla semplicità di personaggi inventati come don Camillo che fa coppia con Peppone”, spiega il Papa in un passaggio dedicato alla tentazione, da sconfiggere, dello gnosticismo. “Mi colpisce come nelle storie di Guareschi la preghiera di un buon parroco si unisca alla evidente vicinanza con la gente. Di sé don Camillo diceva: `Sono un povero prete di campagna che conosce i suoi parrocchiani uno per uno, li ama, che ne sa i dolori e le gioie, che soffre e sa ridere con loro`. Vicinanza alla gente e preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso, lieto. Se perdiamo questo contatto con il popolo fedele di Dio perdiamo in umanità e non andiamo da nessuna parte”. Su questo esempio, il Papa si rivolge ai vescovi ai quali chiede “di essere pastori: sia questa la vostra gioia. Sarà la gente, il vostro gregge a sostenervi. Di recente ho letto di un vescovo che raccontava che era in metro’ all’ora di punta e c’era talmente tanta gente che non sapeva più dove mettere la mano per reggersi. Spinto a destra e a sinistra, si appoggiava alle persone per non cadere. E così ha pensato che, oltre la preghiera, quello che fa stare in piedi un vescovo, è la sua gente. Che niente e nessuno vi tolga la gioia di essere sostenuti dal vostro popolo”.  “Vi raccomando anche, in maniera speciale – prosegue il Papa al convegno della Chiesa italiana – la capacità di dialogo e di incontro. Dialogare non è negoziare. Negoziare è cercare di ricavare la propria ‘fetta’ della torta comune. Non e’ questo che intendo. Ma è cercare il bene comune per tutti. Discutere insieme, pensare alle soluzioni migliori per tutti. Molte volte l’incontro si vede coinvolto nel conflitto.

Nel dialogo si dà il conflitto: è logico e prevedibile che sia così. E non dobbiamo temerlo né ignorarlo ma accettarlo. Accettare di sopportare il conflitto, risolverlo e trasformarlo in un anello di collegamento di un nuovo processo”. Infine Bergoglio conclude: “Sebbene non tocchi a me dire come realizzare oggi questo sogno, permettetemi solo di lasciarvi un`indicazione per i prossimi anni: in ogni comunità, in ogni parrocchia e istituzione, in ogni diocesi e circoscrizione, cercate di avviare, in modo sinodale, un approfondimento della Evangelii gaudium, per trarre da essa criteri pratici e per attuare le sue disposizioni. Sono sicuro della vostra capacità di mettervi in movimento creativo per concretizzare questo studio. Ne sono sicuro perché siete una Chiesa adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia nei frutti. Perciò siate creativi nell`esprimere quel genio che i vostri grandi, da Dante a Michelangelo, hanno espresso in maniera ineguagliabile. Credete al genio del cristianesimo italiano, che non è patrimonio né di singoli né di una élite, ma della comunità, del popolo di questo straordinario Paese”.

Fonte Rai

Redazione IL POPOLANO

La Cesenate

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